Monitoraggio emodinamico dei pazienti con insufficienza cardiaca: i vantaggi di un sensore non invasivo integrato con l’intelligenza artificiale
Un nuovo sensore non invasivo, integrato con l’intelligenza artificiale (AI), offre una promettente alternativa ai metodi tradizionali invasivi per il monitoraggio emodinamico nei pazienti con insufficienza cardiaca a frazione di eiezione ridotta (HFrEF). Secondo i dati preliminari presentati al congresso dell’American Heart Association 2024, questa tecnologia potrebbe rappresentare un’importante svolta nella gestione clinica di questi pazienti.
Limiti e vantaggi dei dispositivi impiantabili
Dispositivi impiantabili come il sistema CardioMEMS (Abbott) e il sensore Cordella (Endotronix) sono già stati approvati dalla FDA per il monitoraggio della pressione arteriosa polmonare (PAP) nei pazienti con insufficienza cardiaca.
Tuttavia, nonostante la loro efficacia dimostrata nel migliorare le cure mediche, questi strumenti comportano costi elevati e richiedono procedure invasive. Il CardioMEMS è stato inizialmente approvato per pazienti con insufficienza cardiaca classe III NYHA nel 2014, con indicazioni poi estese nel 2022 grazie ai dati del trial GUIDE-HF. Allo stesso modo, il sistema Cordella ha ricevuto l’approvazione nel 2023 sulla base del trial PROACTIVE-HF.
Parallelamente, altri metodi non invasivi, come questionari e bilance intelligenti, hanno dimostrato utilità nel prevedere ospedalizzazioni, pur mancando dell’accuratezza emodinamica offerta dai dispositivi impiantabili. Oggi, si stanno sviluppando sensori esterni e patch basati su algoritmi di machine learning per anticipare riacutizzazioni dell’insufficienza cardiaca.
CardioTag: una nuova soluzione non invasiva
Il CardioTag (Cardiosense) è un sensore di piccole dimensioni posizionato sullo sterno tramite elettrodi standard. Questo dispositivo è in grado di rilevare dati di seismocardiografia, fotopletismografia ed ECG, utilizzati poi da un algoritmo di machine learning per stimare la pressione capillare polmonare (PCWP) e valutare la congestione del paziente.
I risultati del trial SEISMIC-HF I, presentati da Liviu Klein dell’Università della California a San Francisco, hanno evidenziato una buona concordanza tra le misurazioni del CardioTag e quelle ottenute tramite cateterismo cardiaco destro (RHC). In una coorte di 310 pazienti con HFrEF (età media 61 anni, 62% uomini), i dati del CardioTag hanno mostrato una differenza media di 1.04 mm Hg rispetto al cateterismo, con un coefficiente di correlazione di 0.74.
I pazienti dello studio presentavano diversi gradi di insufficienza cardiaca: il 23% era in classe NYHA II, il 57% in classe III e il 16% in classe IV. Altri fattori comuni includevano ipertensione (84%), malattia coronarica (55%), insufficienza renale cronica stadio III-IV (46%) e iperlipidemia (71%).
Prospettive e questioni aperte
Secondo Klein, i dati rappresentano un importante passo verso un monitoraggio remoto guidato da parametri emodinamici per pazienti con insufficienza cardiaca. Tuttavia, ha sottolineato la necessità di ulteriori ricerche per validare il dispositivo al di fuori dei contesti clinici controllati e per valutare altre metriche emodinamiche.
Jessica Golbus dell’Università del Michigan, ha definito il CardioTag comparabile ai dispositivi impiantabili come il CardioMEMS, ma ha sottolineato alcune questioni ancora aperte: il sensore sarà in grado di prevedere e modificare gli esiti clinici? Inoltre, sarà necessario valutarne le prestazioni in pazienti con insufficienza cardiaca a frazione di eiezione preservata (HFpEF) e condurre studi a lungo termine in contesti reali.
Questi sviluppi rappresentano un’importante evoluzione nella gestione dell’insufficienza cardiaca, offrendo una possibile riduzione della necessità di procedure invasive e migliorando il monitoraggio remoto dei pazienti.