Spondiloartriti assiali, bimekizumab migliora funzione fisica e qualità della vita


Il trattamento con bimekizumab ha portato a miglioramenti duraturi della mobilità spinale, della funzione fisica e della HRQoL nell’arco di 2 anni nell’intero spettro di malattia

Spondiloartrite assiale non radiografica: ixekizumab può avere effetti positivi sull'articolazione sacroiliaca secondo un'analisi dei dati di imaging dello studio COAST-X

Il trattamento con bimekizumab ha portato a miglioramenti duraturi della mobilità spinale, della funzione fisica e della HRQoL nell’arco di 2 anni nell’intero spettro di malattia dell’axSpA (1). Inoltre, l’efficacia del trattamento a 2 anni è stata documentata indipendentemente dalla durata di malattia (2). Questi i risultati principali di due analisi post-hoc di studi registrativi sull’impiego di bimekizumab in pazienti affetti da axSpA (radiografica e non radiografica), presentate nel corso del congresso annuale dell’American College of Rheumatology.

Razionale d’impiego di bimekizumab nelle spondiloartriti assiali
“Negli ultimi anni – spiega ai nostri microfoni il prof. Florenzo Iannone (Professore Associato Reumatologia, Università di Bari) – studi condotti sia su modelli sperimentali che su coorti di pazienti affetti da r-axSpA e nr-axSpA,  hanno dimostrato l’importanza di IL-17 e delle citochine da essa regolate nella patogenesi dei processi infiammatori alla base dell’axSpA. Il punto è che esistono diversi isotipi di IL-17 (dalla A alla F). Bimekizumab, a differenza dei farmaci tuttora disponibili in grado di inibire solo IL-17A, blocca anche IL-17F, ovvero l’altra isoforma che sembra essere anch’essa importante nella patogenesi di questa malattia”.

Prima analisi: miglioramento sostenuto con bimekizumab della mobilità spinale, della funzione fisica e della qualità della vita. Dati fino a 2 anni
Obiettivi e disegno dello studio
E’ noto che i pazienti con axSpA sperimentano una grave compromissione della funzione fisica e della HRQoL. Bimekizumab è un anticorpo monoclonale IgG1 che inibisce selettivamente l’interleuchina (IL)-17F oltre che l’IL-17A.

Negli studi di fase 3 BE MOBILE 1 e 2, il trattamento con questo anticorpo monoclonale ha dimostrato miglioramenti duraturi della funzione fisica e della qualità della vita legata allo stato di salute (HRQoL) fino alla settimana 52 nei pazienti con axSpA attiva, con miglioramenti simili nei pazienti con axSpA non radiografica (nr-) e radiografica (r-; cioè i pazienti con spondilite anchilosante).

Nell’analisi presentata al congresso sono stati presentati i dati a 2 anni per questi outcome, oltre che per la mobilità spinale, relativi allo studio di estensione in aperto (OLE) in corso, BE MOVING.

Gli studi BE MOBILE 1 e 2 comprendevano entrambi un periodo in doppio cieco di 16 settimane seguito da un periodo di mantenimento di 36 settimane. I pazienti erano stati randomizzati a trattamento con 160 mg di bimekizumab sottocute ogni 4 settimane (Q4W) o a placebo (PBO); a partire dalla settimana 16, tutti erano stati sottoposti a trattamento con 160 mg di bimekizumab Q4W. Alla settimana 52, i partecipanti idonei potevano iscriversi allo studio OLE combinato, BE MOVING.

L’analisi in questione riporta i punteggi relativi al Bath AS Metrology Index (BASMI; scala numerica 0-10 che valuta la mobilità spinale), al Bath AS Functional Index (BASFI; scala numerica 0-10 che valuta la funzione fisica), al punteggio Short Form-36 Physical Component Summary relativo alla componente fisica (SF-36 PCS), ai singoli domini dell’SF-36 e alla qualità della vita nell’AS Quality of Life (ASQoL; intervallo di punteggio: 0-18) fino alla settimana 104.

Inoltre, l’analisi riporta la proporzione di pazienti che avevano raggiunto un punteggio BASFI ≤2 e un miglioramento clinicamente significativo dell’ASQoL (riduzione di ≥4 punti nei pazienti con punteggio iniziale ≥4) fino alla settimana 104. Sono stati messi in pool i dati relativi a tutti i pazienti randomizzati con nr-axSpA e r-axSpA degli studi BE MOBILE 1 e 2.

Risultati principali
Sul totale dei pazienti originariamente randomizzati negli studi BE MOBILE 1 (nr-axSpA) e BE MOBILE 2 (r-axSpA), l’81,9% (208/254) e l’86,1% (286/332) erano entrati nello studio BE MOVING alla settimana 52, rispettivamente; 189 pazienti con nr-axSpA e 267 con r-axSpA hanno completato la settimana 104.

Dai risultati è emerso che le riduzioni medie rispetto al basale con bimekizumab osservate alla settimana 52 relativamente ai punteggi BASMI, BASFI e ASQoL sono state mantenute fino alla settimana 104 (Settimana 52: –0,6, –2,8 e –5,6; Settimana 104: –0,6, –2,9 e –5,6, rispettivamente).

Anche il miglioramento medio rispetto al basale osservato alla settimana 52 relativo al punteggio SF-36 PCS è stato mantenuto fino alla settimana 104 (Settimana 52: +12,0; Settimana 104: +12,4). Dopo 2 anni di trattamento con BKZ, il punteggio medio SF-36 PCS si è avvicinato al limite inferiore della media della popolazione statunitense. I miglioramenti rilevati in tutti i domini individuali dell’SF-36 sono stati osservati dal basale alla settimana 104.

Infine, le proporzioni di pazienti che hanno raggiunto un punteggio BASFI ≤2 o un miglioramento clinicamente significativo nell’ASQoL alla settimana 52 sono state mantenute fino alla settimana 104 nello studio BE MOVING (BASFI ≤2 Settimana 52: 45,1%, Settimana 104: 42,8%; riduzione di ≥4 punti nell’ASQoL Settimana 52: 66,3%, Settimana 104: 59,7%). I risultati sono stati simili tra i pazienti con nr-axSpA e quelli con r-axSpA.

Seconda analisi: bimekizumab efficace fino a 2 anni indipendentemente dalla durata di malattia
Obiettivi e disegno dello studio
“E’ purtroppo osservazione comune diagnosticare con ritardo i pazienti affetti da axSpA – spiega Iannone -. Ciò rappresenta, ovviamente, un problema in quanto la diagnosi precoce consentirebbe l’instaurazione di un trattamento adeguato precoce e, quindi, la prevenzione dell’evoluzione della malattia in questi pazienti. Purtroppo, per una serie di considerazioni, non sempre si riesce a fare una diagnosi precoce , e quindi si presuppone che, nel caso di diagnosi ritardata oltre di 2 anni, l’efficacia dei farmaci possa essere inferiore in termini di outcome”.

Di qui la nuova analisi post-hoc degli studi BE MOBILE e BE MOVING presentata al Congresso, che si è proposta di valutare l’impatto di una durata più breve o più lunga dei sintomi di malattia sull’efficacia di bimekizumab a 2 anni.
L’analisi in questione riporta i risultati fino alla settimana 104 per pazienti con durata dei sintomi ≤2/>2 anni (definizione di axSpA precoce ASAS) e ≤5/>5 anni per ottimizzare le dimensioni dei sottogruppi (BE MOBILE 2 con durata dei sintomi ≤2  anni n=17). I pazienti trattati in modo continuo con bimekizumab e quelli che sono passati da placebo a bimekizumab sono stati raggruppati all’interno di ciascun trial a partire dalla settimana 52.

Nello specifico, l’analisi riporta i risultati relativi alla proporzione di pazienti che hanno raggiunto l’ASAS40, un punteggio ASDAS < 2,1, nonchè la variazione rispetto al basale del BASDAI (CfB) per pazienti con durata di malattia ≤5/>5 (entrambi i trial) e durata di malattia ≤2/>2 (BE MOBILE 1).

Inoltre, i ricercatori hanno determinato il punteggio medio di infiammazione SPARCC per l’articolazione sacroiliaca (SIJ) alla risonanza magnetica (casi osservati) per i pazienti del sottostudio MRI con durata di malattia ≤5/>5 (solo BE MOBILE 1; sottostudio MRI di BE MOBILE 2 durata di malattia ≤5 n=27).

Risultati principali
Dall’analisi è emerso che gli outcome migliori sono stati osservati con bimekizumab rispetto a placebo alla settimana 16, indipendentemente dalla durata della sintomatologia. Gli outcome sono stati mantenuti o sono migliorati in tutti i sottogruppi di durata di malattia sopra indicati fino alla settimana 104.

Alla settimana 16, proporzioni numericamente maggiori di pazienti trattati con bimekizumab con durate di malattia ≤5/≤2 hanno raggiunto le risposte ASAS40 e ASDAS < 2,1 rispetto ai pazienti con durate di malattia >5/>2, rispettivamente.
Non è stata rilevata alcuna differenza statisticamente significativa tra durate di malattia ≤5/>5 (BE MOBILE 1 e 2) o tra DoS ≤2/>2 (BE MOBILE 1).

Alla settimana 104, proporzioni numericamente maggiori di pazienti con durate di malattia ≤5/≤2 hanno raggiunto le risposte ASAS40 e ASDAS < 2,1.

Non è stata rilevata alcuna differenza statisticamente significativa nelle differenze relative alla settimana 16 della variazione media BASDAI CfB tra durate di  malattia ≤5/>5 o DoS ≤2/>2 in BE MOBILE 1, mentre è stato osservato un miglioramento di entità maggiore del punteggio BASDAI nei pazienti con durata di malattia ≤5 rispetto a >5 in BE MOBILE 2.

Sono state osservate riduzioni numericamente maggiori (cioè miglioramenti) rispetto al basale relative al punteggio BASDAI medio per i pazienti con durate di malattia ≤5/≤2 alla settimana 104 rispetto ai pazienti con durate di malattia >5/>2, rispettivamente.
I punteggi SPARCC SIJ basali alla risonanza magnetica indicavano una maggiore infiammazione nei pazienti con durata di malattia ≤5 rispetto a >5. Il trattamento con bimekizumab ha portato ad una riduzione dei punteggi medi SPARCC SIJ alla risonanza magnetica fino alla settimana 16; rispetto a placebo, non è stata rilevata alcuna differenza statisticamente significativa tra durate di malattia ≤5/>5 in BE MOBILE 1 (differenza relativa [IC 95%]: −3,10 [−8,09, 1,90]).

I punteggi medi SPARCC SIJ alla risonanza magnetica sono rimasti bassi fino alla settimana 104 (durata di malattia ≤5: 2,03 [n=40], durata di malattia >5: 2,83 [n=55]) e hanno indicato la risoluzione dell’infiammazione, indipendentemente dalla durata dei sintomi.

Riassumendo
In conclusione, il trattamento con bimekizumab è risultato efficace fino a 2 anni, indipendentemente dalla durata dei sintomi. Complessivamente, non sono state rilevate differenze nell’effetto del trattamento con bimekizumab rispetto a placebo alla settimana 16 tra pazienti con durata dei sintomi più breve o più lunga.

“L’analisi – aggiunge Iannone – dimostra che anche nei pazienti con una diagnosi in ritardo, con una durata di malattia superiore ai 2 anni, l’efficacia clinica – in termini di contrasto all’infiammazione e di miglioramento della funzionalità e della qualità della vita – insomma dei classici indici clinimetrici che vengono utilizzati in questi pazienti – è assolutamente uguale rispetto a quelli diagnosticati più  precocemente”.

In conclusione
Bimekizumab ha appena ottenuto da AIFA la rimborsabilità per il trattamento dell’artrite psoriasica attiva, mentre è attesa per il prossimo anno la rimborsabilità del farmaco per il trattamento ad ampio spettro della spondiloartriti assiali.

“Ad oggi – spiega il prof. Iannone – il trattamento iniziale dei pazienti con ax-SpA prevede l’impiego, come farmaco biologico in prima battuta, di un farmaco anti-TNF. Dopo 3 mesi, in caso di insuccesso terapeutico, è possibile passare ad un trattamento biologico con un meccanismo d’azione differente. Gli studi registrativi e le analisi post-hoc disponibili, pertanto (in attesa della disponibilità del farmaco nel nostro Paese), prefigurano nell’impiego di bimekizumab una possibile strategia vincente nel trattamento dei pazienti con ax-SpA refrattari agli anti-TNF”.

Bibliografia
1) Navarro Compán V et al. Sustained Improvements with Bimekizumab in Spinal Mobility, Physical Function and Health-Related Quality of Life in Patients with Axial Spondyloarthritis: 2-Year Results from Two Phase 3 Studies [abstract]. Arthritis Rheumatol. 2024; 76 (suppl 9). https://acrabstracts.org/abstract/sustained-improvements-with-bimekizumab-in-spinal-mobility-physical-function-and-health-related-quality-of-life-in-patients-with-axial-spondyloarthritis-2-year-results-from-two-phase-3-studies/. Accessed January 9, 2025.

2) Ramiro S et al. Bimekizumab Treatment Was Efficacious to 2 Years Regardless of Duration of axSpA Symptoms: Results from Two Phase 3 Studies [abstract]. Arthritis Rheumatol. 2024; 76 (suppl 9). https://acrabstracts.org/abstract/bimekizumab-treatment-was-efficacious-to-2-years-regardless-of-duration-of-axspa-symptoms-results-from-two-phase-3-studies/. Accessed January 9, 2025.