Studio indaga i sintomi degli astronauti al rientro sulla Terra


Studio di CNR  e Unipd ha indagato i sintomi, dal punto di vista medico, riscontrati dagli astronauti al rientro sulla terra dopo la navigazione nello spazio

rebus astronauti

L’Istituto di fisiologia clinica del Cnr (Cnr-Ifc) ha collaborato allo studio guidato dal Dipartimento di Scienze biomediche dell’Università di Padova che ha indagato i sintomi, dal punto di vista medico, riscontrati dagli astronauti al rientro sulla terra dopo la navigazione nello spazio.

Lo studio, pubblicato sulla rivista “Military Medical Research”, è stato condotto su tre piloti dell’aviazione italiana che per la prima volta hanno effettuato un volo suborbitale commerciale, Galaxy 01.

Ricorrendo a tecniche molto innovative e user-friendly come il prelievo di un campione di saliva attraverso una piccola salivette, il team guidato da Gerardo Bosco (Università di Padova) ha dimostrato che anche una permanenza nello spazio piuttosto breve (come i circa 60 minuti della missione Galaxy 01) sia sufficiente, una volta rientrati a terra, ad alterare i livelli di molecole essenziali per il controllo della risposta allo stress o delle capacità cognitive.

“Abbiamo registrato un netto calo dei livelli circolanti di dopamina, implicata nel controllo del movimento volontario e di risposte emotive, accompagnato da un aumento del brain-derived neurotrophic factor (BDNF), una proteina che presiede al controllo dello sviluppo delle cellule nervose, al loro mantenimento e funzionamento, soprattutto in condizioni di stress, e alla comunicazione tra le cellule nervose stesse”, spiega il coordinatore dello studio Gerardo Bosco. “Queste alterazioni suggeriscono un’iniziale risposta allo stress. Infatti, a queste alterazioni si è anche accompagnato un aumento significativo dei livelli di cortisolo, ovvero un ormone tipicamente rilasciato in tutte quelle condizioni caratterizzate da affaticamento, tensione e logorio fisico e/o mentale”.

Per il Cnr-Ifc hanno collaborato Simona Mrakic-Sposta e Alessandra Vezzoli, che aggiungono: “Questo studio rivela anche che il volo suborbitale induce una diminuzione dei fattori che normalmente prevengono l’aumento dei livelli circolanti e tissutali di radicali liberi dell’ossigeno, instaurando quindi delle condizioni che, nel tempo, potrebbero portare ad un vero e proprio stress ossidativo generalizzato. Abbiamo inoltre scoperto un incremento di particolari molecole implicate nell’innesco e propagazione della risposta infiammatoria”.

Gli autori rimarcano che, pur trattandosi di uno studio pilota eseguito su soli tre astronauti (tutti di sesso maschile e più o meno coetanei), questo è uno dei primi sforzi fatti per meglio caratterizzare i possibili fattori di rischio legati a missioni nello spazio soprattutto se prolungate o ripetute in brevi lassi di tempo, e, non ultimo, se i soggetti lanciati nello spazio non dovessero aver ricevuto un training adeguato e sufficiente.

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista «Military Medical Research» che ha, tra i scopi, non solo aspetti di ricerca di base e clinica concernenti la medicina militare moderna, ma anche ricerca medica di base e clinica con potenziale traslazionale concernenti nell’esposizione di donne e uomini a condizioni ambientali estreme – di natura militare e non – che possano portare a varie forme di stress, incluso quello post-traumatico.

Allo studio hanno contribuito anche Tommaso Antonio Giacon (Università di Padova) e Nazareno Paolocci (Università di Padova e Johns Hopkins di Baltimora).

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