Trump boccia l’accordo sulla spesa: USA verso lo shutdown


Stati Uniti di nuovo verso lo shutdown dopo che Donald Trump ha bocciato l’accordo sulla spesa tra Repubblicani e Dem

trump

Gli Stati Uniti vanno verso lo shutdown del governo federale, di nuovo. Era già successo, l’ultima volta, tra il 2018 e il 2019, quando lo stop della macchina federale durò 35 giorni. Donald Trump ha bocciato l’accordo raggiunto tra Repubblicani e Democratici. L’intesa, che deve essere approvata dal Congresso entro venerdì sera, includeva misure economiche per finanziare il governo fino a metà marzo e oltre 100 miliardi di dollari in aiuti per calamità naturali. Il veto del presidente eletto degli Stati Uniti mette ora a rischio la continuità dei servizi pubblici.

Trump ha aspramente criticato l’accordo, invitando i parlamentari Repubblicani a opporsi. Ovviamente la sua posizione è stata rafforzata da Elon Musk, che è pubblicamente entrato a gamba tesa sui Repubblicani firmatari dell’intesa: “Qualsiasi membro della Camera o del Senato che voti per questo vergognoso disegno di legge sulla spesa pubblica merita di non essere rieletto tra due anni!”, ha scritto in un post.

Se entro venerdì sera non verrà trovato un nuovo accordo, il governo federale sarà costretto a interrompere molte attività non essenziali. Nello shutdown vengono sospese le attività di settori come parchi nazionali, musei e servizi amministrativi, ma le funzioni essenziali – polizia, vigili del fuoco, forze armate e gestione del traffico aereo – continuano a funzionare. 800.000 dei 2 milioni di dipendenti federali possono essere temporaneamente messi in congedo o costretti a lavorare senza stipendio.

Intanto la Federal Reserve ha annunciato una nuova riduzione dei tassi di interesse di riferimento dello 0,25%, portandoli tra il 4,25% e il 4,5%. Questa è la terza manovra consecutiva di questo tipo, dopo i tagli decisi a novembre e settembre, quando la FED aveva abbassato i tassi per la prima volta dal 2020.

Negli ultimi anni, infatti, le banche centrali avevano adottato politiche opposte, aumentando i tassi per contrastare l’inflazione galoppante alimentata dalle conseguenze della pandemia e dalla guerra in Ucraina.

La decisione della FED era prevista: l’economia è sempre più solida, con un’inflazione al 2,7%, e dati molto positivi sul fronte dell’occupazione e dei consumi. Non è un caso che ora altre banche centrali stiano seguendo la stessa linea. La scorsa settimana, la Banca Centrale Europea ha adottato una misura analoga, riducendo i tassi dopo un lungo periodo di politica monetaria restrittiva.