La radioterapia limitata al campo coinvolto (IFRT) non offre un beneficio di sopravvivenza a lungo termine nei pazienti con Linfoma di Hodgkin
La radioterapia limitata al campo coinvolto (IFRT) non offre un beneficio di sopravvivenza a lungo termine rispetto al non fare un ulteriore trattamento nei pazienti con linfoma di Hodgkin in stadio IA-IIA che risultano negativi alla PET dopo la chemio di prima linea. A queste conclusioni è pervenuta un’analisi dello studio RAPID, i cui dati sono stati presentati recentemente a San Diego (Usa) al congresso annuale dell’American Society of Hematology (ASH).
Nello specifico, tra i pazienti PET-negativi dopo la chemioterapia il tasso di sopravvivenza globale (OS) a 15 anni è risultato del 94,2% nel gruppo sottoposto a IFRT e 92,3% in quello che non ha effettuato ulteriori trattamenti dopo la chemio.
«Non vi è alcuna evidenza di una differenza di sopravvivenza tra i pazienti PET-negativi che sono stati sottoposti a IFRT e quelli che non sono stati sottoposti a questo intervento», ha dichiarato John Radford, dell’Università di Manchester nel Regno Unito, a conclusione della sua presentazione. Pertanto, ha aggiunto l’autore, «Alla luce di quanto osservato riteniamo che la IFRT debba essere presa in considerazione solo per quei pazienti PET-negativi a rischio elevato di recidiva».
Lo studio RAPID e gli obiettivi dell’analisi presentata al congresso
Nel linfoma di Hodgkin in stadio iniziale si ricorre comunemente alla chemioterapia abbreviata (ACT) seguita dalla IFRT. Tuttavia, i risultati dello studio RAPID (pubblicato sul New England Journal of Medicine nel 2015) hanno dimostrato che la maggior parte dei pazienti che raggiungono lo stato PET ‘negativo’ risultano probabilmente guariti grazie alla sola ACT.
Lo studio RAPID (NCT00943423) aveva reclutato 602 pazienti con nuova diagnosi di linfoma Hodgkin classico allo stadio stadio iniziale tra il 2003 e il 2010. I partecipanti (arruolati in Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda del Nord) erano stati sottoposti a tre cicli di chemioterapia con il regime ABVD (adriamicina, bleomicina, vinblastina, dacarbazina) seguiti da una PET valutata in modo centralizzato; quelli con una PET ‘negativa’ (punteggio di 1 o 2 su una scala a 5 punti) erano stati randomizzati, secondo uno schema 1:1, al trattamento con l’IFRT o a nessun ulteriore trattamento, mentre quelli con una PET ‘positiva’ erano stati sottoposti a un quarto ciclo di ABVD e all’IFRT.
Nell’analisi presentata al congresso sono stati riportati i dati relativi all’OS a lungo termine e alle cause di morte dei partecipanti allo studio RAPID.
Nessun beneficio aggiuntivo sull’OS dalla IFRT
L’analisi presentata al congresso ha riguardato 459 pazienti per i quali erano disponibili dati a lungo termine, compresi 319 pazienti della coorte risultata PET-negativa.
Con un follow-up mediano di 16 anni, non è stata riscontrata alcuna differenza significativa di OS tra i pazienti PET-negativi sottoposti a IFRT e i pazienti PET-negativi non sottoposti a trattamenti ulteriori dopo la chemio con il regime ABVD (HR 0,71; IC al 95% 0,33-1,55; P = 0,39).
Tra i pazienti PET-negativi, il tasso di OS a 5 anni è risultato del 96,6% nei pazienti sottoposti a IFRT e 98% nei pazienti non sottoposti a trattamenti ulteriori dopo la chemio. I tassi di OS a 10 anni sono risultati, rispettivamente, del 94,8% e 95% e quelli a 15 anni rispettivamente del 94,2% e 92,3%.
Cause di morte distribuite su entrambi i bracci
Tra i pazienti PET-negativi sottoposti a IFRT le cause di morte sono risultate ascrivibili a eventi respiratori (n=4), linfoma non-Hodgkin (n=2), eventi cardiaci (n=2), carcinoma (n=1), ictus (n=1) e linfoma di Hodgkin (n=1).
Tra i pazienti PET-negativi che non erano stati sottoposti a trattamenti ulteriori, invece, le cause di morte sono risultate rappresentate da linfoma non-Hodgkin (n=4), eventi cardiaci (n=3), carcinoma (n=3), eventi respiratori (n=2), ictus (n=1), suicidio (n=1) e insufficienza epatica (n=1).
Da ultimo, tra i pazienti positivi alla PET fra le cause di morte accertate vi erano il linfoma di Hodgkin (n=7), gli eventi respiratori (n=6), il linfoma non-Hodgkin (n=1), gli eventi cardiaci (n=1), il carcinoma (n=1) e altri motivi (n=4).
In conclusione
«Da questa analisi dei dati dello studio RAPID non è emersa alcuna evidenza, dopo un follow-up mediano di 16 anni, di una differenza di OS tra i pazienti del braccio IFRT e quelli del braccio non sottoposto a nessun ulteriore trattamento che hanno raggiunto lo stato di PET ‘negativa’ dopo tre cicli di ABVD», scrivono Radford e i colleghi nelle conclusioni del loro abstract.
«Le cause di morte più comuni sono risultate distribuite su entrambi i bracci randomizzati dello studio», aggiungono i ricercatori. Tuttavia, sottolineano, nel gruppo con PET ‘positiva’ si sono registrati sette decessi per linfoma di Hodgkin, il che conferma il significato prognostico sfavorevole di una PET positiva dopo la chemioterapia.
Nel complesso, concludono gli autori, «Questi risultati dimostrano che nei pazienti di nuova diagnosi con linfoma di Hodgkin allo stadio 1A o 2A, senza massa mediastinica, che presentano una PET ‘negativa’ dopo tre cicli di ABVD, la radioterapia di consolidamento non ha alcun impatto sull’OS a lungo termine».
Radford e il suo gruppo stanno ulteriormente lavorando per comprendere i possibili effetti della radioterapia e della chemioterapia sull’incidenza delle seconde neoplasie non fatali e sulle malattie cardiache, collegando i loro dati con quelli dei relativi registri nazionali.
Bibliografia
J. Radford et al. Involved field radiotherapy versus no further treatment in patients with newly diagnosed stage 1A or 2A Hodgkin Lymphoma and a ‘negative’ PET scan after 3 cycles ABVD. Survival and cause of death after a median of 16 years follow-up in the UK RAPID trial. ASH 2024; abstract 457. https://ash.confex.com/ash/2024/webprogram/Paper200662.html