Tumore al seno HR+/HER2- PIK3CA-mutato, aggiunta di inavolisib raddoppia sopravvivenza libera da progressione e tasso di risposta
L’aggiunta dell’inibitore di PIK3CA inavolisib al trattamento con l’inibitore di CDK4/6 palbociclib più fulvestrant può più che raddoppiare la sopravvivenza libera da progressione (PFS) nei pazienti con carcinoma mammario avanzato, con mutazioni di PIK3CA. Lo dimostrano i risultati dello studio di fase 3 INAVO12, pubblicati di recente sul New England Journal of Medicine.
Inoltre, l’aggiunta di inavolisib a palbociclib e fulvestrant ha più che dimezzato (riduzione del 57%) il rischio di progressione.
Inavolisib e le premesse dello studio
Inavolisib è un inibitore altamente potente e selettivo dell’isoforma alfa della subunità catalitica p110 del complesso enzimatico della fosfatidilinositolo 3-chinasi (codificato dal gene PIK3CA) ed è in grado di promuovere anche la degradazione della forma mutata della p110α.
La combinazione di inavolisib più palbociclib e fulvestrant ha mostrato un’attività sinergica nei modelli preclinici e una promettente attività antitumorale negli studi di fase iniziale. Da qui i presupposti per lo studio INAVO120.
La tripletta inavolisib-palbociclib-fulvestrant non è ancora approvata in nessun Paese, ma grazie ai risultati dello studio INAVO120 ha già ricevuto la priority review dalla Food and drug administration (Fda) e l’agenzia dovrebbe decidere in merito il 27 novembre.
Lo studio INAVO120
Lo studio INAVO120 (NCT04191499) è un trial multicentrico internazionale, randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo, che ha incluso 325 pazienti con carcinoma mammario localmente avanzato o metastatico PIK3CA-mutato, positivo per i recettori ormonali (HR+), HER2-negativo (HER2-), che avevano avuto una recidiva durante la terapia endocrina adiuvante o entro 12 mesi dal completamento della stessa.
I partecipanti sono stati assegnati in modo casuale al trattamento di prima linea con palbociclib e fulvestrant più inavolisib 9 mg/die (braccio sperimentale; 161 pazienti) oppure un placebo (braccio di controllo; 164 pazienti). Le donne in premenopausa/perimenopausa e gli uomini sono stati trattati in aggiunta anche con un agonista dell’ormone di rilascio dell’ormone luteinizzante.
L’endpoint primario dello studio era la PFS valutata dagli sperimentatori, mentre tra gli endpoint secondari principali vi erano il tasso di risposta obiettiva (ORR) e la sopravvivenza globale (OS).
Metastasi in tre sedi in circa la metà dei partecipanti
Al basale, i pazienti avevano un’età mediana di 54 anni, il 98,2% erano donne e il 60% di esse era in postmenopausa. Circa la metà dei partecipanti (il 51,4%) aveva metastasi in almeno tre organi, e la maggior parte aveva effettuato in precedenza la chemioterapia neoadiuvante o adiuvante (82,8%) e non era mai stata trattata con un inibitore di CDK4/6 (98,8%).
Il follow-up mediano è stato di 21,3 mesi nel braccio inavolisib e 21,5 mesi nel braccio placebo.
PFS più che raddoppiata aggiungendo inavolisib
La PFS mediana è risultata significativamente più lunga nel braccio inavolisib rispetto al braccio placebo: 15 mesi e 7,3 mesi (HR 0,43; IC al 95% 0,32-0,59; P < 0,001). Inoltre, il tasso di PFS a 18 mesi è risultato del 46,2% nel braccio inavolisib contro 21,1% nel braccio placebo.
Invece, non è stata osservata una differenza statisticamente significativa fra i due bracci di trattamento per quanto riguarda l’OS (HR 0,64; IC al 95% 0,43-0,97; P = 0,03). Il limite predefinito per la significatività era, infatti, di P < 0,0098. Tuttavia, riferiscono gli autori, si è riscontrato un miglioramento numerico dell’OS nel braccio inavolisib e il tasso di OS a 18 mesi è risultato del 73,7% nel braccio sperimentale contro 67,5% nel braccio di controllo.
Inoltre, sia l’ORR sia la mediana della durata della risposta sono risultati più che raddoppiati nel braccio inavolisib rispetto al braccio placebo: 58,4% contro 25% e 18,4 mesi contro 9,6 mesi (HR 0,57; IC al 95% 0,33-0,99).
Bassa percentuale di interruzioni del trattamento
Gli effetti avversi sono stati più frequenti nel braccio sperimentale, ma la percentuale di coloro che hanno interrotto uno qualsiasi dei farmaci in studio è risultata bassa, scrivono i ricercatori.
Quasi tutti i partecipanti hanno manifestato un evento avverso: il 98,8% nel braccio inavolisib e il 100% nel braccio placebo. Il tasso di eventi avversi di grado 3/4 è risultato rispettivamente dell’88,3% contro 82,1%.
Gli eventi avversi più comuni di qualsiasi grado sono stati neutropenia (rispettivamente, 88,9% e 90,7%), stomatite o infiammazione delle mucose (51,2% e 26,5%), iperglicemia (58,6% e 8,6%), diarrea (48,1% e 16,0%) ed eruzione cutanea (25,3% e 17,3%).
Questi eventi avversi si sono manifestati per lo più nei primi 30 giorni di trattamento, il che evidenzia l’importanza di un attento monitoraggio durante il primo ciclo di trattamento e l’aderenza alle linee guida sulla gestione degli effetti collaterali.
Il tasso di eventi avversi fatali è risultato del 3,7% (sei pazienti) nel braccio sperimentale e 1,2% (due pazienti) nel braccio di controllo. Nel braccio inavolisib, gli eventi avversi fatali sono stati sindrome coronarica acuta, COVID-19, emorragia cerebrale, accidente cerebrovascolare ed emorragia gastrointestinale (in un paziente ciascuno), mentre non erano disponibili informazioni per il sesto decesso. Nel braccio placebo, invece, gli eventi avversi fatali sono stati arresto cardiaco e polmonite da COVID-19 (in un paziente ciascuno). Tuttavia, nessuno di questi decessi è stato considerato correlato al trattamento.
Possibile nuova opzione di trattamento
Sulla base di questi risultati, i ricercatori concludono che la combinazione di inavolisib più palbociclib e fulvestrant «potrebbe rappresentare una nuova opzione di trattamento» per questa popolazione di pazienti.
Bibliografia
N.C. Turner, et al. Inavolisib-based therapy in PIK3CA-mutated advanced breast cancer. New Engl J Med. Published online October 30, 2024; doi:10.1056/NEJMoa2404625. leggi