Massimo Boldi: “Non è vero che ho litigato con De Sica, un signore vero. Teo Teocoli? Si credeva meglio di Celentano”
“Presi la pleurite, mi curò Jannacci. Doveva farmi un’iniezione. Mi infilzò con la siringa. Lo chiamarono dall’altra stanza. E lui se ne andò, lasciandomi con l’ago nella ciapett”. Comincia così l’intervista di Massimo Boldi al Corriere della Sera, piena di aneddoti del re dei cinepanettoni.
Come è nato il famoso “Tatata-ta-tatata-ta”? “Alle elementari c’era una bambina bellissima, Lolly Todeschini, i suoi vendevano scarpe. Con lei diventavo tutto rosso e tartagliavo”. Povero da piccolo e poi da giovane, per arrotondare faceva da autista a un nobile: “C’era l’austerity, al Derby si lavorava solo il venerdì e il sabato. Così tre giorni a settimana accompagnavo il conte Vistarino nelle sue tenute dell’Oltrepò pavese con una Fiat 130. Cinquemila lire al giorno. Però non pagava quasi mai e io mi vergognavo a chiedere”.
Renato Pozzetto, “un fratello, a cui devo dire un grazie speciale. Teo Teocoli, altro fratello, ma “con la sindrome di Celentano. Gli faceva pure da controfigura, in fondo si credeva meglio di lui. Prepotente. Spesso litigavamo. In camerino volavano poltrone, sedie e scarpe. Poi salivamo sul palco ed era tutto dimenticato. Teo era un cazzone. Christian De Sica invece è un signore vero, un gentleman, al cinema abbiamo creato un genere che va ancora”.
Boldi smentisce la separazione: “Chi lo dice mente. Come fai a litigare con Christian? Impossibile. Può avere un momento d’ira, poi passa. Gli voglio bene. Non ci siamo mai mandati a quel paese. Le nostre famiglie si frequentano. Ci diamo appuntamento ogni 5 gennaio per festeggiare il suo compleanno”.
Nel 1989 doveva dare 2 miliardi e mezzo alla Fininvest: aveva violato l’esclusiva per fare Fantastico 8 in Rai con Celentano. “Preoccupatissimo, andai da Berlusconi a via dell’Anima. Dopo sei ore di anticamera mi ricevette. “Perdonami, ho fatto una cazzata”. “Sai quante ne ho fatte io?”. E mi condonò il debito. Silvio era generoso, un vero amico”.
Celentano… “Saranno vent’anni. Devi andare a Galbiate, suonare il campanello… è dura. Adriano non ha più voglia. Tanti, per rimanere giovani, non vogliono vedere il presente”.