Linfomi: con glofitamab e mosunetuzumab remissioni prolungate


Nei pazienti con linfomi, con i bispecifici glofitamab e mosunetuzumab remissioni complete prolungate e riduzione del burden di malattia

Linfomi diffusi a grandi cellule recidivanti o refrattari: arriva l'approvazione europea per glofitamab, primo anticorpo bispecifico per la malattia

In occasione del 66° Congresso dell’American Society of Hematology (ASH), tenutosi a San Diego, Roche ha presentato nuovi importanti dati relativi al programma di sviluppo clinico degli anticorpi bispecifici CD20xCD3 mosunetuzumab e glofitamab. Con oltre 20 abstract sugli anticorpi bispecifici accettati per la presentazione, i dati mostrano i benefici di glofitamab e mosunetuzumab a durata fissa in diversi tipi di linfomi aggressivi e indolenti.

Questa ricerca supporta l’impegno di Roche a favore dell’innovazione continua per i pazienti, attraverso il progresso degli standard di trattamento nei primi stadi della malattia e lo studio di nuove forme di somministrazione che potrebbero migliorare ulteriormente l’esperienza dei pazienti.

Riconfermati i benefici dei bispecifci a durata fissa dopo la fine del trattamento
Dal follow-up a 3 anni dello studio registrativo di fase 2 NP30179 su glofitamab in soggetti con linfoma a grandi cellule B (LBCL) recidivante o refrattario (R/R) è emerso che il 40% dei pazienti ha ottenuto una risposta completa (CR), con una durata mediana della CR di 29,8 mesi (IC al 95%: 22,0-non stimabile [NS]). La maggior parte dei pazienti in remissione completa alla fine del trattamento è rimasta in remissione 2 anni dopo il completamento della terapia. La sicurezza è apparsa in linea con l’analisi precedente.

I dati a lungo termine a 4 anni provenienti dallo studio registrativo di fase 2 GO29781 su mosunetuzumab in pazienti con linfoma follicolare (LF) R/R hanno evidenziato remissioni durature,  con quasi due terzi dei pazienti (64%; IC al 95% 50,1-78,0) con una CR vivi e senza progressione della malattia a 45 mesi. Il tasso di risposta globale (ORR) e i tassi di CR nella popolazione complessiva si sono attestati rispettivamente al 77,8% e al 60%.

Risultati coerenti sono stati riscontrati nei pazienti con storia di progressione della malattia entro 24 mesi dal trattamento di prima linea (POD24), solitamente più difficili da trattare. Non sono stati osservati nuovi elementi da segnalare in merito alla sicurezza rispetto all’analisi precedente.

Entrambi gli studi hanno anche dimostrato il ripristino dei livelli di linfociti B a partire da 12-18 mesi a seguito del trattamento con glofitamab e dopo una mediana di 19 mesi a seguito del trattamento con mosunetuzumab; tale ripristino indica il recupero del sistema immunitario e avvalora l’utilizzo di un approccio di trattamento a durata fissa. Il ripristino dei linfociti B dopo il trattamento per il linfoma è importante per il mantenimento della funzione del sistema immunitario dei pazienti.

Uno studio e un modello economico statunitensi su dati del mondo reale, volti a valutare il travel burden correlato al trattamento dei pazienti con linfoma non-Hodgkin R/R in diverse terapie con anticorpi bispecifici, mettono in evidenza l’impatto della distanza dal luogo di cura, del tempo impiegato per gli spostamenti e dei costi associati, un aspetto dell’esperienza dei pazienti che, al di là dell’efficacia e della sicurezza clinica, viene spesso trascurato. Questi fattori rivestono un ruolo fondamentale nel processo decisionale terapeutico, sottolineando ulteriormente l’importanza di opzioni di trattamento orientate ai pazienti.

Risultati positivi di studi volti a valutare mosunetuzumab somministrato per via sottocutanea
Sono stati presentati per la prima volta i dati di un’analisi primaria dello studio di fase 2 GO29781 su mosunetuzumab sperimentale somministrato per via sottocutanea in pazienti con LF in terza linea o linee successive. I risultati evidenziano la non inferiorità farmacocinetica rispetto alla somministrazione endovenosa (ev): mosunetuzumab a durata fissa ha determinato tassi più elevati di remissioni profonde e durevoli, con il 76,6% di ORR e un tasso di CR del 61,7%, in base alla valutazione del comitato di revisione indipendente. La sopravvivenza libera da progressione mediana è stata di 23,7 mesi (IC al 95%: 14,6-NS), mentre la sopravvivenza globale mediana non è stata raggiunta.

Gli eventi avversi di tutti i gradi più comuni sono stati reazioni in sede di iniezione (60,6%; tutti eventi di grado 1 o 2), affaticamento (35,1%) e sindrome da rilascio di citochine (CRS; 29,8%). Il tasso e la gravità degli eventi di CRS sono stati bassi (grado ½: 27,6%; grado 3: 2,1%); tutti questi eventi si sono manifestati durante il primo ciclo e si sono risolti. I dati sono stati presentati alle autorità sanitarie con l’intento di offrire ai pazienti e agli operatori sanitari un trattamento alternativo, nonché maggiore possibilità di scelta in termini di opzioni di somministrazione, a seconda delle proprie esigenze.