Il sottosegretario Delmastro condannato a 8 mesi per rivelazione di segreto d’ufficio non molla: “Le sentenze non si commentano. Quelle politiche si commentano da sole”
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Condannato, interdetto, ma dimissionario no, quello mai. Forse un giorno, chissà. Andrea Delmastro dice di sentirsi “molto bene”: “Sono stato condannato dopo tre richieste di assoluzione della procura, credo di essere nel Guinness dei primati. Coraggiosa è stata la procura. Mi ha colpito il pm quando ha detto che non si spostava di un millimetro e ci metteva la faccia”. E quindi il sottosegretario condannato a 8 mesi per rivelazione di segreto d’ufficio non molla: “Io sto al mio posto e continuerò a farlo in virtù del principio di non colpevolezza fino all’ultimo grado di giudizio”, ribadisce intervistato dal Corriere della Sera.
“Non erano segreti di Stato né carte riservate. Da quel palazzo di giustizia sono uscite altre carte, invece, classificate “riservate” dai servizi segreti. Le sentenze non si commentano. Quelle politiche si commentano da sole. E questa lo fa. E’ un dato di fatto che il collegio fosse fortemente connotato dalla presenza di Md (la corrente di sinistra ndr) anche dopo la sostituzione di un componente avvenuta due udienze fa”.
L’ANM: “SIAMO SCONCERTATI”
“Per dimostrare l’inutilità della separazione delle carriere, basta osservare la vicenda processuale che si è conclusa con la condanna in primo grado del sottosegretario Delmastro. Alla richiesta di archiviazione del pm un giudice ha ordinato l’imputazione, ed alla richiesta di assoluzione di un pm il Tribunale ha pronunciato condanna. Questo dimostra, come l’Anm sostiene da sempre, che il pm può chiedere l’assoluzione, nonostante la sua carriera non sia separata da quella del giudice, e che il giudice non è succube del pm”. Ad affermarlo è la Giunta esecutiva centrale dell’Associazione nazionale magistrati.
“Siamo sconcertati nel constatare che ancora una volta il potere esecutivo attacca un giudice per delegittimare una sentenza. Siamo disorientati nel constatare che il ministro della Giustizia auspica la riforma di una sentenza di cui non esiste altro che il dispositivo. Sono dichiarazioni gravi, non consone alle funzioni esercitate, in aperta violazione del principio di separazione dei poteri, che minano la fiducia nelle istituzioni democratiche”. Ad affermarlo è la Giunta esecutiva centrale dell’Associazione nazionale magistrati.
“Siamo, tuttavia, confortati dalla consapevolezza che i magistrati del Tribunale di Roma hanno semplicemente applicato la legge con onore e responsabilità, come fanno ogni giorno i magistrati italiani”, conclude la nota Anm.
FONTE: AGENZIA DI STAMPA DIRE (WWW.DIRE.IT)
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