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Screening della pelle utili a prevenire la demenza

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La nostra pelle potrebbe rivelare preziose informazioni sullo stato di salute del cervello aiutando a prevenire le demenze

La nostra pelle potrebbe rivelare preziose informazioni sullo stato di salute del cervello. Lo stretto legame tra i due organi consentirebbe infatti di scoprire la presenza di malattie neurodegenerative attraverso il semplice studio dei parametri cutanei. Ph, vascolarizzazione e idratazione della cute potrebbero fornire indizi di una neuroinfiammazione in corso, utili per diagnosticare e trattare con anticipo lo sviluppo di patologie come l’Alzheimer.

“La pelle è il più grande organo recettoriale che possediamo, ricco di terminazioni nervose che inviano messaggi al nostro cervello – spiega la Professoressa Arianna Di Stadio, neuroscienziata, docente all’Università di Catania e ricercatrice onoraria presso il Laboratorio di Neuroinfiammazione del UCL Queen Square Neurology di Londra – Il cervello e la pelle hanno molto in comune, innanzitutto hanno la stessa derivazione embrionale, ovvero nel momento dello sviluppo fetale pelle e cervello condividono la stessa origine. Dall’ectoderma derivano infatti sia il neuroectoderma, che dà origine al cervello, che l’ectoderma superficiale, da cui ha origine la pelle. Un legame che permarrà tutta la vita. Inoltre, lo stress e l’ansia, condizioni che ad oggi sappiamo essere correlate alla neuroinfiammazione, sono in grado di scatenare delle reazioni cutanee, come ad esempio l’orticaria. Lo stress attiva l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. L’ipotalamo attiva una serie di meccanismi ormonali con il rilascio di cortisolo ed altri ormoni (ACTH e CRH) che hanno dei recettori anche a livello della pelle. Inoltre, la pelle stessa, in risposta allo stress, è in grado di produrre piccole quantità di questi ormoni, incrementando la risposta cutanea allo stress. Bisogna anche sottolineare che la pelle risponde, così come il cervello, ai neurotrasmettitori. La luminosità del viso, ad esempio, aumenta quando siamo felici, perché aumentano dopamina e serotonina, i cosiddetti gli ormoni della felicità”.

Sulla base di queste connessioni sono stati effettuati degli studi per comprendere se la pelle possa essere di supporto alla medicina e alla ricerca per diagnosticare malattie neurodegenerative come l’Alzheimer.

“Uno studio pubblicato nel 2023 sull’International Journal of Molecular Science ha identificato dei parametri specifici nella pelle dei pazienti con l’Alzheimer che erano diversi dal gruppo sano di controllo – prosegue l’esperta – Gli aspetti che si differenziavano erano l’acidità della pelle (pH), la vascolarizzazione e l’idratazione. Per confermare i dati, i ricercatori hanno usato dei farmaci specifici per l’Alzheimer e hanno visto che così come erano di beneficio al cervello dei pazienti, erano anche in grado di modificare i parametri della pelle stessa. Uno studio su campioni di pelle di oltre 300 persone, pubblicato su Jama, ha identificato la presenza dell’alfa-sinucleina, proteina presente in specifiche malattie neurodegenerative incluso l’Alzheimer, solamente nella pelle di coloro affetti da malattie neurodegenerative e non nel gruppo controllo sano. Convalidando l’ipotesi che anche un esame istologico potrebbe confermare una diagnosi. Infine, uno studio pubblicato su Scientific Reports ha identificato dei marcatori precoci della neurodegenerazione in un gruppo di oltre 2000 persone solo analizzando con apparecchiature specifiche l’auto-fluorescenza della pelle. Questo parametro, indicativo dell’accumulo di prodotti di glicazione altamente infiammatori, era aumentato nei pazienti che a lungo termine hanno sviluppato l’Alzheimer. Tutti questi studi hanno valutato sia l’aspetto cognitivo che la pelle dei soggetti, quindi sebbene debbano considerarsi preliminari, sono assolutamente promettenti”.

“Alcune malattie neurologiche si riflettono in caratteristiche specifiche del viso, purtroppo non sappiamo se ci siano dei tratti in grado di evidenziare precocemente le malattie neurodegenerative – afferma Di Stadio – Queste ultime in fase precoce hanno una grande componente neuroinfiammatoria, che è più facilmente trattabile di quella neurodegenerativa. Se gli studi sulla pelle ci permettessero di intercettare la neuroinfiammazione si potrebbero analizzare i parametri cutanei sotto forma di screening, così da poter trattare tali patologie con largo anticipo. Sebbene, come previsto dagli studi epidemiologici, ci sarà un incremento delle malattie neurodegenerative nel prossimo ventennio, l’auspicio è che lo sviluppo delle tecnologie, intelligenza artificiale inclusa, e il lavoro di ricerca permetteranno di cogliere il momento giusto per invertire il processo di neuroinfiammazione e ridurre il rischio di Alzheimer ed altre demenze”.

“Inoltre poter disporre di uno strumento di screening basato sull’analisi della pelle assume grande rilevanza in considerazione del fatto che oggi il Medico ha a disposizioni molecole anti-neuroinfiammatorie efficaci e sicure, come la PEA ultramicronizzata, in grado di intervenire precocemente e sulla progressione delle patologie neurodegenerative”, conclude Di Stadio.

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