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Sindromi mielodisplastiche: ecco quando è il momento del trapianto

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Sindromi mielodisplastiche: sviluppato un sistema per agevolare i medici a stabilire con precisione quando effettuare il trapianto di cellule staminali emopoietiche

 

Si intitola “Clinical and Genomic-Based Decision Support System to Define the Optimal Timing of Allogeneic Hematopoietic Stem-Cell Transplantation in Patients With Myelodysplastic Syndromes”. È lo studio realizzato da un gruppo di ricerca dell’IRCCS Humanitas Research Hospital di Rozzano che è stato pubblicato sul Journal of Clinical Oncology.

L’indagine ha sviluppato un sistema che potrebbe rappresentare una svolta nella cura dei pazienti con sindromi mielodisplastiche: questo sistema consentirebbe infatti ai medici di stabilire, con maggiore precisione, quale sarebbe il momento più adatto per effettuare il trapianto di cellule staminali emopoietiche. Queste sindromi sono un gruppo di patologie del sangue molto varie e sono provocate dal danneggiamento delle cellule staminali del midollo osseo che non producono quantità adeguate di cellule del sangue, con conseguente carenza di globuli bianchi, rossi e/o piastrine. La fascia d’età superiore ai 70 anni è la più colpita e, visto che la malattia è molto spesso asintomatica, la diagnosi generalmente arriva in ritardo.

Anemia, piastrinopenia e leucopenia sono tra i segnali principali della malattia, ma nelle fasi più avanzate possono presentarsi ripercussioni sulla funzionalità di diversi organi come cuore e apparato circolatorio. Se alcuni pazienti presentano la stessa aspettativa di vita della popolazione generale, altri rischiano di vedere la propria condizione evolversi rapidamente in leucemia mieloide acuta.

Le persone con sindrome mielodisplastica vengono generalmente indirizzate al trapianto, ma chi è allo stadio iniziale deve attendere che la forma di aggravi in quanto non esiste una differenziazione più specifica tra i pazienti. Ecco quindi la novità di questo studio che prevede un nuovo punteggio di rischio molecolare con cui i medici possono attribuire con precisione il grado di severità biologica della malattia. Un modo per conoscere non solo i parametri clinici, ma anche le informazioni genetiche dei singoli pazienti: le alterazioni del DNA, infatti, possono fornire indicazioni preziose su quanto sia aggressiva la patologia e sul rischio che questa possa evolvere in leucemia.

Sulla base di questi dati (oltre 7mila i pazienti coinvolti), il sistema si è mostrato in grado di stimare quali sarebbero le tempistiche migliori per effettuare il trapianto.

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