Gammarò/Oltre edizioni riportano in libreria “La notte di Ferrara” di Pierre-Jean Remy, traduzione italiana di Maria Luisa Santi
«Il tema, anzi il mito, o metafora, del viaggio fa parte dell’universo culturale dell’uomo. È sofferenza, sì, ma se in fondo all’animo è accolta, allora non è sventura, è catarsi. E se il viaggio è scoperta – di sé e d’altro – narrarlo è contribuire con inesauribile fecondità a una iniziazione.»
Un ansioso e spregiudicato collezionista che non si rassegna ad abbandonare fosse solo per pochi giorni un dipinto che ha prestato per una mostra, lo accompagna da Parigi a Ferrara. Al quadro è morbosamente attaccato (vi è raffigurata un’adolescente in posa ingenua e pur maliziosa) e ne sopporta con pena il distacco per l’esposizione.
L’uomo trascorre il tempo di due notti e un giorno peregrinando per Ferrara, dove gli spazi geometrici e inquietanti, razionali e misteriosi, in un continuo variare di ombre e luci, di nebbie e nitori, si popolano di presenze. Poeti e pittori che giungono da epoche differenti, dolcissime e dolenti figure che escono dalle pagine del Giardino dei Finzi-Contini, i bruti delle SS e della polizia fascista e i demoni che lacerano la coscienza del protagonista lo seducono e lo tormentano. Inganni, illusioni realtà e memorie.
Un “viaggio” allucinato. Nel disfacimento delle inquiete e inappaganti ricerche del piacere, nell’incalzare del male che ritorna (la folla, i motociclisti, alcuni tristi figuri) a insidiare le poche immagini di splendore e purezza, nel crollo dei falsi miti e maestri, si conclude una vita vuota che ha amato nel modo più sterile. «Dissacrata Ferrara nella sua umanità più fragrante (e Bassani è pur presente per il tributo letterario e spirituale che dedicò alla città); dissacrata la donna per l’ossessiva ricerca dei maschi — che non è di piacere ma di possesso; dissacrata la bellezza, perché le brume, le nebbie, la notte continuano a insidiarla, resta il fuoco di un sogno, un lungo sogno, che purifica mentre denuda». (Elvira Landò)
L’AUTORE
Pierre-Jean Remy è lo pseudonimo di Jean Pierre Angremy (Angoulême, 21 marzo 1937 – Parigi, 28 aprile 2010), diplomatico, romanziere e saggista. Laureato in Scienze Economiche alla Facoltà di Diritto e in Sociologia alla Sorbona, nel 1963 inizia la sua carriera diplomatica che lo vedrà vice console archivista a Hong-Kong, segretario d’ambasciata a Pechino e, dal 1966 al 1971, primo segretario a Londra. All’inizio del 1985 è console generale a Firenze e negli anni successivi ricopre cariche sempre più importanti: membro dell’UNESCO, direttore dell’Accademia di Francia a Roma, presidente della Bibliothèque Nationale Française e, nel 1988, accademico di Francia. PIERRE-JEAN REMY ha sempre affiancato alla carriera diplomatica la passione letteraria e ha pubblicato una sessantina di opere. La maggior parte dei suoi romanzi ha come sfondo i paesi nei quali ha soggiornato come diplomatico: Cina, Italia, Inghilterra; spesso trae occasione per le sue trame dall’opera lirica di cui è appassionato cultore, come dal mondo della pittura e degli artisti. Tra le sue biografie ricordiamo quelle di Maria Callas e di Berlioz. Come romanziere ama confondere realtà e finzione calando entrambe in intrighi ricchi di personaggi appassionanti. Esperienze di vita reale sono continuamente rivisitate da una fervida immaginazione. La sua prosa fluente, elegante, vivace, affascina anche per l’abilità con la quale Remy alterna periodi molto lunghi, carichi di pathos, ad espressioni superbamente concise. Pagine di struggente malinconia, incontri appassionati e sconvolgenti addii, raffinate esperienze d’arte contribuiscono a fare di Pierre-Jean Remy uno scrittore complesso e fuori dagli schemi.