“Una piccola morte” ci conduce alla scoperta di noi stessi. Il nuovo disco di Angelo Sava prende forma al buio
Una Piccola Morte, il nuovo album di Angelo Sava, si schiude timidamente, arrivando sempre da una dimensione lontana. Il timbro sonoro del disco familiarizza con il lo-fi, mettendosi del tutto a suo agio in un dark pop tutto personale.
Tra percussioni digitali e bassi tremolanti, Angelo Sava sfida apertamente la legge per cui il pop oggi si fa con brani corti, non badando minimamente alla lunghezza delle proprie canzoni, le quali sanno quando partono, ma non quando torneranno nel cimitero dei feed-out.
Il cantato dell’artista si adagia su un parlato ipnotico, aumentando l’attenzione sugli arrangiamenti totalmente autoprodotti. La voce di Annalisa Vetrugno accompagna spesso la melodia principale, come in La Droga É Fatta Così, traccia di chiusura, nonché ottimo esempio dell’approccio artistico dell’autore. La sua musica può essere racchiusa nell’immagine di un parco giochi dove emozioni felici e tristi si intrecciano senza pregiudizi.
Pur mantenendo un suo centro di gravità, Una Piccola Morte dimostra di essere un album stilisticamente vario: Davide Inverardi, intro omaggio al suo vecchio chitarrista, convive con Odora Come Gomgel, episodio più dark della tracklist e unico singolo che preannuncia il disco. E ancora, brani come Myron o Una Piccola Morte, ispirati da ritmi ostinati che pescano da icone come Burial a livello di produzione.
Il senso del disco è un lento processo di autoassolvimento suddiviso in 9 episodi. Le sconfitte, le perdite, il tempo che passa inesorabile avvicinandoci allo spaventoso concetto di accettazione e sopravvivenza. Tutto, ogni singolo istante conserva in seno Una Piccola Morte che ci osserva disinteressata da distante.