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Mieloma multiplo: il ruolo delle mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2

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Le mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2 potrebbero avere un ruolo anche nello sviluppo del mieloma multiplo. A suggerirlo sono i risultati di uno studio retrospettivo

Non solo tumore al seno e tumore ovarico. Le mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2 potrebbero avere un ruolo anche nello sviluppo del mieloma multiplo. A suggerirlo sono i risultati di uno studio retrospettivo pubblicato di recente sulla rivista Blood Cancer Discovery, secondo il quale gli individui portatori di varianti germinali patogenetiche di BRCA1/2 potrebbero avere un rischio aumentato di sviluppare questo tumore ematologico.

«I nostri risultati suggeriscono che fino al 10% dei pazienti con mieloma multiplo potrebbe avere un’insospettata predisposizione genetica al tumore», scrivono nella loro introduzione Kenan Onel, direttore del Center for Precision Oncology and Cancer Prevention del Roswell Park Comprehensive Cancer Center di Buffalo (New York), e i colleghi.

Inoltre, i pazienti con varianti germinali patogene di BRCA1/2 hanno mostrato una maggiore probabilità di avere una storia familiare o personale di cancro o di ricevere una diagnosi in età più giovane.

Predisposizione genetica al mieloma finora poco studiata
Studi precedenti avevano dimostrato che gli individui con un familiare di primo grado affetto da mieloma multiplo hanno un rischio da due a quattro volte maggiore di sviluppare la malattia o una condizione precorritrice rispetto alla popolazione generale, spiegano gli autori nella loro introduzione.

Tra il 7% e il 10% dei pazienti oncologici ha una predisposizione ereditaria al cancro. Tuttavia, finora non era stata stabilita alcuna associazione tra mieloma multiplo e varianti germinali patogenetiche di specifici geni.

L’interesse di Onel e colleghi per l’argomento è stato suscitato dal set di dati CoMMpass della Multiple Myeloma Research Foundation (MMRF), contenente informazioni genetiche di centinaia di pazienti con mieloma multiplo di nuova diagnosi.

Quando il gruppo di Onel ha iniziato la sua indagine utilizzando i dati del MMRF, i medici e i ricercatori del Center of Excellence for Multiple Myeloma del Mount Sinai Tisch Cancer Center di New York hanno cominciato a raccogliere informazioni genetiche sui propri pazienti affetti da mieloma multiplo. «Un’opportunità unica per conoscere la genetica di una malattia clinicamente molto importante, che non era mai stata realmente studiata in termini di predisposizioni genetiche», ha affermato Onel in un’intervista.

Lo studio
Lo studio ha coinvolto 1681 pazienti adulti con mieloma multiplo (59% uomini; 59% bianchi, 20,7% neri, 6% ispanici, 4% asiatici), con un’età mediana alla diagnosi di 63 anni (range: 25-94).

I pazienti sono stati divisi in due coorti: una ‘di scoperta’, costituita da 895 pazienti del database CoMMpass, tutti diagnosticati tra il 2011 e il 2015, e una ‘di replicazione’ che comprendeva 786 pazienti trattati al Mount Sinai Tisch Cancer Center, diagnosticati tra il 2015 e il 2022.

I ricercatori hanno valutato la prevalenza delle varianti germinali patogenetiche e la loro associazione con gli outcome clinici in queste due coorti indipendenti utilizzando un panello standard di geni notoriamente implicati nella predisposizione ereditaria al cancro.

L’endpoint primario dell’analisi era la frequenza delle varianti germinali patogenetiche.

Circa il 10% dei pazienti portatore di una variante germinale patogenetica
Circa il 10% dei pazienti nell’analisi presentava una variante germinale patogenetica, con una prevalenza dell’8,6% nella coorte di scoperta e dell’11,5% nella coorte di replicazione.

Il 3,6% dei pazienti nella coorte di scoperta e il 4,1% nella coorte di replicazione presentava varianti definite dagli autori «ad alta/moderata penetranza associate a un predisposizione autosomica dominante al cancro, caratterizzate da una chiara actionability clinica».

Sono state trovate varianti in 20 geni diversi, tra cui BRCA1, BRCA2, CHEK2, ATM, TP53 e PALB2.

Onel e i colleghi hanno concluso che le varianti germinali patogenetiche sia di BRCA1 sia di BRCA2 sono associate a un aumento del rischio di mieloma multiplo.
È possibile che varianti in altri geni possano aumentare il rischio di questa neoplasia ematologica; tuttavia, per carenza di dati lo studio non aveva una potenza sufficiente per identificare tali associazioni.

Diagnosi in età più giovane e maggiore probabilità di avere parenti con una storia di cancro fra i portatori delle varianti patogenetiche
Gli adulti portatori di varianti ad alta/moderata penetranza associate a una predisposizione autosomica dominante al cancro e caratterizzate da una chiara actionability clinica sono risultati significativamente più propensi rispetto ai non portatori di tali varianti ad avere parenti di primo o secondo grado con una storia di cancro (coorte di scoperta: 81% contro 55%; OR 3,8; IC al 95% 1,3-10,7; coorte di replicazione: 85% contro 62%; OR 3,4; IC al 95%, 1,1-10,1).

Nel caso degli altri tipi di varianti (variante eterozigote associata a una predisposizione autosomica recessiva e variante fondatrice a bassa penetranza), fra i portatori di tali varianti una percentuale più alta rispetto ai non portatori ha mostrato di avere un parente di primo o secondo grado con una storia di cancro solo nella coorte di scoperta (66% contro 55%; OR = 2,2; IC al 95%, 1,1-4,4).

Inoltre, i pazienti portatori di varianti ad alta/moderata penetranza associate a una predisposizione autosomica dominante al cancro e caratterizzate da una chiara actionability clinica hanno mostrato una probabilità maggiore rispetto ai non portatori di avere una storia personale di cancro al momento della diagnosi di mieloma multiplo in entrambe le coorti (14,3% contro 5,6%; OR 2,7; IC al 95% 1,3-5,7).

Gli individui con gli altri due tipi di varianti hanno mostrato una probabilità maggiore rispetto ai non portatori di avere una storia personale di cancro al momento della diagnosi di mieloma multiplo solo nella coorte di replicazione (26% contro 9%; OR 3,7; IC al 95% 1,9-7,1).

Nel complesso, gli adulti portatori di varianti del primo tipo avevano ricevuto una diagnosi di mieloma multiplo in età più giovane rispetto ai non portatori (età mediana alla diagnosi: 59 anni contro 62 anni; P = 0,04).

Analisi sui pazienti trattati con melflan ad alte dosi e trapianto di cellule staminali
Un’analisi degli outcome su pazienti trattati con melfalan ad alto dosaggio e poi sottoposti al trapianto autologo di cellule staminali come terapia di prima linea ha evidenziato negli individui con le varianti del primo tipo una mediana di sopravvivenza libera da progressione (PFS) significativamente più lunga rispetto a quelli non portatori di varianti patogenetiche germinali (6 anni contro 3,7 anni; HR 0,47; IC al 95% 0,26-0,84).

Nei pazienti non trattati con melfalan ad alto dosaggio seguito dal trapianto autologo, invece, la PFS è risultata comparabile tra i portatori di tali varianti e coloro che non le avevano.

«Questo potrebbe aiutare i medici a sviluppare terapie più precise e personalizzare per questi pazienti», ha detto Onel, ricordando che farmaci quali i PARP-inibitori mostrano la loro massima efficacia nei i pazienti portatori di varianti patogenetiche di BRCA1/2.

Necessarie ulteriori indagini
Sono ora necessarie ulteriori indagini per rispondere a svariate domande attualmente senza risposta, ha detto Onel.
Per esempio, si dovrebbe capire meglio se anche varianti di altri geni come PALB2 o TP53 sono associate a un rischio aumentato di mieloma multiplo. Inoltre, servirebbero altri studi per comprendere il meccanismo alla base di queste associazioni, così come studi per identificare le terapie ottimali in presenza di queste varianti.

Bibliografia
S. Thibaud, et al. Blood Cancer Discov. 2024; doi: 10.1158/2643-3230.BCD-23-0208. leggi

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