Idrosadenite suppurativa: doppia inibizione rende bimekizumab efficace


Idrosadenite suppurativa: nuovi studi confermano che bimekizumab è un’opzione terapeutica efficace grazie alla doppia inibizione

 

L’impatto dell’inibizione duale delle citochine IL-17A e IL-17F nel contesto dell’idrosadenite suppurativa (HS), il ruolo dei meccanismi immunologici coinvolti, i risultati clinici ottenuti attraverso nuovi approcci terapeutici con bimekizumab, inclusa la profondità della risposta e la durata, e come questo possa trasformare la gestione di questi pazienti, approfondendone i bisogni e le priorità. Sono i temi al centro di un simposio svoltosi durante il 33° Congresso “European Academy of Dermatology and Venereology” (EADV2024).

“La gravità della malattia e la durata dei risultati, oltre a come questi dati scientifici possono essere tradotti nella pratica quotidiana, sono aspetti cruciali da considerare nel contesto dell’idrosadenite suppurativa (HS)” esordisce così Christos Zouboulis, chair di un simposio svoltosi durante il 33° Congresso “European Academy of Dermatology and Venereology” (EADV2024). “È altrettanto importante comprendere come vengono stabilite le priorità del trattamento, in particolare valutando i miglioramenti percepiti dai pazienti, poiché non trattiamo numeri, ma persone. Un elemento fondamentale è la riduzione del dolore, che rappresenta la principale preoccupazione per molti pazienti, insieme al miglioramento della qualità della vita”.

Va innanzitutto sottolineato che l’idrosadenite suppurativa (HS) è caratterizzata da una complessità molto maggiore rispetto ad altre malattie infiammatorie come la psoriasi o la dermatite atopica. Nell’HS, sono coinvolte diverse cellule immunitarie, tra cui neutrofili, monociti, macrofagi, cellule NK, B, tutte attivate e parte di un processo infiammatorio complesso.
Anche le cellule strutturali dei tessuti, come fibroblasti, cellule endoteliali ed epiteliali, sono coinvolte nell’infiammazione.

Impatto di IL-17A e di IL-17F su HS
“Tra i principali attori di questo processo infiammatorio non vi sono solo TNF e IL-1β, ma anche tre molecole centrali: IL-17A, IL-17F e una forma intermedia chiamata IL-17AF” spiega Errol Prens, Erasmus University Medical Care, The Neitherlands.
È importante la comprensione del meccanismo di doppia inibizione, partendo da come l’interleuchina-17A (IL-17A) e l’interleuchina-17F (IL-17F) impattano su HS.
IL-17A, IL-17F e IL-17AF si legano agli stessi recettori (RA e RC), ma inviano segnali cellulari distinti. Ciascuna di queste molecole ha un ruolo chiave nel processo infiammatorio e viene espressa nelle lesioni dell’HS.
IL-17A e IL-17F sono sovraregolate nelle lesioni epidermiche dell’HS ma ancora di più nei tessuti dermici contenenti i “tunnel di drenaggio” tipici di questa malattia. Questi “tunnel” sono infiltrati da cellule infiammatorie, in particolare neutrofili, che svolgono un ruolo chiave nella progressione della malattia. È stato osservato che IL-17A è sovraregolata di circa 130 volte nelle lesioni, mentre IL-17F lo è in misura maggiore. Tuttavia, IL-17A ha un effetto più potente per molecola rispetto a IL-17F.
Il trattamento che inibisce IL-17RA porta a diminuire le dimensioni e il drenaggio di questi tunnel. Questo suggerisce che IL-17 RA svolga un ruolo nella formazione di tali tunnel e nella patogenesi della malattia.
I tunnel sono dei canali infiammatori che si sviluppano sotto la pelle e collegano più ascessi o lesioni. Possono essere dolorosi e possono drenare liquido o pus.
Nei soggetti con HS aumentano anche i meccanismi di migrazione dei neutrofili nel sangue periferico.

La doppia inibizione di bimekizumab
Bimekizumab ha una duplice  specificità per IL-17-A e IL-17F ed è in grado di inibire simultaneamente IL-17A, IL-17F e IL-17AF, bloccando le loro funzioni pro-infiammatorie. La capacità di questa molecola della doppia inibizione di IL-17A e di IL-17F riduce in modo importante l’espressione dei geni proinfiammatori nei fibroblasti.
Inoltre, normalizza l’espressione delle chemochine associate ai neutrofili nei pazienti con HS e sopprime la migrazione dei neutrofili dei fibroblasti del derma.
L’inibizione combinata di IL-17A e IL-17F da parte di bimekizumab riduce il processo infiammatorio nei pazienti con HS, e quindi il gonfiore, il dolore, il rossore e così via. Tutto questo rende il farmaco un’opzione terapeutica efficace.

Dalla parte del paziente: aumentano le aspettative
Avere un composto molto potente significa ovviamente poter migliorare la malattia, ma è importante vedere fino a che punto si può andare e quanto si può migliorare, sia nella condizione del paziente che nella durata di questo miglioramento.
Quest’anno sono state sviluppate le linee guida tedesche sul trattamento della HS attiva e sono in pubblicazione quelle europee. Vi sono oggi le basi per avere un piano e consentire agli specialisti di decidere come adattarlo meglio alla loro esperienza clinica al loro paziente.
Le raccomandazioni per il trattamento della malattia moderata e severa sono basate su solide evidenze. Lo scenario per quanto riguarda i risultati per HS si sta evolvendo, e sia dermatologi che pazienti hanno maggiori aspettative e spingono verso outcome clinici più stringenti. Per confrontare farmaci e ottenere informazioni dettagliate, è essenziale, infatti, avere opportuni strumenti di misurazione dei risultati. In particolare, l’HI score è stato utilizzato e verrà utilizzato in futuro, specialmente negli Stati Uniti, per valutare l’efficacia. Per quanto riguarda l’ HiSCR (Hidradenitis Suppurativa Clinical Response), mentre Hi score 50 è stato lo standard, ora sono disponibili anche HI score 75 e 90, che consentono misure di outcome ancora più precise.

I risultati clinici: un’efficacia profonda
Due studi hanno fornito la base per la registrazione di bimekizumab in Europa e nel Regno Unito: BE HEARD 1 e 2, due trial identici di fase 3, della durata di 48 settimane, che hanno visto coinvolte persone con HS da moderata e severa, suddivise in quattro bracci di trattamento.
In questi studi sono stati raggiunti gli endpoint primari di HiSCR50 alla 16° settimana e sono state dimostrate risposte di efficacia rapida e sostenuta nelle HiSCR50, HiSCR75, HiSCR90 e HiSCR100 fino alla settimana 48.

“Due anni fa, avrei affermato che questi risultati potevano essere raggiunti solo attraverso la chirurgia” commenta Christos Zouboulis, Brandenburg Medical School Theodor Fontane, Germany. “Ora, si può vedere che il 29% dei pazienti raggiunge un punteggio di efficacia del 100% dopo 48 settimane di trattamento, il che rappresenta un cambiamento enorme”.

Bimekizumab ha dimostrato un miglioramento dei punteggi IHS4 in 48 settimane. Oltre il 60% dei pazienti ha mostrato malattia lieve o moderata dopo 48 settimane.
I dati indicano, inoltre, che l’efficacia non dipende solo dal momento in cui si inizia il trattamento, ma che i pazienti possono comunque ottenere risposte equivalenti anche se iniziano più tardi.
Il farmaco è stato in genere ben tollerato nei soggetti con HS, fatto consistente con studi precedenti.

La finestra di opportunità
Si è discusso dell’importanza della “finestra di opportunità” nel trattamento delle malattie infiammatorie, evidenziando come l’intervento precoce possa influenzare positivamente i risultati. È fondamentale essere tempestivi nel trattamento e per questo è necessario utilizzare strumenti diagnostici appropriati, per esempio di imaging, per migliorare la gestione dei pazienti, per identificare e monitorare l’infiammazione e la fibrosi nei pazienti. In particolare, è fondamentale identificare i pazienti all’inizio dello sviluppo dei tunnel (fistole), ed è auspicabile intervenire prima che il paziente abbia tre o più tunnel.
Un altro approccio è quello di valutare la “velocità di progressione” delle lesioni, che indica quanto velocemente la malattia sta progredendo. Se la progressione è rapida, è importante iniziare il trattamento biologico il prima possibile.

La vita oltre la clinica: esperienze e trattamenti per i pazienti
La HS è una malattia debilitante che influisce significativamente sulla qualità della vita, portando a un dolore significativo (riportato da circa il 90% dei pazienti) e a comorbidità psicologiche come la depressione. Di conseguenza, l’approccio incentrato sul paziente deve tener conto anche di questi aspetti, non solo di efficacia e sicurezza.
L’analisi dell’impatto sulla qualità della vita, misurata attraverso il Dermatology Life Quality Index (DLQI), mostra un miglioramento significativo già a 16 settimane. I risultati indicano un miglioramento chiaro, con oltre il 50% dei pazienti che mostrano un incremento della qualità della vita nel lungo termine grazie a bimekizumab.
Riguardo al dolore, oltre il 55% dei pazienti ha raggiunto una riduzione clinicamente significativa entro 16 settimane, e un miglioramento continuo fino a 48 settimane.

Approccio combinato

Si nota una crescente consapevolezza della necessità di un approccio più centrato sul paziente nella gestione dell’HS. Anche se la chirurgia rimane una parte cruciale del trattamento, l’introduzione di nuove terapie offre una speranza concreta ai pazienti, migliorando la loro qualità di vita e consentendo loro di partecipare attivamente nelle decisioni relative al loro trattamento. In particolare, i soggetti con patologia moderata e grave possono trarre giovamento da un approccio combinato. Se l’obiettivo del trattamento è portare il paziente a una remissione totale (zero lesioni), è necessaria una combinazione di trattamenti chirurgici e farmacologici. Anche se non ci sono dati consolidati sulla sicurezza dei farmaci biologici in combinazione con la chirurgia, i clinici stanno utilizzando questi farmaci senza segnalare problemi significativi.
Non va, infine, trascurata l’importanza di un approccio multidisciplinare per la gestione della malattia e del dialogo tra pazienti e medici per trovare il miglior approccio terapeutico.