Pfizer ha annunciato la fine dello sviluppo e della commercializzazione di Beqvez (fidanacogene elaparvovec), la terapia genica approvata per il trattamento dell’emofilia B
Dopo meno di un anno dal suo lancio sul mercato, Pfizer ha annunciato la fine dello sviluppo e della commercializzazione di Beqvez (fidanacogene elaparvovec), la terapia genica approvata per il trattamento dell’emofilia B.
Commercializzato in Europa con il nome di Durveqtix, il farmaco aveva ottenuto il via libera della Fda nell’aprile 2024. Il suo costo, pari a 3,5 milioni di dollari per paziente, non è bastato a garantirne il successo commerciale, nonostante le promesse iniziali di una cura risolutiva a lungo termine.
La decisione di interrompere fidanacogene elaparvovec è stata giustificata da Pfizer con il limitato interesse mostrato sia dai pazienti che dai medici nei confronti delle terapie geniche per l’emofilia. Nonostante l’approvazione regolatoria, nessun paziente sembra aver ricevuto la terapia commerciale dalla sua autorizzazione, un chiaro indicatore della riluttanza diffusa ad adottare terapie così costose e complesse.
Le difficoltà di Pfizer non sono isolate. Anche altre aziende del settore biotecnologico, come BioMarin con Roctavian (valoctocogene roxaparvovec) per l’emofilia A e Bluebird Bio con Lyfgenia (lovotibeglogene autotemcel) per l’anemia falciforme, hanno riscontrato problemi nella commercializzazione delle loro terapie geniche. Il loro fallimento è spesso dovuto a barriere economiche e logistiche: costi elevati, procedure di somministrazione complesse e necessità di monitoraggio a lungo termine.
Un ritiro dal campo della terapia genica
La fine di fidanacogene elaparvovec rappresenta solo l’ultimo episodio della strategia di Pfizer di uscire dal settore della terapia genica. Già nel dicembre 2024, la casa farmaceutica aveva interrotto la collaborazione con Sangamo Therapeutics per lo sviluppo di giroctocogene fitelparvovec (giro-vec), una terapia genica per l’emofilia A, nonostante i risultati positivi ottenuti nella fase III degli studi clinici.
Un ulteriore colpo alla pipeline di Pfizer è arrivato con il fallimento della sperimentazione di fase III di fordadistrogene movaparvovec, una terapia genica per la distrofia muscolare di Duchenne. Questo insuccesso ha portato a una rapida interruzione del programma, causando un danno finanziario significativo per l’azienda, stimato in oltre 230 milioni di dollari, e il licenziamento di più di 200 dipendenti presso l’impianto produttivo di Sanford, in Carolina del Nord.
Il futuro di Pfizer nell’emofilia
Nonostante la fine dei suoi programmi di terapia genica, Pfizer non ha affatto abbandonato il settore dell’emofilia. La compagnia farmaceutica Usa ha deciso di concentrare le proprie risorse su trattamenti innovativi ma più tradizionali, come Hympavzi (marstacimab-hncq), un inibitore della via del fattore tissutale (tissue factor pathway inhibitor, anti-TFPI).
Marstacimab è un agente “riequilibrante” che prende di mira il dominio Kunitz 2 dell’inibitore del TFPI – tissue factor pathway inhibitor (anti-TFPI), una proteina anticoagulante naturale che previene la formazione di coaguli di sangue e ripristina l’emostasi. Approvato dalla Fda e di recente anche dall’Ema, questo farmaco è indicato per il trattamento profilattico dell’emofilia A e B nei pazienti senza inibitori dei fattori VIII o IX.
Marstacimab-hncq rappresenta una soluzione innovativa per i pazienti, grazie alla sua somministrazione sottocutanea settimanale, che offre una maggiore comodità rispetto alle infusioni endovenose frequenti richieste dalle terapie tradizionali. Inoltre, i dati clinici disponibili mostrano un rischio ridotto di eventi trombotici rispetto ad altri trattamenti profilattici, rappresentando così un passo avanti nella gestione dell’emofilia.
Un cambio di strategia nelle malattie rare
La decisione di abbandonare lo sviluppo di fidanacogene elaparvovec rientra in un piano di riorganizzazione strategica più ampio da parte di Pfizer. Già nel 2023, la società aveva ceduto i propri programmi di terapia genica in fase preclinica e le relative tecnologie ad Alexion, la divisione di AstraZeneca dedicata alle malattie rare, in un accordo dal valore complessivo di 1 miliardo di dollari.
Questa mossa riflette la crescente cautela da parte delle grandi aziende farmaceutiche verso le terapie geniche, considerate ad alto rischio e con ritorni incerti. I costi elevati, la complessità delle procedure di somministrazione e la necessità di infrastrutture specializzate per la gestione post-trattamento rappresentano ostacoli significativi alla diffusione di queste terapie.
La promessa di una cura definitiva per malattie genetiche gravi continua a spingere la ricerca nel settore, anche se per ora le aziende sembrano preferire strategie più consolidate.