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Glioblastoma: inutile l’aggiunta di veliparib a temozolomide

L'Aloe-emodin, un composto derivato dalle foglie di aloe noto per le sue proprietà potenzialmente benefiche, è una nuova arma contro il glioblastoma

Secondo un nuovo studio, l’aggiunta di veliparib a temozolomide non migliora la sopravvivenza nei pazienti con glioblastoma, con il gene MGMT ipermetilato

L’aggiunta del PARP-inibitore veliparib a temozolomide non migliora la sopravvivenza nei pazienti con glioblastoma di nuova diagnosi, con il gene MGMT ipermetilato. È quanto emerge dai risultati di uno studio di fase 2/3 appena pubblicato su JAMA Oncology.

I pazienti assegnati alla combinazione dei due farmaci hanno mostrato un miglioramento di 3,3 mesi della mediana della sopravvivenza globale (OS), ma questa differenza rispetto al trattamento con la sola temozolomide non ha raggiunto la significatività statistica. L’aggiunta del PARP-inibitore non ha prolungato in modo significativo nemmeno la sopravvivenza libera da progressione (PFS).

«Anche se siamo delusi dal non aver riscontrato un beneficio statisticamente significativo, sembra esserci una ‘bolla’ nella curva di sopravvivenza che è altamente insolita e suggerisce la presenza di un beneficio in un sottoinsieme di pazienti», ha detto in un’intervista Jann N. Sarkaria, della Mayo Clinic di Rochester (Minnesota). «Tuttavia, data la natura aggressiva del glioblastoma, le curve di sopravvivenza hanno finito per convergere quando ci si è avvicinati ai 5 anni».

Forte bisogno di terapie più efficaci
Il trattamento standard per il glioblastoma consiste nella resezione chirurgica, la chemioterapia con temozolomide e la radioterapia. Di recente alcuni studi hanno dimostrato, in un sottogruppo di tumori, una parziale efficacia dell’immunoterapia. I risultati di sopravvivenza restano, comunque, altamente insoddisfacenti e c’è un forte bisogno di terapie più efficaci per i pazienti affetti da questa neoplasia.

I dati preclinici suggerivano che l’aggiunta di veliparib a temozolomide avesse significativi effetti chemiosensibilizzanti. Sulla base di questi presupposti, Sarkaria e i colleghi hanno condotto il loro studio per valutare ulteriormente la combinazione.

Lo studio
Il trial (NCT02152982) ha incluso 447 pazienti con glioblastoma di nuova diagnosi, con MGMT ipermetilato. Tutti avevano completato un trattamento concomitante con temozolomide e la radioterapia.

I partecipanti sono stati assegnati in modo casuale secondo un rapporto di randomizzazione 1:1 al trattamento con temozolomide più veliparib (223 pazienti) oppure un placebo (224 pazienti). La temozolomide è stata somministrata alla dose di 150-200 mg/m2 nei giorni da 1 a 5, mentre veliparib è stato somministrato alla dose di 40 mg due volte al giorno nei giorni da 1 a 7 per sei cicli di 28 giorni.

L’OS era l’endpoint primario della parte di fase 3 dello studio.

Nessuna differenza significativa negli outcome dei due bracci
Al basale, i pazienti avevano un’età mediana di 60 anni, l’88,6% era bianco e il 57,5% era di sesso maschile.

A un follow-up mediano di 73,6 mesi, gli autori non hanno osservato nessuna differenza significativa nel tasso di risposta obiettiva (ORR), nella PFS o nell’OS tra i due bracci di trattamento.

I risultati hanno mostrato un miglioramento numerico della mediana di OS braccio veliparib rispetto al braccio placebo – 28,1 mesi contro 24,8 mesi –, ma la differenza non ha raggiunto la significatività statistica (HR aggiustato 0,93; IC al 95% 0,78-1,12).

I ricercatori hanno osservato un trend verso un miglioramento della sopravvivenza nel braccio veliparib tra i 24 mesi e i 48 mesi di follow-up, e la differenza maggiore di OS si è osservata a 3 anni (36,8% contro 29%).

«Resta una suggestione che un sottogruppo di pazienti potrebbe beneficiare della combinazione di un PARP-inibitore con temozolomide, ma serve un trial più ampio o un biomarcatore migliore per arricchire il campione dei pazienti che hanno maggiori probabilità di beneficiare della combinazione», ha detto Sarkaria.
La PFS mediana è risultata di 13,2 mesi nel braccio veliparib e 12,1 mesi nel braccio placebo (HR 1,07; IC al 95%, 0,88-1,30), mentre l’ORR è risultato rispettivamente del 31,1% contro 28,8%.

Combinazione ben tollerata
La combinazione sperimentale è stata bene tollerata, scrivono i ricercatori, con un aumento accettabile degli eventi avversi ematologici di grado 3/4.

Gli eventi avversi sono stati analizzati nei 430 pazienti che hanno ricevuto almeno una dose di trattamento. Eventi avversi ematologici di grado 3/4 si sono manifestati nel 49,8% dei pazienti del braccio veliparib e nel 23,5% di quelli del braccio placebo. Gli eventi avversi non ematologici di grado 3 o superiore hanno avuto invece un’incidenza leggermente minore nel braccio veliparib: 22,6% contro 27,7%.

Gli autori hanno riportato quattro eventi avversi di grado 5 nel braccio veliparib e due nel braccio placebo. Uno degli eventi di grado 5 nel braccio veliparib, un evento tromboembolico, è stato ritenuto possibilmente correlato al trattamento.

Importante sviluppare biomarcatori predittivi più precisi
«I risultati riportati in questo studio clinico randomizzato evidenziano l’importanza di sviluppare biomarcatori predittivi più precisi per identificare il sottoinsieme di pazienti con il maggiore potenziale di sensibilizzazione nei confronti della temozolomide», scrivono Sarkaria e i colleghi.

«Utilizzando un biomarcatore di inclusione definito a priori e un disegno di fase 2/3, il presente studio fornisce potenzialmente una roadmap per una strategia di valutazione clinica altamente efficiente di strategie chemiosensibilizzanti selettive per PARP1 o altre nuove strategie chemiosensibilizzanti nel glioblastoma di nuova diagnosi», concludono i ricercatori.

Bibliografia
J.N. Sarkaria, et al. Efficacy of Adding Veliparib to Temozolomide for Patients With MGMT-Methylated Glioblastoma. A Randomized Clinical Trial. JAMA Oncol. 2024; doi:10.1001/jamaoncol.2024.4361. leggi

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