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Leucemia mieloide acuta secondaria: il chemioterapico CPX-351 molto efficace

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Leucemia mieloide acuta secondaria; nei pazienti trattati con CPX-351 risposte più profonde e migliori outcome a lungo termine

Nei pazienti con leucemia mieloide acuta secondaria, il trattamento con il chemioterapico CPX-351 permette di ottenere risultati superiori rispetto a un regime aggiustato in base all’età a base di fludarabina, citarabina ad alto dosaggio, idarubicina (FLAI). Lo evidenziano i risultati di uno studio dell’Università di Genova presentato all’ultimo congresso dell’American Society of Hematology (ASH) a San Diego.

Questi risultati, riferiscono gli autori, coordinati da Carola Riva, possono essere spiegati dall’attività antileucemica potenziata di CPX-351, che aumenta la probabilità di raggiungere la negatività della malattia residua misurabile (MRD) e, quindi, una risposta più profonda, nonché dalla sua migliore tollerabilità; caratteristiche, queste, che consenteno a un numero maggiore di pazienti di procedere al trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche, migliorando di conseguenza la sopravvivenza globale (OS) a lungo termine.


MRD difficilmente raggiunta con i trattamenti convenzionali

La leucemia mieloide acuta secondaria, derivante da un precedente disturbo ematologico (MRC-AML) o che si sviluppa dopo una precedente terapia citotossica (t-AML), è caratterizzata da un’elevata frequenza di aberrazioni citogenetiche e molecolari ad alto rischio, che si associa a bassi tassi di remissione completa e di OS.

L’esecuzione del trapianto allogenico alla prima remissione completa, specie se il pazienti ha raggiunto una MRD negativa, aumenta le possibilità di cura, spiegano la Riva e i colleghi nel loro poster. Tuttavia, con i trattamenti convenzionali l’MRD-negatività si raggiunge difficilmente.

CPX-351 meglio dei trattamenti convenzionali nella leucemia mieloide acuta secondaria

Di recente, CPX-351 ha mostrato risultati migliori rispetto ai trattamenti convenzionali nei pazienti anziani con leucemia mieloide acuta secondaria.

Nello studio NCRI AML19, in trial condotto nel Regno Unito, CPX-351 e il regime FLAG-IDA hanno mostrato risultati simili in pazienti con leucemia mieloide acuta ad alto rischio, ma le analisi di sottogruppo hanno evidenziato un’OS migliore con CPX-351 nei pazienti che presentano mutazioni genetiche correlate alla sindrome mielodisplastica (MDS).

Nel loro studio, i ricercatori italiani hanno voluto confrontare la probabilità di raggiungere la negatività della MRD e la sua rilevanza prognostica in una coorte di pazienti affetti da leucemia mieloide acuta secondaria sottoposti a una terapia di induzione con CPX-351 o il regime FLAI aggiustato in base all’età.

Lo studio

Lo studio ha coinvolto 183 pazienti anziani (età mediana 69 anni; range: 60-77) con una diagnosi di leucemia mieloide acuta secondo la classificazione dell’OMS del 2016.

I pazienti trattati dopo gennaio 2019 (82) sono stati trattati con CPX-351 sulla base dell’indicazione approvata dall’Agenzia europea per i medicinali (Ema), mentre i pazienti trattati prima di quella data (101) erano stati trattati con il regime a base di fludarabina-citarabina-idarubicina ad alto dosaggio aggiustato in base all’età.

L’analisi MRD è stata condotta in tutti i pazienti in remissione completa utilizzando la citometria a flusso multicolore (MFC), con una soglia dello 0,1.

La coorte analizzata

Tra i pazienti che hanno ricevuto CPX-351, 20 (24%) avevano una diagnosi di t-AML e 62 (76%)di MRC-AML, mentre nel gruppo trattato con il regime FLAI, 18 (18%) presentavano una t-AML e 83 (83%) una MRC-AML.

Fra i pazienti trattati con il chemioterapico, l’8% presentava un rischio ELN 2017 favorevole, il 39% un rischio intermedio e il 53% un rischio sfavorevole, mentre fra quelli trattati con il regime FLAI le percentuali corrispondenti erano pari al 10%, 49% e 41%.

Per quanto riguarda, invece, il gruppo di rischio sulla base del cariotipo, nel gruppo trattato con CPX-351 il 57% dei pazienti era a rischio intermedio e il 43% ad alto rischio, mentre in quello trattato con il regime FLAI il 5% dei pazienti era a basso rischio, il 55% a rischio intermedio e il 40% ad alto rischio.

Tasso di remissione completa ed MRD-negatività superiori con CPX-351

Dopo il trattamento di induzione, complessivamente hanno raggiunto la remissione completa 119 pazienti (65%), ma il tasso di remissione completa è risultato significativamente più alto nei pazienti trattati con CPX-351 (64 su 82; 78%), rispetto ai pazienti che hanno ricevuto il regime FLAI (55 su 101; 54,5%; P < 0,05).

Nell’intera coorte, tra i pazienti che hanno raggiunto la remissione completa, 65 (il 54,6%) hanno raggiunto la negatività della MRD, ma la probabilità di ottenere una MRD negativa è risultata significativamente maggiore per coloro che hanno ricevuto CPX-351 come terapia di induzione rispetto ai pazienti trattati con il regime FLAI, con un tasso di remissione completa con MRD negativa rispettivamente del 62,5% contro 45% (P < 0,05).

Nel braccio CPX-351, il tasso di remissione completa non è risultato influenzato da cariotipo, rischio ELN 2017, età, un precedente trattamento con agenti ipometilanti (HMA) o la classificazione OMS, mentre nel braccio FLAI è risultato inferiore tra i pazienti ad alto rischio ELN 2017 (P < 0,05).

Inoltre, tra i pazienti trattati con CPX-351, l’MRD negatività non è risultati influenzata da nessuna delle variabili analizzate, mentre nella coorte trattata con il regime FLAI, il tasso di remissione completa con MRD negativa è risultato significativamente più basso tra i pazienti a rischio sfavorevole ELN 2017 (P < 0,05).

Sopravvivenza più lunga con CPX-351

Dopo un follow-up mediano di 20,7 mesi (IC al 95% 16,49-26,37) per i pazienti trattati con CPX-351 e 58 mesi (IC al 95% 34,97-72,98) per quelli trattati con il regime FLAI, la mediana di OS è risultata di 13,4 mesi (IC al 95% 8,04-16,97) nell’intera coorte, ma significativamente superiore nel gruppo trattato con CPX-351 rispetto al gruppo trattato con il regime FLAI: 17,7 mesi contro 11,2 mesi(P < 0,05).

L’ analisi multivariata ha mostrato che la MRD era il fattore prognostico più forte per la OS, indipendentemente dal trattamento ricevuto. Infatti, il tasso di OS a 2 anni è risultato del 79% per i pazienti con MRD negativa dopo l’induzione, a fronte del 35% per quelli ancora positivi per l’MRD dopo l’induzione (P < 0,05).

Infine, in una landmark analysis condotta su pazienti in remissione completa ancora in vita al giorno 30, eseguire un consolidamento con il trapianto allogenico è risultato il più forte fattore predittivo di sopravvivenza. In particolare, i pazienti in remissione completa sottoposti al trapianto allogenico sono stati decisamente più numerosi nel gruppo trattato con CPX-351: 32,8% contro 9%.

CPX-351 è risultato anche meglio tollerato rispetto al regime di confronto. Infatti, l’incidenza della mucosite grave è risultata significativamente più bassa con CPX-351 rispetto al regime FLAI: 1% contro 8% (P < 0,05).

In conclusione

La migliore tollerabilità di CPX-351, con un rischio più basso di mucosite grave, ha permesso a più pazienti di andare al trapianto allogenico rispetto al trattamento con il regime FLAI, scrivono la Riva  ei colleghi nelle loro conclusioni.

Inoltre, concludono gli autori, la combinazione di risposte più profonde raggiunte e la maggiore possibilità di effettuare il consolidamento con il trapianto per i pazienti trattati con CPX-351 si è tradotta in ultima analisi in un’OS a lungo termine superiore.

Bibliografia

C. Riva, et al. Comparing Outcomes between CPX-351 and Fludarabine-Based Induction in Secondary Acute Myeloid Leukemia in the Real-World Setting: The Prognostic Role of Measurable Residual Disease ASH Annual 2024; abstract 1482. https://ash.confex.com/ash/2024/webprogram/Paper198174.html

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