Le isole Galapagos per “Paradisi da salvare” e “Filicudi e Alicudi, le isole del silenzio” in onda stasera su Rai 5
A mille chilometri dalle coste dell’Ecuador, le isole Galapagos rappresentano gli ultimi lembi di terraferma prima dell’immenso Oceano Pacifico. Nate dal ribollire dei vulcani e rimaste inesplorate per moltissimo tempo, hanno portato all’evoluzione di forme di vita uniche al mondo. Un arcipelago al centro di “Le isole Galapagos”, in onda domenica 15 dicembre alle 21.15 su Rai 5 per la serie “Paradisi da salvare”.
Piante e animali dall’aspetto preistorico, spesso giganteschi, sono giunti sin qui dopo autentiche odissee. Come le famose iguana delle Galapagos. Terrestri e vegetariane, una volta sbarcate su queste aride isole vulcaniche, hanno dovuto abbandonare l’antipatia per l’acqua per imparare a pescare le alghe, assumendo caratteristiche anfibie. Oppure l’omonimo pinguino, che abituato al freddo, ha dovuto alleggerirsi per vivere su queste isole bollenti. Non a caso è sempre alla ricerca di ombra, tuffandosi in acqua, con repentine evoluzioni per sfuggire a squali e leoni di mare.
La tartaruga gigante è uno dei simboli dell’arcipelago. Si trovano sulle pendici dei vulcani, dove il microclima umido gli permette di avere cibo in abbondanza.
Vivono fino a 200 anni, svolgendo un ruolo fondamentale nella diffusione delle piante endemiche e creando nuovi spazi per gli animali più piccoli. Anche questa specie giunse qui probabilmente su zattere vegetali, potendo resistere per settimane senza cibo né acqua. Caratteristica che costò loro una carneficina: in passato, infatti, i marinai le tenevano come riserva di carne fresca nelle stive delle navi, girate sulla schiena, senza bisogno di alimentarle.
Oggi queste splendide creature sono minacciate da due gravi pericoli. Vissuti in totale isolamento per migliaia di anni, gli animali di queste isole non temono gli altri esseri viventi. E poi c’è il riscaldamento climatico, un fenomeno naturale accentuato dall’uomo, che causa episodi sempre più intensi e ravvicinati di El Niño, con il rischio che le correnti oceaniche diminuiscano drasticamente la loro portata.
A seguire, tra le “sette sorelle” dell’arcipelago delle Eolie, Filicudi e Alicudi sono quelle più schive, più “timide”, forse perché piccole e a lungo dimenticate e inesplorate. Legate per vicinanza e affinità elettive, sono le isole del vento, del silenzio e delle nere colate laviche. Le più primitive, autentiche ed estreme. Un paradiso al centro del doc di Vincenzo Saccone “Filicudi e Alicudi, le isole del silenzio”, in onda domenica 15 dicembre alle 22.00 su Rai 5. La lontananza dalla terra ferma, la penuria d’acqua, l’assenza di un porto attrezzato e la difficoltà degli attracchi di aliscafi e navi, la mancanza di negozi e di spiagge sabbiose, le hanno fino a oggi tenute lontane dal turismo più mondano e di massa. Nelle due isole non c’è un centro abitato unitario, ma case sparse sulla montagna in diverse contrade. Due luoghi che conservano ancora intatto il loro aspetto selvaggio, dove il calore e la semplicità degli abitanti si respira ogni giorno e fa sentire l’ospite come un appartenente alla piccola comunità.
Filicudi è l’isola geologicamente più antica dell’arcipelago e contiene sette vulcani spenti. I greci la chiamavano Phoinicussa, la palma nana, ancora presente sui promontori dell’isola. Il simbolo dell’isola è la Canna: un faraglione gigante che con i suoi 74 metri di altezza emerge dal mare a testimonianza di un’antica eruzione lavica sottomarina. Considerato il guardiano di Filicudi, si dice che abbia una sorta di potere magico. Una sola strada asfaltata attraversa l’isola e poi una fitta trama di mulattiere percorribili a piedi. La luce elettrica è stata portata a Filicudi nel 1986 con un impianto di generazione a gasolio, evento che ha provocato un ‘veloce’ balzo nel futuro nella quotidianità degli isolani. Ma non c’è un bancomat né una banca, non ci sono locali notturni se non un bar-ristorante aperto tutto l’anno che diventa il cuore dell’isola.
E, a parte un minimarket chiamato, come di consueto in Sicilia, a putia, non ci sono neanche negozi, di nessun tipo. Alicudi, invece, è l’isola dei gradini. Nota anticamente col nome di Ericussa per via dell’abbondante presenza sull’isola della pianta erica, è la più piccola e ripida di tutto l’arcipelago e in assoluto la più isolata. Appena si arriva ci si immerge naturalmente in una dimensione di vita rara, quasi perduta dove dominano i suoni del mare e del vento. Con l’eccezione di un negozio di alimentari al porto, sull’isola davvero non c’è nulla. E non c’è nulla di orizzontale su Alicudi, è interamente fatta di lunghe scalinate e mulattiere che richiedono anche un certo allenamento fisico. Non esistono strade, neanche una, ci si affida ai propri piedi o ai muli, simbolo dell’sola. Il numero di gradini da salire sostituisce indirizzo e numero civico. È un’isola piena di leggende: pescatori che tagliano con le mani trombe marine, donne volanti che di notte raggiungono Palermo o la Tunisia, capre che parlano a cui gli abitanti credono davvero in una sorta di azzeramento tra sogno e realtà.