Doppio femminicidio di Castelfranco Emilia: la sentenza con lo sconto fa discutere


Uccise moglie e figlia per “motivi umanamente comprensibili”: la sentenza con sconto di pena per l’autore del doppio femminicidio a Castelfranco Emilia fa discutere

castelfranco emilia

Una mattina d’estate di tre anni fa interruppe i lavori in giardino, nella propria villetta, per prendere il fucile e sparare a sangue freddo prima alla figlia che, accortasi del pericolo, stava scavalcando la recinzione, poi alla moglie, che si era rifugiata in casa, il tutto davanti agli occhi del loro figlio minorenne. Il 23 giugno del 2022 Salvatore Montefusco, imprenditore edile in pensione di 71 anni, distrusse così la sua famiglia, uccidendo brutalmente la moglie, Gabriela Trandafir, 47 anni, e la figliastra Renata, 22 anni, a Cavazzona di Castelfranco Emilia, in provincia di Modena. Il Pm aveva chiesto per lui il carcere a vita per il doppio femminicidio, ma i giudici gli hanno assegnato una condanna a 30 anni, scontandolo dalle aggravanti.

LA SENTENZA E IL MOVENTE

La tragedia è avvenuta il giorno prima dell’udienza di separazione dalla moglie, a cui la coppia era giunta in maniera burrascosa, a forza di denunce reciproche, litigi e brutte parole, a cui spesso si associava anche Renata, prendendo le parti della madre. Lo stesso Montefusco nel corso delle udienze aveva giustificato l’atto criminale perché si sentiva umiliato dalle due donne. E in alcuni passaggi delle 200 pagine di sentenza pare quasi che questa spiegazione sia stata “accolta” dai giudici, che hanno considerato in primis come Montefusco fosse incensurato e “non avesse mai commesso delitti di così rilevante gravità- riferisce il dispositivo- se non spinto dalle nefaste dinamiche familiari che si erano col tempo innescate”. In sostanza, per i giudici “la situazione che si era creata nell’ambiente familiare lo ha indotto al tragico gesto, compiuto per motivi umanamente comprensibili”, riporta la sentenza. 

Secondo il dispositivo dunque il movente “non può essere ricondotto e ridotto a un mero contenuto economico”, sulla casa dove vivevano che era contesa tra moglie e marito. Ma è piuttosto da riferirsi “alla condizione psicologica di profondo disagio, umiliazione e enorme frustrazione vissuta dall’imputato, a cagione del clima di altissima conflittualità che si era venuto a creare nell’ambito del menage coniugale e della concreta evenienza che lui stesso dovesse abbandonare l’abitazione familiare”.

DALLA RICHIESTA DI ERGASTOLO ALLA CONDANNA A 30 ANNI

In dettaglio, la Procura di Modena aveva chiesto per Montefusco l’ergastolo ma lo Corte, presieduta da Ester Russo, il 9 ottobre scorso ha riconosciuto le attenuanti generiche equivalenti rispetto alle aggravanti riconosciute (rapporto di coniugio e aver commesso il fatto davanti al figlio minore della coppia), escludendo premeditazione, motivi abietti e futili, l’aver agito con crudeltà e ritenendo assorbiti i maltrattamenti nell’omicidio.

La concessione delle generiche considera quindi: la confessione, la sostanziale incensuratezza, il corretto contegno processuale e la “situazione che si era creata nell’ambiente familiare e che lo ha indotto a compiere il tragico gesto”. In sostanza, il giudizio della Corte tiene conto di “tutta quella serie di condotte unilaterali e reciproche che, susseguitesi nel tempo e cumulativamente considerate hanno senz’altro determinato l’abnorme e tuttavia causale reazione dell’imputato“.

(Foto di copertina: fonte Fb)

FONTE: AGENZIA DI STAMPA DIRE (WWW.DIRE.IT).