Psoriasi: attenzione agli alimenti ultra-processati


Tra la psoriasi attiva e un apporto elevato di alimenti ultra-processati è stata identificata un’associazione significativa, indipendentemente da fattori confondenti

pausa screening

Tra la psoriasi attiva e un apporto elevato di alimenti ultra-processati è stata identificata un’associazione significativa, indipendentemente da fattori confondenti quali BMI, età e comorbilità. Inoltre i soggetti con psoriasi attiva hanno mostrato una maggiore prevalenza di obesità e condizioni comorbide, come malattie cardiovascolari e diabete, rispetto a quelli senza psoriasi. Sono i risultati di uno studio pubblicato sulla rivista JAMA Dermatology.

La psoriasi è una malattia infiammatoria cronica della pelle con un’eziologia multifattoriale che coinvolge fattori genetici, immunitari e ambientali. La dieta, in particolare quella composta da alimenti pro- e anti-infiammatori, è stata riconosciuta come un fattore modificabile che influenza l’infiammazione e la qualità della vita negli individui a cui è stata diagnosticata una malattia infiammatoria.

Il consumo di alimenti ultra-processati (UPF), che sono caratterizzati da alti livelli di zuccheri aggiunti, grassi e additivi artificiali, è stato implicato nello sviluppo di varie condizioni di salute, tra cui obesità, malattie cardiovascolari e diabete di tipo 2, che condividono con la psoriasi dei percorsi infiammatori. Nonostante queste associazioni, il ruolo specifico degli UPF nella psoriasi rimane poco chiaro, rendendo quindi necessarie ulteriori ricerche per chiarire il loro impatto sull’attività della malattia, hanno premesso gli autori.

Valutazione del rapporto tra qualità degli alimenti e psoriasi
Per lo studio è stata condotta un’analisi trasversale utilizzando i dati della coorte NutriNet-Santé raccolti tra il novembre 2021 e il giugno 2022. I partecipanti, di almeno 15 anni di età, sono stati classificati in tre gruppi in base al loro stato di psoriasi auto-riferito, ovvero mai sofferto di psoriasi, malattia non attiva o malattia attiva.

L’assunzione di UPF è stata valutata utilizzando i registri dietetici, dove il consumo giornaliero era quantificato in grammi, e i partecipanti sono stati suddivisi in terzili che vanno dall’assunzione più bassa a quella più alta. Sono state raccolte anche variabili demografiche, di stile di vita e cliniche, tra cui età, sesso, livello di istruzione, indice di massa corporea (BMI), stato di fumatore, attività fisica, assunzione di alcol e comorbilità come depressione, diabete e malattie cardiovascolari.

Alcuni alimenti possono innescare l’infiammazione e favorire la psoriasi in forma attiva
Lo studio ha incluso oltre 18mila partecipanti con un’età media di 62 anni, per il 74% di sesso femminile. Il 10% della coorte ha riferito di avere la psoriasi, mentre il 4% e il 6% dei casi sono stati classificati rispettivamente come attivi e non attivi.

Il gruppo con psoriasi attiva aveva una percentuale inferiore di donne (68%) in confronto al 75% e al 74% dei gruppi rispettivamente con psoriasi non attiva e senza psoriasi. I pazienti con psoriasi attiva avevano anche maggiori probabilità di essere obesi, con una prevalenza del 16% in confronto all’11% e al 9% rispettivamente ai gruppi con psoriasi non attiva e senza psoriasi. L’attività fisica ad alta intensità è stata segnalata meno frequentemente nei partecipanti con psoriasi attiva e non attiva (rispettivamente 38% e 39%) in confronto al 42% nei soggetti senza una storia di psoriasi.

Le comorbilità sono state segnalate più frequentemente negli individui con psoriasi attiva rispetto a quelli che non hanno mai sofferto della patologia. Ad esempio, la malattia cardiovascolare è stata segnalata nel 7% dei primi rispetto al 5% dei secondi, e diabete e reumatismo infiammatorio erano più diffusi nel gruppo attivo (6% e 9%) rispetto al gruppo senza psoriasi (4% e 3%).

L’analisi non aggiustata ha identificato una differenza significativa nell’assunzione di UPF, con un consumo maggiore segnalato in quelli con psoriasi attiva. Dopo gli aggiustamenti per i fattori confondenti, i soggetti nel terzile più alto di assunzione di UPF avevano il 36% di probabilità in più di avere psoriasi attiva rispetto a quelli nel terzile più basso. Le analisi di sensibilità hanno mostrato risultati coerenti, tuttavia queste associazioni hanno perso la significatività statistica quando i casi di psoriasi venivano convalidati da un dermatologo.

Ulteriori analisi hanno indicato che l’associazione tra assunzione di UPF e psoriasi attiva rimaneva significativa dopo aver tenuto conto del BMI, suggerendo che l’assunzione di UPF contribuisce in modo indipendente all’attività della malattia cutanea. Non sono tuttavia state osservate associazioni significative tra assunzione di UPF e psoriasi non attiva, sia nei modelli univariati che in quelli aggiustati.

«Gli alimenti trasformati, in particolare quelli ultra-processati, sono dannosi per la nostra salute» ha affermato Steven Daveluy della Wayne State University di Dearborn, Michigan, non coinvolto nello studio. «L’associazione è stata dimostrata per altre malattie, ma questo è il primo studio sulla psoriasi».

Daveluy ha evidenziato le implicazioni di questi risultati, secondo i quali l’assunzione di alimenti ultra-processati ha un’azione pro-infiammatoria distinta da un BMI elevato, a significare che gli alimenti non hanno un impatto sul nostro corpo solo in termini di aumento del peso e del grasso, ma essi stessi possono innescare l’infiammazione.

«Questo è un concetto davvero importante quando consideriamo il cibo come una medicina» ha osservato. «Alcuni cibi sono sani e aiutano il nostro sistema immunitario a funzionare e a mantenere l’equilibrio mentre altri, specialmente quelli ultra-processati, innescano il sistema immunitario per causare infiammazione».

Referenze

Penso L et al. Ultraprocessed Food Intake and Psoriasis. JAMA Dermatol. 2024 Nov 27. 

Leggi