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Spondiloartrite assiale: terapia con anti-TNF protegge da fratture

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I pazienti con spondiloartrite assiale (axSpA) trattati con farmaci anti-TNF presentano un rischio significativamente inferiore di fratture dell’anca e della colonna vertebrale

I pazienti con spondiloartrite assiale (axSpA) trattati con farmaci anti-TNF presentano un rischio significativamente inferiore di fratture dell’anca e della colonna vertebrale rispetto a quelli trattati solo con FANS. Lo dimostrano i risultati di uno studio pubblicato su Arthritis & Rheumatology e basato sui dati del database amministrativo sanitario Usa Merative MarketScan.

Razionale e disegno dello studio
Le fratture rappresentano una complicanza rilevante nei pazienti con axSpA, in quanto associate a morbilità e mortalità. Studi epidemiologici confermano un’incidenza maggiore di fratture in questi pazienti rispetto alla popolazione generale.

Secondo alcuni studi, il “rimodellamento osseo locale” tipico della SpA contribuisce ad aumentare il rischio di fratture vertebrali, mentre l’infiammazione sistemica indebolisce altre strutture ossee.
Le linee guida attuali raccomandano i FANS come terapia di prima linea per l’axSpA, con l’aggiunta di inibitori del TNF nei casi di attività di malattia non adeguatamente controllata. L’uso di DMARD convenzionali e corticosteroidi è sconsigliato, a meno che non ci sia un coinvolgimento non assiale. Terapie avanzate, come inibitori dell’interleuchina-17 o di JAK, possono essere considerate come terapie di terza linea, ma non sono state valutate in questo studio.

L’obiettivo di questo studio è stato quello di valutare l’impatto del trattamento con inibitori del fattore di necrosi tumorale (TNFi) e farmaci antireumatici sintetici convenzionali non biologici (csDMARDs) sulle fratture dell’anca e della colonna vertebrale nell’axSpA, rispetto ai farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS).

I ricercatori hanno analizzato i dati di 13.519 pazienti con axSpA dal 2006 (anno di introduzione degli anti-TNF per questa malattia) al 2021. Tra questi, sono stati registrati 1.229 casi di fratture dell’anca o della colonna vertebrale. Per ciascun caso, sono stati selezionati fino a 10 pazienti “controllo” senza fratture, scelti casualmente nel corso dello stesso anno dei pazienti “casi”.

I pazienti con fratture erano mediamente più anziani (età media: 53 anni contro 47 nei controlli) e in percentuale minore donne (38% contro 45%). Comorbidità come l’osteoporosi, l’impiego di tabacco e di corticosteroidi erano più frequenti nei casi di frattura.

Risultati principali
Dall’analisi dei dati è emerso che i pazienti con axSpA in trattamento con farmaci anti-TNF presentavano un rischio di frattura inferiore del 30%, previo aggiustamento dei dati per età, sesso e anno di diagnosi (OR: 0,71; IC95%:0,59-0,85).

Anche dopo aver considerato ulteriori fattori, come l’impiego di corticosteroidi e la presenza di osteoporosi, la riduzione del rischio rimaneva significativa, seppur leggermente attenuata (OR: 0,75; IC 95%: 0,62-0,91). Al contrario, i DMARDcs non sembravano avere alcun impatto sul rischio di frattura, sia nell’analisi minima aggiustata (OR: 0,96; IC95%:0,76-1,23) sia con l’inclusione di tutti i potenziali fattori confondenti (OR:0,93; IC 95%: 0,72-1,19).

Tra i pazienti con una storia di fratture, gli anti-TNF sembravano offrire una maggiore protezione rispetto a quelli senza fratture pregresse (OR: 0,59; IC95%: 0,23-1,51 vs. OR: 0,83; IC95%: 0,67-1,03, considerando gli utilizzatori di FANS come riferimento).

Sorprendentemente, quasi metà dei pazienti (sia con fratture che nei controlli) non utilizzava nessuno dei tre tipi di farmaci esaminati nello studio. Tra gli uomini, l’assenza di trattamento farmacologico era associata ad un rischio maggiore di frattura rispetto ai soli FANS (OR:1,15; IC 95%:0,93-1,42), mentre per le donne il rischio era comparabile (OR: 1,01).

Conclusioni e prospettive future
Nel complesso “…i risultati dello studio hanno dimostrato un effetto protettivo degli anti-TNF sul rischio di fratture nei pazienti con axSpA rispetto all’impiego di FANS o DMARD convenzionali”, hanno scritto i ricercatori nelle conclusioni del lavoro.

Sono necessari, a questo punto, nuovi studi finalizzati a comprendere meglio l’impatto del momento di inizio della terapia con anti-TNF e di altri trattamenti innovativi, come gli inibitori di interleuchina-17 e JAK, sul rischio di fratture.

Tra i limiti metodologici dello studio ammessi dagli stessi ricercatori vi sono il ricorso a dati amministrativi, la mancanza di informazioni sull’attività della malattia, sui dosaggi dei farmaci utilizzati e sui valori di BMI dei pazienti. Inoltre, è stato ipotizzato che il mancato impiego di anti-TNF in alcuni pazienti potrebbe essere stato dovuto a controindicazioni che, a loro volta, aumentano il rischio di fratture.
Si segnala, infine, che il riscontro di un numero relativamente ridotto di casi di frattura ha limitato la possibilità di analisi più approfondite.

Bibliografia
Driscoll D, et al “Association of therapies for axial spondyloarthritis on the risk of hip and spine fractures” Arthritis Rheumatol 2024; DOI: 10.1002/art.43082.
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