Tumore del sangue in gravidanza: tasso di grave morbilità materna 22 volte più alto


Le donne a cui è stata diagnosticata una neoplasia ematologica durante la gravidanza hanno un tasso di grave morbilità materna 22 volte più alto

anoressia nervosa in gravidanza

Le donne a cui è stata diagnosticata una neoplasia ematologica durante la gravidanza hanno un tasso di grave morbilità materna 22 volte più alto rispetto a quelle che non hanno sviluppato un tumore di questo tipo. A indicarlo è uno studio di un team dell’Università di Parigi, appena pubblicato su The Lancet Haematology.

Tuttavia, ulteriori risultati dello studio non mostrano alcuna differenza nel tasso di sopravvivenza globale (OS) a 5 anni tra le donne a cui è stata diagnosticata la neoplasia ematologica durante la gravidanza e quelle diagnosticate nell’anno successivo alla gravidanza stessa.

Dati limitati
«I nostri risultati contribuiscono in modo sostanziale alla comprensione della neoplasia ematologica associata alla gravidanza e rappresentano una risorsa preziosa per gli operatori sanitari», scrivono Pierre Pinson e i colleghi.

L’insorgere di una neoplasia ematologica durante la gravidanza è, fortunatamente, un evento raro, la cui incidenza varia tra i 4 e i 15,8 casi ogni 100.000 gravidanze; di conseguenza, i dati a disposizione del cinico per orientarsi nella scelta del trattamento in questa circostanza sono limitati.

Per ampliare le conoscenze sull’argomento, gli autori hanno condotto uno studio osservazionale con l’obiettivo di valutare l’incidenza delle neoplasie ematologiche associate alla gravidanza, nonché l’OS, la morbilità e la mortalità delle donne a cui viene diagnosticato un tumore ematologico durante la gestazione.

Studio francese
Per la loro ricerca, i ricercatori transalpini hanno utilizzato il database del servizio sanitario nazionale (Système National des Données de Santé; SNDS), dal quale hanno estratto i dati relativi a tutte le gravidanze terminate in Francia fra l’1 gennaio 2012 e il 31 dicembre 2022. Nel periodo considerato hanno identificato quasi 6 milioni di donne con un totale di quasi 10 milioni di gravidanze.

Sono state escluse dall’analisi le donne che hanno interrotto una gravidanza o hanno avuto un aborto spontaneo gestito in regime ambulatoriale e quelle che avevano una storia già documentata di neoplasie ematologiche prima della gravidanza.

Pinson e i colleghi hanno identificato nella loro coorte 1366 casi di neoplasie ematologiche associate alla gravidanza; di queste, 413 (4,13 ogni 100.000 gravidanze) sono state diagnosticate durante la gravidanza e 953 (9,53 ogni 100.000 gravidanze) durante i 12 mesi successivi.

Morbilità e parti pretermine più frequenti nelle gestanti con un tumore del sangue
Tra le donne che hanno sviluppato una neoplasia ematologica durante la gravidanza la grave morbilità materna è risultata più frequente (86 casi su 328 gravidanze completate = 26,2%) rispetto alla popolazione generale (120.335 casi su 7.945.909 gravidanze completate = 1,5%; OR aggiustato 22,71; IC al 95% 17,7-29,1).

Le donne con una neoplasia ematologica diagnosticata in gravidanza hanno mostrato anche un rischio più elevato di parto pretermine, sia spontaneo sia indotto, rispetto al gruppo di riferimento, sia di nascita prima delle 32 settimane di gestazione (9,8% contro 1,2%; OR aggiustato = 11,9; IC al 95% 7,91-17,91) sia di nascita tra le 32 e le 36 settimane (35,4% contro 5,4%; OR aggiustato 11,76; IC al 95% 9,34-14,81).

«Questi dati suggeriscono che la neoplasia ematologica potrebbe essere stata presente per mesi prima della diagnosi», scrivono i ricercatori.

Nessuna differenza di OS se la diagnosi è avvenuta in gravidanza o nell’anno successivo
I dati non hanno mostrato, invece, differenze significative nel tasso di OS a 5 anni tra le donne alle quali la neoplasia ematologica è stata diagnosticata durante la gravidanza e quelle che hanno ricevuto la diagnosi nei 12 mesi successivi (OR aggiustato 0,91; IC al 95% 0,62-1,34).

«Quest’informazione è sia importante sia rassicurante per le donne e le loro famiglie», sottolineano Pinson e i colleghi.

L’assenza di differenze statisticamente significative fra i due gruppi si è mantenuta quando i ricercatori hanno limitato la loro analisi ai soli linfoma di Hodgkin (OR 0,56; IC al 95% 0,07-4,53), linfoma non-Hodgkin aggressivo a cellule B (OR 0,52; IC al 95%, 0,12-2,38) e leucemia acuta (OR 0,84; IC al 95%, 0,5-1,41).

Ancora molte sfide e incertezze da affrontare
Tra i limiti dello studio, i ricercatori citano l’impossibilità di rilevare aborti spontanei o interruzioni di gravidanza avvenute senza il coinvolgimento dell’ospedale, oltre a una potenziale sottostima di specifiche neoplasie ematologiche dovuta a uno stato della malattia che non richiedeva il ricovero ospedaliero.

«Queste informazioni aiutano nella pianificazione del trattamento e supportano l’educazione delle donne e della famiglia. Tuttavia, permangono delle sfide e bisogna affrontare molte incertezze per migliorare l’assistenza alle donne con neoplasie ematologiche associate alla gravidanza», scrivono Pinson e i colleghi. «In particolare, il nostro studio evidenzia la necessità che queste donne siano prese in carico da centri altamente specializzati, con le risorse tecniche e umane necessarie per gestire in modo efficace questi casi difficili».

Bibliografia
P. Pinson, et al. Maternal and obstetric outcomes in women with pregnancy-associated haematological malignancies: an observational nationwide cohort study. Lancet Haematol. 2024; doi:10.1016/S2352-3026(24)00288-6. leggi