“Boy di Ferro” è il nuovo album di Visconti


Da Visconti un viaggio apocalittico attraverso l’abbandono, che pian piano si trasforma in una personale narrazione della fine

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Boy di Ferro” è il nuovo album di Visconti, fuori per Dischi Sotterranei e La Tempesta Dischi. Un viaggio apocalittico attraverso l’abbandono, che pian piano si trasforma in una personale narrazione della fine e infine in una fotografia al tempo stesso nitida e sfocata della crescita affettiva e umana di Visconti.

Ma anche della sua evoluzione come artista. Più che un concept album, infatti, “Boy di ferro” può essere considerato un “breakup album”: un modo, per Visconti, per scrollarsi di dosso quell’etichetta ‘indie’ appiccicata alla sua musica dopo l’uscita di “DPCM”; un lavoro che gli ha permesso di andare oltre gli schemi del genere e di iniziare ad esplorare una libertà senza limiti e trovare finalmente il proprio spazio. 

Si può notare una maggiore sperimentazione nei testi, che propongono sintassi minimaliste ma sempre stratificate nel significato. L’autore cerca di esorcizzare la propria realtà facendo ricorso all’ironia, espressa attraverso neologismi e modi di dire (si noti una certa “espressività annoiata” e “quasi trap”, come l’ha definita lo stesso Visconti). Il citazionismo che caratterizzava il disco di debutto lascia spazio ad un vagabondaggio lessicale più personale, dando vita a un impressionismo poetico cinico e violento, risultato della sua urgenza espressiva.

Visconti sperimenta, stravolge lo storytelling per indurre l’ascoltatore a cercare nei suoi versi il proprio significato, ma anche allo scopo di riprodurre la forma stessa dei ricordi: disconnessi, sfocati, frammentati, interrotti.

Se, come è vero, l’accettazione della fine dell’amore è il filo rosso che collega i brani dell’album, è altrettanto vero che la navigazione tra una traccia e l’altra è sempre differente, dirompente, energica.

Il titolo dell’album cerca di dare corpo a questo periodo e – quasi come si trattasse di un trofeo videoludico – di glorificare il completamento di un dungeon esistenziale, preannunciando un sottotono gotico-romantico e giocando con il concetto di armatura come di qualcosa che si può guadagnare dopo aver superato una prova. Ma è anche il nickname che l’artista utilizza in “Minecraft”, videogame del genere sandbox che ha come caratteristica quella di non fornire al giocatore una o più strade tra cui scegliere – come in qualsiasi altro gioco – ma è impostato in modo da permettergli di creare integralmente la propria storia e il proprio mondo, come accade nella vita reale.