Artrite psoriasica: l’incidenza di uveite in pazienti trattati con bimekizumab si mantiene bassa rispetto a quanto osservato nel gruppo di controllo
Il raggiungimento di un controllo rigoroso della conta delle articolazioni tumefatte (SJC) grazie al trattamento con bimekizumab, inibitore di IL17A e IL17F, risulta associato a miglioramenti di entità maggiore del dolore e della fatigue riferiti dal paziente, sostenuti fino a 2 anni nei pazienti con artrite psoriasica (PsA). Inoltre, in pazienti con PsA (ma anche in pazienti con ax-SpA), i dati a lungo termine (2 anni) suggeriscono che l’incidenza di uveite in pazienti trattati con bimekizumab si mantiene bassa rispetto a quanto osservato nel gruppo di controllo.
Questi i risultati principali di due analisi post-hoc di studi registrativi sull’impiego di bimekizumab in pazienti affetti da PsA (nella seconda analisi anche in pazienti affetti da axSpA), presentate nel corso del congresso annuale dell’American College of Rheumatology.
Razionale d’impiego di bimekizumab nell’artrite psoriasica
“E’ noto ormai da tempo il ruolo centrale dell’asse interleuchina 23- interleuchina 17 nella patogenesi delle spondiloartriti e dell’artrite psoriasica in particolare – ricorda ai nostri microfoni il dott. Niccolò Possemato (UOC Reumatologia, ASMN-IRCSS, Reggio Emilia) -. IL-17 è una interleuchina centrale nella genesi del processo infiammatorio, nel mantenimento dello stesso, nonché nel determinare il danno articolare.
Questo ha portato nel tempo allo sviluppo di inibitori di IL-17 che si sono dimostrati efficaci e sicuri su molti domini di malattia”.
“Bimekizumab – continua – è un inibitore di IL-17A e IL-17F, due isoforme di IL-17 che concorrono in maniera sinergica, sia tra loro che con il TNF-alfa, nel determinare l’infiammazione tipica della PsA”.
IL-17, tuttavia, non è un’unica molecola, ma esistono diverse isoforme che tra loro concorrono nel determinare l’infiammazione in maniera sinergica.
Ecco, di seguito una breve disamina delle due analisi presentate al Congresso.
Prima analisi: bimekizumab migliora dolore e fatigue riferiti dai pazienti in relazione a conta articolazioni tumefatte
Obiettivi e disegno dello studio
la PsA è caratterizzata da infiammazione articolare e cutanea ed è associata a sintomi debilitanti, quali il dolore e la fatigue. Precedenti studi hanno dimostrato che il dolore e la fatigue nei pazienti con PsA possono essere guidati da sintomi infiammatori. Di conseguenza, è interessante comprendere l’associazione tra le caratteristiche infiammatorie valutate clinicamente e i sintomi riferiti dai pazienti (PRO).
In questa analisi presentata al Congresso, i ricercatori hanno analizzato l’associazione tra il raggiungimento di un controllo rigoroso della conta delle articolazioni tumefatte (SJC) e la riduzione della gravità del dolore e della fatigue riferita dai pazienti con PsA fino a 2 anni, utilizzando i dati di due studi di fase 3.
Nel dettaglio, è stata oggetto di valutazione l’associazione tra SJC (0 [risoluzione completa], 1-3, ≥4) e i miglioramenti nel dolore e nella fatigue riferiti dai pazienti, valutati utilizzando la scala analogica visiva del dolore (VAS) e la valutazione funzionale della terapia delle malattie croniche (FACIT)-fatica (caso osservato). I pazienti con SJC 1-3 sono stati messi insieme a causa del basso numero di pazienti in questi gruppi. L’analisi ha incluso i pazienti con PsA provenienti da due studi clinici che hanno valutato l’efficacia di bimekizumab sottocute al dosaggio di 160 mg ogni 4 settimane (Q4W).
Gli studi utilizzati erano lo studio BE OPTIMAL (condotto in pazienti naïve ai DMARD biologici [bDMARD]) e BE COMPLETE (condotto in pazienti risposta insoddisfacente/intolleranza agli inibitori del TNF [TNFi-IR]).
Entrambi i trial prevedevano un periodo di trattamento di 16 settimane in doppio cieco, controllato con placebo; BE OPTIMAL includeva un braccio attivo di riferimento (adalimumab 40 mg Q2W).
I pazienti che avevano completato la 52a settimana di BE OPTIMAL o la 16a settimana di BE COMPLETE erano eleggibili all’inclusione nello studio BE VITAL (studio di estensione in aperto), in cui tutti i pazienti erano sottoposti a trattamento con bimekizumab.
Risultati principali
Nel complesso, 710/852 (83,3%) pazienti bDMARD-naïve e 322/400 (80,5%) pazienti TNFi-IR hanno completato la settimana 104/100.
• Al basale, i pazienti bDMARD-naïve presentavano punteggi di SJC, dolore e fatigue leggermente inferiori rispetto ai pazienti TNFi-IR: media ( deviazione standard) SJC bDMARD-naïve/TNFi-IR= 9,2 (6,7)/9,9 (7,7), VAS dolore= 55,2 (23,9)/59,5 (24,3), FACIT-Fatigue= 37 (9,7)/35,6 (10,3).
• I pazienti con SJC più bassa hanno mostratomiglioramenti di entità maggiore rispetto al basale nella VAS dolore alla Settimana 16 rispetto ai pazienti con SJC più elevata; questi trend si sono mantenute fino alla Settimana 52 e alla Settimana 104/100
• Inoltre, con una SJC più bassa, una percentuale maggiore di pazienti ha ottenuto un miglioramento sostanziale (≥50% di miglioramento rispetto al basale) della VAS dolore e della VAS dolore ≤15 in tutti i timepoint considerati: Settimane 16, 52 e 104/100
• Da ultimo, l’associazione tra la riduzione di SJC e i miglioramenti del punteggio FACIT-Fatigue, incluso il cambiamento dal basale e il raggiungimento della differenza minima clinicamente importante nel FACIT-Fatigue è stata meno pronunciata rispetto alla VAS dolore, probabilmente a causa della natura multiforme della fatigue nella PsA; l’associazione è stata più pronunciata alla 16a settimana.
Riassumendo
Dai risultati di questa analisi è emerso, dunque, che, con la completa risoluzione della SJC (SJC=0), i pazienti bDMARD-naïve e quelli TNFi-IR hanno ottenuto miglioramenti di entità maggiore della VAS dolore o del punteggio FACIT-Fatigue a 2 anni (OC).
In generale, poi, una SJC più bassa è risultata associata a miglioramenti del dolore e della fatigue riferiti dal paziente, anche se l’associazione è risultata meno pronunciata per la fatigue. La completa risoluzione della SJC potrebbe rappresentare, dunque, un obiettivo terapeutico importante per promuovere miglioramenti di entità maggiore del dolore e della fatigue.
“Questa analisi – spiega Possemato – è per me molto importante perché, nonostante a prima vista possa sembrare scontata – e cioè che se io seleziono pazienti che rispondono molto bene al farmaco (quindi che hanno una conta articolare di zero e che sono in remissione completa), questi pazienti stanno meglio – ci ricorda anche come sia esperienza comune del reumatologo il riscontro di alcuni sintomi riferiti dal paziente – tra cui appunto il dolore residuo piuttosto che l’astenia – che sono difficilmente intercettabili dalle nostre terapie”.
“I risultati di questa analisi – continua – ci ricordano come, in realtà, il raggiungimento di un’inibizione profonda dello stato infiammatorio del paziente sia efficace anche nel controllare questi sintomi in realtà più difficili”.
“Ciò implica – conclude Possemato – che non bisogna mai accontentarsi del trattamento che abbiamo a disposizione ma che bisogna cercare sempre di avere come target la remissione, perché solo con una remissione profonda è possibile intercettare quei PRO, quei bisogni del paziente, col miglioramento dei quali è possibile migliorare l’adesione al trattamento”.
Seconda analisi: bimekizumab mantiene bassa nel tempo l’ incidenza di uveite
Obiettivi e disegno dello studio
L’uveite anteriore acuta (“uveite”) rappresenta una manifestazione extra-muscolare comune nei pazienti con spondiloartrite (SpA), e l’incidenza varia in base al tipo di SpA e alla durata della malattia.
L’interleuchina (IL)-17 è stata implicata nella patogenesi dell’uveite; in questa analisi, è stata valutata l’incidenza a lungo termine di uveite in seguito al trattamento con BKZ in pazienti con PsA e in pazienti con axSpA.
I ricercatori hanno analizzato i dati relativi a due pool di studi, ciascuno comprendente tre studi di fase 2b/3 (ph2b/3) e le loro estensioni in aperto, in soggetti con PsA attiva e con axSpA attiva (axSpA non radiografica e radiografica), rispettivamente.
Nello specifico, per la PsA sono stati messi in pool i dati relativi agli studi BE ACTIVE 1 e BE ACTIVE 2 (fase 2) e agli studi BE OPTIMAL (pazienti naive ai DMARDb) BE COMPLETE (pazienti TNF-IR) e BE TOTAL (di fase 3). Per l’AxSpA sono stati messi in pool i dati relativi agli studi BE AGILE 1 e BE AGILE 2 (di fase 2) e agli studi BE MOBILE 1 e 2 e BE MOVING (fase 3).
Risultati principali
a) Pazienti con PsA
b) Pazienti con axSpA
Riassumendo
Da questa analisi a lungo termine è emerso che, in pazienti con PsA e axSpA esposti a trattamento con bimekizumab, l’incidenza di uveite nei pazienti trattati con l’inibitore di IL17A e IL17F rimane bassa. Ciò suggerisce che bimekizumab potrebbe avere effetti protettivi per l’uveite sia nei pazienti con PsA che in quelli con SpA.
“I dati di questa analisi sono naturalmente dei dati preliminari – afferma Possemato -: oggi non utilizziamo gli anti IL-17 disponibili per trattare l’uveite anteriore acuta; è certo, però, che disporre di un nuovo farmaco appartenente a questa classe di farmaci potrà aprire degli scenari nuovi ed estremamente interessanti nel prossimo futuro”.
Bibliografia
1) Patient-reported symptoms improved with stringent control of swollen joints in patients with psoriatic arthritis: Results from two phase 3 studies of bimekizumab. Arthritis Rheumatol. 2024; 76 (suppl 9). https://acrabstracts.org/abstract/patient-reported-symptoms-improved-with-stringent-control-of-swollen-joints-in-patients-with-psoriatic-arthritis-results-from-two-phase-3-studies-of-bimekizumab/. Accessed December 6, 2024.
2) Low uveitis rates in patients with axial spondyloarthritis or psoriatic arthritis treated with bimekizumab: Long-term results from pooled phase 2b/3 trials. Arthritis Rheumatol. 2024; 76 (suppl 9). https://acrabstracts.org/abstract/low-uveitis-rates-in-patients-with-axial-spondyloarthritis-or-psoriatic-arthritis-treated-with-bimekizumab-long-term-results-from-phase-2b-3-trials/. Accessed December 6, 2024.