Analizzati i dati della turbolenza medio forte degli ultimi 44 anni al fine di comprendere l’impatto dei cambiamenti climatici e contribuire ad un futuro per l’aviazione più sicuro
Un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha condotto uno studio, pubblicato su Geophysical Research Letters, sull’aumento significativo della turbolenza aerea nei cieli europei, inclusi quelli italiani. Questo fenomeno è strettamente legato ai cambiamenti climatici e può manifestarsi in diverse modalità con gravi implicazioni per la sicurezza dei voli.
Lo studio ha esaminato i dati degli ultimi 44 anni, concentrandosi nello specifico sugli episodi di turbolenza moderata o forte. È emerso un aumento significativo di tali eventi, in particolare nei cieli del Regno Unito, dell’Europa settentrionale e nella regione mediterranea. Tra le varie forme di turbolenza, quella convettiva, ad esempio, è causata dai moti verticali dell’aria dovuti ad un intenso riscaldamento della superficie terrestre, spesso associato alla formazione di nuvole cumuliformi e fenomeni temporaleschi. La turbolenza d’aria chiara (CAT), a differenza di quella convettiva, si verifica in assenza di segnali visibili ed è provocata dalle forti variazioni verticali nella velocità del vento, generalmente legate alle correnti a getto.
“La CAT risulta essere particolarmente pericolosa” spiega Tommaso Alberti ricercatore INGV, “poiché difficile da individuare e da prevedere. Questo rappresenta un rischio per piloti e passeggeri. Esistono vari livelli di turbolenza, quella leggera, la più comune, può provocare lievi movimenti senza compromettere la sicurezza, mentre la turbolenza moderata o forte (MOG) può causare bruschi cambiamenti di altitudine e/o rotta, mettendo in pericolo la sicurezza dei passeggeri, aumentando così il rischio di danni strutturali agli aeromobili. Il 20 maggio scorso, il volo SQ381 Singapore Airlines, mentre sorvolava il Golfo del Myanmar si è imbattuto in una improvvisa ed importante turbolenza”.
Il risultato più significativo dello studio riguarda proprio il ruolo delle correnti a getto, in particolare quella subtropicale. La ricerca ha dimostrato come, nelle vicinanze di questa corrente, la probabilità di turbolenza MOG in aria chiara sia quasi triplicata nel corso dello stesso periodo, passando dall’1.5% al 4%.
“La corrente a getto subtropicale favorisce la turbolenza nelle regioni meridionali dello spazio aereo europeo”, prosegue Alberti, “mentre quella subpolare è responsabile degli eventi di turbolenza MOG vicino al Regno Unito e nelle aree del Nord Europa. Tuttavia, l’intensità e la frequenza degli eventi di turbolenza, nelle vicinanze di queste correnti a getto, sono aumentate notevolmente negli ultimi decenni a causa del riscaldamento globale. Questo ha comportato un maggior coinvolgimento delle aree interessate dalla turbolenza, con episodi distribuiti su una zona più ampia. Tale zona si estende dall’Atlantico settentrionale alle regioni scandinave, fino al Mediterraneo centrale e meridionale, con l’interessamento anche dell’Italia. Gli effetti variano a seconda della stagione, più intensi d’inverno e più tenui durante il periodo estivo”.
Questi risultati evidenziano l’importanza di sviluppare nuove tecniche di previsione e strategie di mitigazione, al fine di migliorare la sicurezza e il comfort dei passeggeri, riducendo così anche i costi operativi delle compagnie aeree. L’incremento della frequenza e dell’intensità della turbolenza continua ad avere un impatto economico rilevante, ed in futuro le spese potrebbero aumentare ulteriormente. Grazie alla combinazione di dati climatici delle rianalisi di ERA5 e nuovi approcci statistici, il lavoro offre una visione più approfondita del ruolo del riscaldamento globale nei cambiamenti della circolazione atmosferica e dei suoi effetti sulla turbolenza aerea, contribuendo a un futuro più sicuro e sostenibile per l’aviazione.