Per il Tribunale di sorveglianza non ci sono segnali di “un sicuro ravvedimento” dell’autista di Totò Riina, definito da Falcone e Borsellino come uno dei killer più fidati e spietati
Il 19 dicembre del 2023 il Tribunale di sorveglianza di Bologna ha respinto l’istanza di liberazione condizionale presentata da Paolo Alfano, il fidato autista del gruppo di fuoco di Totò Riina. La decisione, come si legge nella relazione del giudice, è stata motivata “dalla carenza di elementi integrativi di un ‘sicuro ravvedimento’, presupposto primario dell’istituto invocato”. Lo comunica il ministro della Giustizia Carlo Nordio rispondendo ad un’interrogazione delle deputata di Fratelli d’Italia Carolina Varchi.
“UN IRRIDUCIBILE, KILLER SPIETATO”
Alfano, considerato uno degli irriducibili di Cosa nostra, latitante fino al maggio 1996 e definito da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino “uno dei killer più fidati e spietati della famiglia di corso dei Mille, capeggiata da Filippo Marchese”, ha ottenuto la semilibertà per buona condotta nel 2019 dopo vent’anni di detenzione nel carcere di Parma, dove ha scontato parte delle condanne riportate sia nel maxi processo prima e all’ergastolo poi per due omicidi commessi nel 1981.
AD AGOSTO HA TRASCORSO 12 GIORNI A PALERMO
Nell’interrogazione Varchi fa anche presente che “Alfano ad agosto 2024 è tornato a Palermo per 12 giorni grazie a un permesso” ma “la storia ci insegna a non sottovalutare le scarcerazioni di nomi di spessore che figuravano nei clan più pericolosi”, scrive l’interrogante.
IL REGIME DI SEMILIBERTÀ DAL 2019
Il ministro nella risposta ribatte: “Il riferimento al ‘permesso premio’ concesso al detenuto contenuto nell’interrogazione è erroneo, in quanto, come più estesamente riportato nella nota del magistrato di sorveglianza, il detenuto in questione è stato ammesso al regime di semilibertà sin da luglio 2019 potendo quindi fruire di ripetute ‘licenze’, istituto ben diverso da quello del permesso premio”. Quanto al soggiorno a Palermo la Questura della città siciliana “evidenziava che Alfano non aveva dato adito a rimarchi durante la fruizione delle licenze presso l’abitazione del figlio“, mentre la Questura di Parma “non disponeva di elementi circa la permanenza di collegamenti con la criminalità organizzata”.
La Dda di Palermo, al contempo, “evidenziava l’assenza di condotte riparatorie o di comportamenti di collaborazione con la giustizia“. La liberazione condizionale è stata comunque negata constatata anche “l’insussistenza di iniziative in favore delle persone offese, non riconoscendosi nelle attività di volontariato svolta un elemento sufficiente a surrogare un effettivo impegno riparatorio verso le vittime”, conclude il ministro della Giustizia.
FONTE: AGENZIA DI STAMPA DIRE (WWW.DIRE.IT)