Per le malattie osteoarticolari che richiedono l’uso prolungato di farmaci spesso ci si indirizza spesso verso antinfiammatori naturali, tra cui l’artiglio del diavolo
L’artrosi, detta in passato artrite degenerativa, è la patologia articolare più frequente. Si tratta di una malattia cronica della cartilagine articolare e dei tessuti circostanti, caratterizzata da dolore, rigidità e deficit funzionale. Le donne di età compresa tra i 40 e i 70 anni hanno maggiore probabilità di sviluppare l’artrosi. Dopo i 70 anni la patologia si sviluppa in egual misura sia nelle donne che nell’uomo.
L’artrosi con ogni probabilità inizia con un’alterazione delle cellule che sintetizzano il collagene e i proteoglicani (i componenti della cartilagine). Successivamente la cartilagine tende a trattenere i liquidi, si gonfia e si lacera in superficie diventando ruvida e scavata. L’osso può a sua volta svilupparsi oltre ogni misura ai margini dell’articolazione dando luogo a sporgenti visibili e palpabili.
Anche le altre componenti dell’articolazione e cioè la capsula articolare, il tessuto sinoviale, i tendini e i legamenti possono indebolirsi con conseguente alterazione articolare. Poichè terapia farmacologica presenta dei benefici, ma anche dei rischi, in anni recenti si è riesaminato l’efficacia dei prodotti vegetali sia in campo sperimentale che clinico.
Risultati incoraggianti si sono ottenuti con l’arpagofito o Artiglio del diavolo. Il suo nome deriva dal latino harpagos, che significa rampino, in relazione alla forma dei suoi frutti uncinati, che si aggrappano alle zampe dei cavalli. Nel tentativo di liberarsene, inarcano la schiena e danzano selvaggiamente, da cui il soprannome di artiglio del diavolo. Questa pianta erbacea, appartenente alla famiglia delle Pedaliaceae, cugina del sesamo, è originaria del deserto del Kalahari, della Namibia e del Sudafrica. Sono le radici secondarie profonde della pianta a contenere la più alta concentrazione di principi attivi.
Per centinaia di anni, le popolazioni indigene del Sudafrica (Bantu, San e Khoi) hanno usato l’arpagofito per trattare molti disturbi, tra cui dolori articolari, reumatici e digestivi. Le prime descrizioni occidentali della pianta risalgono all’inizio del XIX secolo, ma solo un secolo dopo, nel 1907, un tedesco ne scoprì le proprietà medicinali dopo aver assistito alla spettacolare guarigione di un paziente trattato con questo famoso artiglio del diavolo.
Ad alto contenuto di glicosidi iridoidi, le radici di questa pianta vengono tradizionalmente usate per trattare una vasta gamma di disturbi di tipo infiammatorio, e, in misura minore febbre, e indigestione. Studi scientifici hanno dimostrato l’efficacia dell’artiglio del diavolo nel trattamento di artriti, tendiniti, gotta, lombalgia, mialgia, dispepsia, inappetenza e come terapia di sostegno per i reumatismi degenerativi.
È una pianta erbacea perenne. La sua radice principale penetra verticalmente molto in profondità nel terreno e possiede radici secondarie in tuberi bulbosi che possono pesare fino a 1,5 kg. Le foglie sono carnose, picciolate, opposte e lobate, di colore verde chiaro. I fiori singoli, a trombetta (4 – 6 cm), di colore rosa pallido diventano leggermente rosso-violacei quando maturano. I frutti legnosi molto caratteristici, lunghi da 10 a 20 cm, appoggiamo direttamente al suolo e sui lati presentano dei lunghi aculei ricurvi e acuminati, che danno loro la caratteristica forma ad artiglio.
L’artiglio del diavolo è diventato oggetto di molteplici studi scientifici negli anni ‘50 quando gli scienziati tedeschi hanno iniziato a interessarsi alla medicina tradizionale della Namibia. Da allora, si utilizzano preparati a base di tuberi per trattare le artrosi dolorose, le tendiniti, la gotta, la lombalgia, la mialgia, la dispepsia, l’inappetenza e come terapia di sostegno per i reumatismi degenerativi.
Fino agli anni ‘90, si sapeva poco delle sostanze attive precise, dei loro effetti esatti e della loro efficacia. Ormai ulteriori studi hanno mostrato che alcuni estratti di arpagofito sono efficaci e il loro utilizzo non presenta controindicazioni.
PRINCIPI ATTIVI DELL’ARPAGOFITO
L’arpagofito contiene molti principi attivi che contribuiscono ai suoi molteplici benefici.
• Glicosidi monoterpenici (arpagoside, arpagide, procumbide) con proprietà antinfiammatorie, analgesiche e antispasmodiche.
• Flavonoidi (luteolina e kaempferolo) e fitosteroli (sitosterina, stigmasterina), antiossidanti che potenziano l’effetto antinfiammatorio dell’arpagoside.
• Fenoli con proprietà diuretiche
• Molti minerali essenziali: calcio, magnesio, ferro, potassio, fosforo e rame.
• Vitamine: beta-carotene e vitamina C antiossidanti e tutte le vitamine del gruppo B che svolgono un ruolo importante nel metabolismo cellulare.
DOLORI ARTICOLARI
L’artiglio del diavolo è noto soprattutto per alleviare i sintomi dell’infiammazione, in particolare il dolore associato all’osteoartrite. È l’arpagoside il responsabile delle proprietà antinfiammatorie e analgesiche della pianta.
Un primo studio condotto nel 2000 ha confrontato l’efficacia dell’harapdol, un farmaco a base di arpagofito, con quella della diacerheina (trattamento classico per l’osteoartrite) su 122 pazienti affetti da osteoartrite del ginocchio. I risultati di questo studio dimostrano che l’arpadolo è paragonabile in termini di efficacia e superiore in termini di sicurezza alla diacereina.
Un altro studio del 2007 ha testato gli effetti dell’arpagofito per 8 settimane su pazienti affetti da reumatismi. Ha rivelato riduzioni statisticamente significative dei punteggi medi del dolore alla mano, al polso, al gomito, alla spalla, all’anca, al ginocchio e alla schiena” con un netto miglioramento della qualità della vita e, per oltre la metà di loro, una riduzione o addirittura la cessazione del trattamento farmacologico.
L’Escop (European Scientific Cooperative on Phytotherapy) raccomanda l’arpagofito anche per il trattamento dell’osteoartrite e del dolore lombare.
DOLORE ALLA SCHIENA
Un primo studio condotto nel 2002 su 250 pazienti affetti da mal di schiena non specifico, trattati con doloteffina (un estratto brevettato di Arpagofito) alla dose di 60 mg di arpagoside al giorno, ha concluso che “la doloteffina merita di essere presa in considerazione nei dolori dell’osteoartrite del ginocchio e dell’anca e nel mal di schiena non specifico”. Un anno dopo, un altro studio tedesco ha confrontato il doloteffin con il Vioxx (un farmaco antinfiammatorio non steroideo). Secondo i risultati di questo studio, la doloteffina è stata efficace quanto il trattamento antinfiammatorio.
PROBLEMI INTESTINALI, PERDITA DI APPETITO
È la forte amarezza che conferisce all’artiglio del diavolo la sua efficacia sull’appetito e sulla secrezione dei succhi digestivi (azione coleretica) necessari per una buona digestione. L’ESCOP, l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e la Commissione Europea riconoscono l’uso dell’arpagofito nel trattamento sintomatico della perdita di appetito e dei disturbi digestivi. L’Agenzia Europea dei Medicinali riconosce l’uso tradizionale dell’arpagofito “per alleviare dolori articolari minori, nonché gonfiore, flatulenza e perdita temporanea dell’appetito”.
L’utilizzo dell’artiglio del diavolo è oggi sostenuto scientificamente grazie alla sua azione calmante (1-21) in caso di disturbi articolari (22-23)e di dolori lombari (34-40). L’estratto di questa pianta può inoltre essere impiegato in creme e gel per uso esterno (41-43).
L’effetto antiinfiammatorio dipende molto dal modo di somministrazione e dalla natura dell’infiammazione (acuta o cronica). In particolare, gli effetti antiinfiammatori sono stati più convincenti in modelli di infiammazione subacuta (dove la droga si è dimostrata attiva quanto il fenilbutazone) piuttosto che in modelli di infiammazione acuta. La pianta e i suoi componenti non sembrano agire con meccanismo FANS-simile, visto che non inibisce l’attività della COX e non altera i livelli delle prostaglandine. E’ probabile quindi che i meccanismi in atto non siano gli stessi e che i rischi (effetto irritante sullo stomaco) non siano gli stessi.
L’efficacia della pianta è stata dimostrata in vari studi clinici, di varia qualità. Uno studio aperto su 630 pazienti (estratto acquoso) ha mostrato un miglioramento nel 42-85% dei casi, con la maggior efficacia concentrata nei pazienti con artrite alla colonna vertebrale e alle articolazioni maggiori. Altri due studi in doppio cieco hanno mostrato l’efficacia di estratti idroalcolici e di capsule di polvere di Arpago, con riduzione del dolore e facilitazione del range of motion.
UTILIZZO
La migliore soluzione per tutte le persone che desiderano evitare il gusto particolarmente amaro dell’arpagofito. Le capsule possono essere facilmente consumate e portate ovunque si vada. Poiché la polvere è meno concentrata in principi attivi, si consiglia di selezionare estratti secchi, che offriranno una titolazione in arpagosidi più adatta ai propri bisogni e obiettivi. Si consiglia di scegliere prodotti fitoterapici contenenti il 3% di gluco-iridoide o l’1,2-2% di arpagoside. Il dosaggio varia a seconda del disturbo da trattare.
SICUREZZA D’IMPIEGO
L’arpagofito è citato nelle monografie dell’ESCOP. Ben tollerato anche per terapie di lunga durata, può dare effetti collaterali quali diarrea, dolori addominali, nausea, reazioni allergiche cutanee; non se ne conoscono interazioni con farmaci e altre piante medicinali.
Erboristeria Arcobaleno suggerisce la valutazione di REUMAL FORTE® (https://www.erboristeriarcobaleno.it/prodotto/reumal-forte-60-capsule-590-mg-disturbi-articolari-malattie-reumatiche/) un integratore formulato secondo l’evidenza clinica di oltre 28 studi clinici su pazienti affetti da osteoartrite e da dolore lombare. Esso si basa sull’associazione di un estratto di Artiglio del diavolo, Zenzero, Ortica. Ma cosa ha di così speciale un’associazione di tre piante così conosciute? Il dosaggio e la standardizzazione. Reumal forte contiene 331 mg di estratto di Artiglio del diavolo standardizzato al 2,5% in harpagosyde: con quattro capsule al giorno si raggiunge un quantitativo giornaliero di 49 mg: questo è il dosaggio minimo efficace evidenziato dagli studi clinici.
Fonti:
• https://www.nutrimea.com/article/it/arpagofito-dosaggio-benefici-virtu-principi-attivi/
• https://www.ortis.com/it_it/piante-e-ingredienti/arpagofito
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