Siria, al Bashir formerà un governo di transizione. Intanto il Comando Generale dei ribelli ha annunciato che “è severamente vietato interferire con l’abbigliamento o l’aspetto delle donne”
Muhammad al Bashir è stato incaricato di formare un nuovo governo di transizione in Siria, dopo la caduta del regime di Bashar al Assad. Al Bashir è l’attuale primo ministro del governo di Salvezza nazionale istituito a Idlib nel 2017 da Hayat Tahrir al Sham.
Al Bashir ha 41 anni, ed è laureato in ingegneria all’Università di Aleppo e in legge islamica all’Università di Idlib. Tra il 2022 e il 2023 è stato ministro dello Sviluppo nel governo di Salvezza nazionale.
Intanto il Comando Generale dei ribelli jihadisti di HTS ha annunciato che “è severamente vietato interferire con l’abbigliamento delle donne o imporre qualsiasi richiesta relativa al loro abbigliamento o aspetto. La libertà personale è garantita a tutti e il rispetto dei diritti degli individui è la base per la costruzione di un Paese civile“.
I RAID DI STATI UNITI E ISRAELE
Magazzini e siti dove potrebbero essere custodite armi chimiche e missili a lungo raggio sono stati colpiti in raid israeliani in Siria: lo ha riferito il ministro degli Esteri di Tel Aviv, Gideon Saar, motivando l’azione con esigenze di “sicurezza” nazionale. La tesi è che i bombardamenti si sarebbero resi necessari affinché le dotazioni militari “non cadessero nelle mani di estremisti”.
Israele ha peraltro confermato che i suoi soldati hanno preso nuove posizioni al confine delle Alture del Golan, un’area della Siria già occupata dal 1967.
I raid hanno seguito la caduta ieri del governo di Bashar al-Assad, la fuga del presidente deposto in Russia e la concentrazione a Damasco dei ribelli di Hayat Tahrir al-Sham e altre formazioni armate di matrice islamista. Ai rivolgimenti politici in Siria sarà dedicata nel pomeriggio una riunione di emergenza del Consiglio di sicurezza, richiesta da Mosca. Di stamane invece le dichiarazioni del ministero degli Esteri della Cina, che ha chiesto il ripristino della stabilità a Damasco e la ricerca di “una soluzione politica” il prima possibile.
A muoversi sono stati anche gli Stati Uniti, come Israele non solo su un piano diplomatico. Secondo il Comando centrale americano, raid hanno colpito 75 obiettivi dove sarebbero stati presenti esponenti del gruppo Stato islamico. La tesi è che l’operazione, si riferisce in una nota, miri a “garantire che l’Isis non cerchi di trarre vantaggio dalla situazione attuale per ricostituirsi nella Siria centrale”.