Le cascate di Iguazu e “Napoli, la bella giornata” stasera su Rai 5


Le cascate di Iguazu per “Paradisi da salvare” e a seguire “Napoli, la bella giornata”, la festa dello scudetto, stasera su Rai 5

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In tutto il mondo esistono ancora oggi luoghi pieni di mistero. E ci sono persone che lottano per cercare di preservarli. Una sfida al centro della serie in sei episodi “Paradisi da salvare”, in onda da domenica 8 dicembre alle 21.15 su Rai 5. Nel primo episodio si va alla scoperta della foresta tropicale, sul confine fra Brasile e Argentina. Qui il fiume Iguaçu precipita in una gola profonda, dando vita a 275 altissime cascate, tra le sette meraviglie del mondo e patrimonio dell’Unesco.

Protette dal popolo Guaranì, la leggenda vuole che siano nate dall’ira di un Dio. Le cascate sono meta ogni anno di milioni di turisti, che giungono sin qui per ammirare non solo il paesaggio mozzafiato, ma anche le tantissime specie endemiche che trovano rifugio nei due parchi nazionali ai lati delle cascate. Dai tapiri ai formichieri a varie specie di scimmie.

E poi ci sono le piante, come il palmito, dal quale si estraggono i succulenti cuori di palma. Grazie a una moltitudine di rifugi, il sito di Iguaçu ospita migliaia di uccelli, come i rondoni che, per ripararsi dai predatori fanno il nido sulle pareti rocciose proprio dietro al getto d’acqua. L’area intorno alle cascate è un corridoio ecologico di vitale importanza anche per i grandi felini, come i maestosi giaguari, oggi a rischio di estinzione. La principale minaccia della foresta atlantica è il bracconaggio, praticato in Brasile da bande organizzate che saccheggiano di tutto: dalle palme alla selvaggina, dai pesci agli animali più rari.

Con un po’ di fortuna e giuste politiche di tutela introdotte dai due Stati, gli effetti negativi del turismo di massa sono stati limitati, così come le conseguenze devastanti del bracconaggio. Ma il fragile ecosistema è ancora minacciato dal pericolo più insidioso: la rarefazione delle piogge, enfatizzata dalla deforestazione. Un passo dopo l’altro la grande Foresta Atlantica sta cercando di cucire le antiche ferite, aiutata da progetti di tutela visionari oltre che dalle preziose benedizioni del popolo Guaranì.

A seguire trentatré anni passati, per poter scrivere tre. Il numero perfetto, come un terzo scudetto. Una sospensione destinata a sovrapporsi alle attese eterne di cui vive la città. Lo racconta il documentario di Giuseppe Sansonna “Napoli, la bella giornata”, in onda domenica 8 dicembre alle 22.00 su Rai 5. Aspetta da sempre, Napoli. Che la nottata di Eduardo passi davvero, cedendo il posto alla sospirata bella giornata di Raffaele La Capria. Che il Vesuvio si dimentichi di essere un vulcano, rassegnandosi a rimanere solo lo sfondo di una cartolina. Che finisca persino il sortilegio dolce e amaro di Maradona. Ultimo viceré vittorioso, napoletano d’argentina, amore tossico fin troppo aderente a certe viscere napoletane. Ricordo così ingombrante da riuscire a tenere in ostaggio l’immaginario cittadino.

Con la morte recente, e la definitiva trasfigurazione nel mito, El pibe de oro sembra però deciso a riportare Napoli al posto che le spetta. In Paradiso. Per la prima volta in quarant’anni di calcio moderno, vince lo scudetto una società attenta ai conti, senza firmare cambiali da bancarotta, ma addirittura guadagnandoci almeno una cinquantina di milioni. E senza avere le spalle coperte da un colosso industriale, una multinazionale, un fondo internazionale, un magnate o un mecenate. Tra gli intervistati: filosofi politici, fotografi, uomini di scienza e di lettere, calciofili raffinati, storiche dell’arte, attori e registi, nonché il Rettore Emerito della Federico II.

La squadra azzurra ha ammazzato il campionato fin dall’inizio, creando un abisso tra sé e le storiche rivali del Nord e della Capitale. La città scaramantica per antonomasia sembra costretta all’ennesimo paradosso della sua storia. A imbandierarsi, con mesi d’anticipo sul gong finale.

È dal Seicento che la città scoppia di vita, e di morte. Sovrappopolata e pericolosa, disperata e vitale. Il buio, accecante come la luce. È da allora che il popolo napoletano si prende cura dei resti anonimi. Fratelli di un altro mondo, in cui rispecchiarsi. Pure loro ai ferri corti con la vita, persino dall’altro lato, in eterna attesa di un paradiso.