Le bevande zuccherate impattano sulla salute cardiometabolica


Un caso su 10 di diabete di tipo 2 e uno su 30 di malattie cardiovascolari (CVD) può essere attribuito al consumo di bevande zuccherate, secondo uno studio globale

 

Ricercatori inglesi hanno messo a punto un algoritmo che, per la prima volta, riesce a stimare l’impatto complessivo di cibi e bevande

Approssimativamente un caso su 10 di diabete di tipo 2 e uno su 30 di malattie cardiovascolari (CVD) può essere attribuito al consumo di bevande zuccherate, secondo uno studio globale pubblicato su “Nature Medicine”. Questo fenomeno potrebbe essere responsabile di oltre 300.000 morti annuali.

Lo studio evidenzia come l’Africa subsahariana abbia registrato il maggiore incremento di malattie legate alle bevande zuccherate durante il periodo di studio (1990-2020), seguita dall’America Latina e dai Caraibi. I ricercatori sottolineano l’urgenza di politiche efficaci e interventi mirati per ridurre questi oneri cardiometabolici.

Impatto regionale e dati sociodemografici
I ricercatori, guidati da Laura Lara-Castor (Tufts University, Boston, e University of Washington, Seattle), hanno stimato i carichi delle malattie cardiometaboliche attribuibili al consumo di bevande zuccherate e i cambiamenti nel tempo in 184 paesi.

La modellazione ha considerato gli effetti eziologici delle bevande zuccherate sul diabete, sulla malattia ischemica del cuore e sull’ictus ischemico, sia in modo diretto sia mediato dall’indice di massa corporea, utilizzando metanalisi e analisi congiunte di coorti prospettiche, supportate da evidenze provenienti da studi clinici randomizzati.

Il consumo medio globale 
L’adulto medio consumava 2,6 porzioni a settimana di una bevanda zuccherata, con ogni porzione di circa 240 millilitri (8 once). Globalmente, questo variava da un massimo di 7,3 porzioni a settimana per gli adulti in America Latina e Caraibi a un minimo di 0,7 porzioni a settimana per gli adulti nel Sud Asia.

Gli uomini consumavano leggermente più bevande zuccherate delle donne, e i giovani avevano un consumo medio più alto rispetto agli anziani.

Incidenza delle malattie e dati regionali
Nel 2020, i 2,2 milioni di nuovi casi di diabete e 1,2 milioni di nuovi casi di CVD legati alle bevande zuccherate rappresentavano rispettivamente il 10% e il 3% di tutti i casi segnalati. Ciò si traduceva in 12,5 milioni di anni di vita corretti per disabilità (DALY), 80.278 morti correlate al diabete e 257.962 morti correlate alle CVD.

Per regione, l’America Latina e i Caraibi avevano la più alta incidenza assoluta e proporzionale di diabete di tipo 2 dovuto alle bevande zuccherate, mentre il Sud-Est e l’Est Asiatico registravano i valori più bassi. Allo stesso modo, il Medio Oriente e il Nord Africa avevano la più alta incidenza assoluta e proporzionale di CVD attribuibile alle bevande zuccherate, mentre il Sud-Est e l’Est Asiatico avevano i valori più bassi.

Differenze di rischio per età e istruzione
Il maggiore carico di diabete attribuito alle bevande zuccherate era tra persone tra i 40 e i 50 anni, ma il rischio proporzionale risultava essere più alto in un gruppo molto più giovane, tra i 25 e i 29 anni. Per le CVD legate alle bevande zuccherate, l’incidenza assoluta aumentava con l’età, mentre il rischio proporzionale diminuiva con l’età.

Interessanti differenze sono emerse analizzando il livello di istruzione, il grado di urbanizzazione e la regione del mondo.

Considerando congiuntamente questi fattori, le proporzioni più elevate le proporzioni più elevate di nuovi casi di diabete attribuibili alle bevande zuccherate erano negli adulti con istruzione alta e media nelle aree urbane dell’Africa subsahariana, seguiti dagli adulti con istruzione alta e media sia nelle aree urbane che rurali dell’America Latina e dei Caraibi.

Le scoperte erano molto simili per le CVD, ma includevano anche adulti con istruzione alta e media delle aree rurali dell’Africa subsahariana.

Non basta la ‘sugar tax’
I ricercatori affermano che i risultati rappresentano «un grido d’allarme» sul fatto che la dieta tradizionale dell’Africa subsahariana sia stata infiltrata da diete occidentali, e che il tempo per invertire la rotta sta per scadere.

Negli Stati Uniti, diverse città hanno introdotto tasse sulle bevande zuccherate nell’ultimo decennio, riducendone così l’acquisto e il consumo. Tuttavia, Dariush Mozaffarian, della Tufts University di Boston, autore senior della ricerca, ha sottolineato che ogni nazione nel mondo deve adottare un approccio combinato, poiché singole misure come le tasse non sono sufficienti.

«Negli ultimi 5 anni c’è stata un’esplosione di tasse nazionali sulle bevande zuccherate, alcune piuttosto basse, come il 5% o il 10%, ma altre molto più alte, come il 20% in alcuni paesi del Medio Oriente o addirittura il 100%, raddoppiando il prezzo», ha osservato.

«Ci sono almeno 2 miliardi di persone che vivono in paesi con tasse nazionali sulle bibite. Quindi, penso che la tassazione delle bibite sia importante e dovrebbe essere a un livello sufficientemente alto da ridurre significativamente il consumo, ma l’altra cosa importante di cui abbiamo bisogno sono etichette di avvertimento per comunicare più chiaramente con i consumatori».

Un altro approccio che dovrebbe essere seguito, secondo Mozaffarian, è cessare la vendita di bevande zuccherate in scuole, ospedali e luoghi di lavoro governativi.

Bibliografia
Lara-Castor L, O’Hearn M, Cudhea F, et al. Burdens of type 2 diabetes and cardiovascular disease attributable to sugar-sweetened beverages in 184 countries. Nat Med. 2025 Jan 6. doi: 10.1038/s41591-024-03345-4. Epub ahead of print. leggi