Un approccio innovativo di imaging geodetico 4D messo a punto dal CNR svela i segreti del sistema di alimentazione vulcanica della caldera dei Campi Flegrei
Uno studio recentemente condotto da ricercatori dell’Istituto per il Rilevamento Elettromagnetico dell’Ambiente del Cnr di Napoli (Cnr-Irea), dell’Instituto de Geociencias di Madrid del Consejo Superior de Investigaciones Científicas (Igeo-Csic), dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) – Osservatorio Vesuviano, del Canada Centre for Mapping and Earth Observation (Ccmeo) e dell’University of Colorado, ha rivelato dettagli inediti sul sistema di alimentazione vulcanico dei Campi Flegrei e sulla sua evoluzione spazio-temporale.
Il lavoro, pubblicato sulla prestigiosa rivista Remote Sensing of Environment, si basa su un innovativo metodo di imaging 4D e rappresenta un significativo passo avanti nella comprensione delle complesse dinamiche della caldera flegrea, dimostrando come la sinergia tra competenze scientifiche possa produrre risultati di grande rilievo per la comunità scientifica e per la società.
“Abbiamo utilizzato una metodologia di inversione tomografica all’avanguardia che ha permesso di generare un’immagine accurata della sorgente responsabile delle deformazioni del suolo osservate tra il 2011 e il 2022 grazie a una tecnica che aggrega ripetutamente diverse sorgenti di sovrappressione”, spiega Pietro Tizzani, primo ricercatore dell’IREA e coordinatore della ricerca.
In particolare, i ricercatori hanno ottenuto una visione d’insieme della sorgente magmatica e delle regioni crostali sottoposte a stress dovuto alla migrazione del magma e dei fluidi caldi a esso associati, fornendo una rappresentazione 4D del sistema di alimentazione della caldera. Lo studio ha permesso di identificare un corpo magmatico principale tra i 3 e i 4 km di profondità, che, tra il 2018 e il 2020, si è espanso lateralmente a seguito di un nuovo impulso magmatico. Sono state inoltre individuate due regioni aggiuntive in sovrappressione: una, situata più in profondità, collega la sorgente principale con la crosta inferiore; l’altra, più superficiale, si trova tra Solfatara e Pisciarelli, estendendosi fino a circa 400 metri dalla superficie e potrebbe rappresentare il serbatoio dei fluidi idrotermali che alimentano le fumarole di quest’area.
Lo studio si basa su dati di deformazione del suolo acquisiti da costellazioni satellitari e analizzati mediante la tecnica DInSAR (Differential Interferometric Synthetic Aperture Radar), insieme ai dati sismici dell’Ingv-Osservatorio Vesuviano. Sono state processate oltre 800 immagini radar da satelliti come Sentinel (ESA-Programma Copernicus) e COSMO-SkyMed (Agenzia Spaziale Italiana), permettendo una ricostruzione dettagliata del campo delle deformazioni della caldera flegrea e una modellazione precisa della geometria del sistema di alimentazione vulcanica nel tempo. I risultati evidenziano anche l’esistenza di una zona di debolezza nella crosta sotto la caldera, costituita da strati fratturati di tufi, sedimenti marini e piroclastiti. Questa regione potrebbe facilitare l’accumulo di fluidi caldi e l’eventuale risalita del magma.
Link alla pubblicazione scientifica:https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0034425724005066