Carcinoma gastrico: positiva l’aggiunta dell’immunoterapia con l’anti-PD-1 pembrolizumab a trastuzumab più la chemioterapia a base di platino
L’aggiunta dell’immunoterapia con l’anti-PD-1 pembrolizumab a trastuzumab più la chemioterapia a base di platino migliora in modo significativo la sopravvivenza globale (OS) nei pazienti con adenocarcinoma gastrico/della giunzione gastroesofagea metastatico, HER2-positivo (HER2+), naïve al trattamento.
Lo dimostrano i risultati dell’analisi finale di OS dello studio di fase 3 KEYNOTE-811, presentati di recente in una sessione orale al congresso della European Society for Medical Oncology (ESMO), a Barcellona.
Riduzione del 20% del rischio di morte aggiungendo pembrolizumab allo standard
Con un follow-up mediano per l’analisi finale di 50,2 mesi, l’OS mediana è risultata di 20 mesi (IC al 95% 17,8-22,1) nel braccio sperimentale, trattato con pembrolizumab, contro 16,8 mesi (IC al 95% 14,9-18,7) nel braccio di confronto, con una riduzione del 20% del rischio di morte per i pazienti assegnati al trattamento con l’immunoterapico in aggiunta allo standard of care di prima linea (HR 0,80; IC al 95% 0,67-0,94; P = 0,004). Inoltre, il tasso di OS a 36 mesi è risultato del 28% nel braccio di pembrolizumab contro 23% nel braccio di controllo.
«Il guadagno in sopravvivenza che è stato confermato a conclusione dello studio rende la combinazione di pembrolizumab, trastuzumab e la doppietta di chemioterapia a base di platino il nuovo standard di cura di prima linea per il tumore gastrico/della giunzione gastroesofagea metastatico, con sovraespressione di HER2», ha dichiarato l’autrice che ha presentato i dati al meeting, Sara Lonardi, Direttore FF UOC Oncologia 3 dell’Istituto Oncologico Veneto (IOV) di Padova.
«Le curve si sono separate presto, dopodiché sono rimaste parallele per tutto il tempo di osservazione, con un guadagno assoluto (nei tassi di sopravvivenza) del 6% a 12 mesi e del 5% a 24 e a 36 mesi» a favore del regime con pembrolizumab, ha detto Lonardi nella sua presentazione.
Lo studio KEYNOTE-811
Lo studio KEYNOTE-811 (NCT03615326) è un trial multicentrico internazionale randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo, nel quale 698 pazienti con adenocarcinoma gastrico/della giunzione gastroesofagea HER2+ in stadio avanzato, non resecabile, naïve al trattamento, sono stati assegnati secondo un rapporto di randomizzazione 1:1 al trattamento con pembrolizumab 200 mg ev ogni 3 settimane o un placebo corrispondente. Entrambi i bracci sono stati trattati anche con trastuzumab più una doppietta standard di chemioterapia a base di platino (5-fluorouracile più cisplatino o capecitabina e oxaliplatino, il regime CAPOX).
L’OS era uno dei due endpoint primari dello studio, insieme con la sopravvivenza libera da progressione (PFS), mentre erano endpoint secondari il tasso di risposta obiettiva (ORR), la durata della risposta (DOR) e la sicurezza.
Al momento dell’analisi finale, la maggior parte dei pazienti aveva interrotto il trattamento a causa della progressione della malattia e i pazienti ancora in trattamento erano 11 nel braccio sperimentale contro quattro nel braccio di controllo.
Confermato il beneficio di PFS e di ORR con l’aggiunta di pembrolizumab
Il risultato di PFS dell’analisi finale ha replicato ciò che si era visto nelle analisi ad interim, ha detto Lonardi. Infatti, la mediana di PFS ha continuato a essere più lunga nel braccio assegnato alla combinazione con pembrolizumab rispetto braccio di controllo: 10 mesi contro 8,1 mesi (HR 0,73; IC al 95% 0,61-0,87). Inoltre i tassi di PFS a 36 mesi sono risultati rispettivamente del 18% contro 11%.
Con l’aggiunta di pembrolizumab al trattamento standard di prima linea si è osservato anche un guadagno del 12,6% dei tassi di risposta, ha osservato Lonardi. Infatti l’ORR è risultato del 72,6% nel braccio sperimentale contro 60,1% nel braccio placebo. La mediana della DOR è risultata rispettivamente di 11,3 mesi contro 9,5 mesi e a 36 mesi stavano ancora rispondendo al trattamento rispettivamente il 24% dei pazienti contro 15%.
Le analisi sui sottogruppi
Nelle analisi sui sottogruppi chiave non si sono viste popolazioni specifiche con differenze significative, anche se si sono osservate alcune differenze, ha detto Lonardi. In particolare, nei pazienti di razza asiatica, il 34% del totale, si è osservato un beneficio minore dell’aggiunta di pembrolizumab al trattamento standard, con un HR pari a 1,05 (IC al 95% 0,77-1,43), rispetto alla popolazione non asiatica.
Per quanto riguarda l’espressione di PD-L1, nei pazienti con un CPS (Combined Positive Score) ≥1, che erano l’85% in entrambi i bracci, l’OS mediana è risultata di 20,1 mesi nel braccio di pembrolizumab rispetto a 15,7 mesi nel braccio di controllo, con una riduzione del 21% del rischio di morte a favore della combinazione dell’immunoterapia con il trattamento standard (HR 0,79; IC al 95% 0,66-0,95). Al contrario, i pazienti con un CPS <1 sembrano non aver tratto beneficio dall’aggiunta dell’anti-PD-1 (HR 1,10; IC al 95% 0,72-1,68).
Inoltre, nei pazienti con un CPS ≥1 la PFS mediana è risultata di 10,9 mesi nel braccio pembrolizumab contro 7,3 mesi nel braccio placebo (HR 0,72; IC al 95% 0,60-0,87), mentre l’ORR è risultato rispettivamente del 73,2% contro 58,4%.
Profilo di sicurezza invariato
il profilo degli eventi avversi nell’analisi finale è rimasto invariato, ha affermato Lonardi.
La maggior parte dei pazienti ha manifestato eventi avversi, e in entrambi i bracci sono stati osservati eventi avversi correlati al trattamento nel 97% dei pazienti. Gli eventi avversi gravi hanno avuto un’incidenza del 26% nel braccio pembrolizumab e 23% nel braccio placebo, mentre gli eventi avversi di grado 3/4 un’incidenza rispettivamente del 58% e 50%. Inoltre, un evento avverso ha richiesto l’interruzione di un qualsiasi farmaco nel 37% dei pazienti nel braccio sperimentale e nel 34% nel braccio di controllo.
Gli eventi avversi correlati al trattamento più comuni sono stati diarrea, nausea e anemia. «Questi sono principalmente dovuti alla componente chemioterapica del regime, ovviamente, ma non c’è nulla di nuovo rispetto alla precedente analisi ad interim o nella descrizione degli eventi avversi immunomediati», ha affermato Lonardi.
Il commento dell’esperto
I dati di efficacia comunicati a Barcellona sono stati anticipati dai risultati positivi delle analisi ad interim dello studio KEYNOTE-811 presentate al precedente congresso dell’ESMO, nel 2023, e pubblicate successivamente (Lancet. 2023;402:2197-208). «Tuttavia, questa è la prima volta che sono stati eseguiti test formali sul secondo endpoint primario, la sopravvivenza globale, e il fatto che i pazienti abbiano guadagnato circa 3 mesi è clinicamente significativo», ha commentato Filippo Pietrantonio, della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, invitato come discussant dello studio. «Il beneficio di sopravvivenza globale (4,4 mesi guadagnati) è stato ancora maggiore nel sottogruppo, ampio, con un CPS di PD-L1 ≥1, e questo è in linea con le attuali indicazioni approvate».
Nei tumori del tratto gastrointestinale superiore, il panorama dei trattamenti per i pazienti HER2-positivi si sta evolvendo rapidamente e vi sono attualmente diverse combinazioni in fase di studio. «Da ora in poi, quando una qualsiasi di queste nuove combinazioni sarà pronta per passare agli studi di fase 3 sulla terapia di prima linea, la combinazione di pembrolizumab, trastuzumab e chemioterapia dovrà essere lo standard di cura utilizzato nel braccio di confronto», ha concluso Pietrantonio. «Come passo successivo, sarà importante testare la combinazione valutata nello studio KEYNOTE-811 anche nell’adenocarcinoma gastrico o della giunzione gastroesofagea in fase iniziale, per andare oltre la chemioterapia come attuale standard di cura».
Bibliografia
Y.Y. Janjigian, et al. Final Overall Survival for the Phase III, KEYNOTE-811 Study of Pembrolizumab plus Trastuzumab and Chemotherapy for HER2+ Advanced, Unresectable or Metastatic G/GEJ Adenocarcinoma. ESMO 2024; abstract 1400O. Annals of Oncology (2024) 35 (suppl_2): S878-S912. 10.1016/annonc/annonc1603. leggi