Mielofibrosi: benefici da aggiunta di pelabresib a ruxolitinib


Mielofibrosi: l’aggiunta del farmaco sperimentale pelabresib a ruxolitinib ha dimostrato di migliorare il volume della milza (risposta plenica) e il punteggio totale dei sintomi

mielofibrosi trombocitopenica

L’aggiunta del farmaco sperimentale pelabresib (CPI-0610) al JAK-inibitore ruxolitinib ha dimostrato di migliorare il volume della milza (risposta plenica), il punteggio totale dei sintomi, l’anemia e il microambiente del midollo osseo alla settimana 48 rispetto al solo ruxolitinib (più un placebo) in pazienti con mielofibrosi naïve ai JAK-inibitori. Queste le conclusioni di un’analisi a lungo termine dei dati dello studio di fase 3 MANIFEST-2, presentata a San Diego (Usa) al 66° congresso annuale dell’American Society of Hematology (ASH).

Nello specifico, dall’analisi è emerso che, con un follow-up mediano di 72 settimane, il tasso di riduzione del volume della milza del 35% (SVR35) a 24 settimane, che era l’obiettivo primario del trial, è stato mantenuto, con un tasso di SVR35 a 48 settimane del 57% nel braccio trattato con pelabresib e ruxolitinib contro 37,5% nel braccio di controllo, assegnato al trattamento con ruxolitinib più il placebo.

La percentuale di pazienti con una riduzione del punteggio totale dei sintomi di almeno il 50% (TSS50) alla settimana 48 è risultata rispettivamente del 45,3% contro 39,4%. Inoltre, un numero inferiore di pazienti ha avuto bisogno di trasfusioni di globuli rossi nel braccio sperimentale, mentre un miglioramento della fibrosi del midollo osseo di almeno 1 grado è stato riportato nel 41% dei pazienti del braccio trattato con pelabresib rispetto al 15% dei controlli.

«I risultati alla settimana 48 hanno mostrato una risposta SVR35 profonda e sostenuta, con dati sui biomarcatori che suggeriscono un beneficio aggiuntivo della combinazione di pelabresib e ruxolitinib rispetto al solo ruxolitinib», ha affermato John O. Mascarenhas, direttore del Tisch Cancer Institute (New York, Usa), nel corso della sua presentazione.

Pelabresib
I JAK-inibitori rappresentano l’attuale standard di cura per i pazienti con mielofibrosi a rischio intermedio e alto. Tuttavia, esiste un bisogno ancora non soddisfatto di migliorare la profondità e la durata delle risposte alla terapia, così come la sua tollerabilità.

Pelabresib è un inibitore orale selettivo sperimentale del bromododominio e del dominio extra-terminale (BET), capace di ridurre l’espressione genica mediata da BET associata alla mielofibrosi.

Lo studio MANIFEST-2
MANIFEST-2 (NCT04603495) è uno studio multicentrico internazionale, randomizzato, in doppio cieco, che ha coinvolto 430 pazienti assegnati al trattamento con ruxolitinib due volte al giorno più pelabresib oppure un placebo una volta al giorno per 14 giorni consecutivi, in cicli di 21 giorni.

Al congresso ASH del 2023, Mascarenhas e i colleghi avevano riferito che l’endpoint primario dello studio, cioè l’SVR35 a 24 settimane, era stato raggiunto. Gli endpoint secondari chiave includevano la variazione assoluta del punteggio totale dei sintomi (TSS) e il tasso di TSS50 alla settimana 24. Altri endpoint erano l’SVR35 alla settimana 48, la risposta dell’emoglobina, la fibrosi midollare e la sicurezza.

I pazienti reclutati nello studio dovevano essere affetti da mielofibrosi a rischio intermedio-1 o superiore secondo il Dynamic International Prognostic Scoring System (DIPSS) e avere una conta piastrinica di almeno 100.000/μl, un volume della milza di almeno 450 cm³, un TSS pari o superiore a 10 (e almeno pari a 3 per due sintomi) e un performance status ECOG pari o inferiore a 2. I due bracci dello studio erano bilanciati per età e categoria di rischio secondo il DIPSS.

Alla data di cut-off del 29 marzo 2024, 126 pazienti su 214 (58,9%) trattati con la combinazione e 134 su 216 (62%) trattati con ruxolitinib più placebo risultavano ancora in trattamento in doppio cieco.

Minore perdita della risposta splenica con pelabresib
Nel braccio sperimentale, oltre al maggior numero di pazienti che hanno mostrato una risposta SVR35 alla settimana 48, Mascarenhas e i colleghi hanno osservato che solo il 13,1% dei pazienti ha avuto una perdita della risposta SVR35, a fronte del 20% nel braccio di controllo.

La riduzione media del volume splenico è risultata pari a -54,5% con la combinazione rispetto a -33,5% con il solo ruxolitinib, e rispettivamente l’82,2% dei pazienti contro 57,9% ha mostrato una risposta al trattamento in qualsiasi momento.

Riduzione dei sintomi
La variazione assoluta del TSS rispetto al valore iniziale è risultata pari a -15,99 per pelabresib più ruxolitinib contro -14,05 per ruxolitinib più il placebo alla settimana 24, e pari a -16,24 contro -14,11, rispettivamente, alla settimana 48.

I punteggi dei domini individuali del TSS sono risultati simili tra i due gruppi e paragonabili alle norme nazionali per le persone senza mielofibrosi, secondo gli autori. Inoltre, un’analisi del Myelofibrosis Symptom Assessment Form, esclusa la fatigue, ha mostrato una variazione media dai valori iniziali di -16,19 con pelabresib più ruxolitinib contro -13,86 con ruxolitinib più il placebo.
A tal riguardo, Mascarenhas ha affermato che «Il beneficio aggiuntivo nei sintomi grazie a pelabresib potrebbe essere difficile da rilevare a causa di un “effetto tetto” nel TSS, specialmente nel dominio della fatigue».

I pazienti che hanno mostrato sia una SVR35 sia un TSS50 sono stati 77 (36%) nel braccio trattato con la combinazione con pelabresib hanno contro 41 (19%) nel braccio placebo.

Minore necessità di trasfusioni e miglioramento della fibrosi del midollo osseo con pelabresib
Una risposta dell’emoglobina, definita come un aumento medio pari o superiore a 1,5 g/dl rispetto al valore iniziale in assenza di trasfusioni nelle ultime 12 settimane, è stata osservata in una proporzione numericamente maggiore di pazienti nel braccio trattato con pelabresib – 13,1% contro 7,9% – e i livelli di emoglobina sono aumentati e si sono avvicinati ai valori iniziali nei pazienti con anemia.

Inoltre, nel braccio trattato con la combinazione il 27,6% dei pazienti ha avuto bisogno di ricorrere a trasfusioni nelle prime 24 settimane e il 21,8% nelle successive 24 settimane, rispetto al 38,6% e 33,2%, rispettivamente, nel gruppo di controllo.

Alla settimana 48, la fibrosi del midollo osseo è migliorata nel 41%, è rimasta invariata nel 45% ed è peggiorata nel 14% dei pazienti trattati con pelabresib più ruxolitinib, mentre nel gruppo di controllo le percentuali corrispondenti sono risultate rispettivamente del 15%, 54,2% e nel 30,8%.

Il miglioramento della fibrosi del midollo osseo di almeno 1 grado alla settimana 24 è stato del 38,3% contro il 25,3% nei rispettivi gruppi, evidenziando che la differenza si è ampliata alla settimana 48.

Riduzione delle citochine proinfiammatorie e del carico mutazionale
Un’analisi descrittiva di un endpoint esplorativo ha mostrato una riduzione numericamente maggiore delle citochine proinfiammatorie rilevanti per la malattia alla settimana 48 nel gruppo trattato pelabresib più ruxolitinib. I livelli di citochine proinfiammatorie sono risultati più bassi in coloro che avevano raggiunto una SVR35, indipendentemente dal trattamento ricevuto.

Un altro endpoint esplorativo era rappresentato dalla variazione del carico mutazionale nei campioni di sangue periferico, rilevata tramite sequenziamento di nuova generazione. Alla settimana 48, è stata documentata una riduzione maggiore del carico mutazionale nel braccio pelabresib più ruxolitinib, con una riduzione del 50% della carica allelica nel 15% dei pazienti, a fronte del 9% nel braccio ruxolitinib più placebo.

La variazione media rispetto al valore iniziale è risultata pari rispettivamente a -24,1% contro -16,3% ed è stata dimostrata l’esistenza di una correlazione tra la SVR35 e la riduzione del carico mutazionale.

Risultati di safety
Sono stati riportati eventi avversi emergenti dal trattamento di grado 3 o superiore nel 57,1% dei pazienti del gruppo pelabresib più ruxolitinib rispetto al 62,1% del gruppo ruxolitinib più placebo. L’anemia di grado 3 o superiore è stata segnalata nel 25,9% e nel 38,3% dei casi, rispettivamente, mentre la trombocitopenia di grado 3 o superiore è stata riportata nel 15,1% e nel 6,1% dei pazienti dei due gruppi, rispettivamente.

Fra gli eventi avversi emergenti dal trattamento non ematologici più comuni vi sono stati diarrea, costipazione, disgeusia, tosse e nausea.
Si sono verificati decessi in 20 pazienti su 214 (9,3%) nel braccio sperimentale e in 18 su 216 (8,3%) nel braccio di controllo.

Progressione verso la leucemia e mutazioni
La progressione verso la trasformazione leucemica è stata riportata nel 6,1% dei pazienti del gruppo pelabresib rispetto al 4,2% dei pazienti del gruppo placebo (dati al 30 agosto 2024).
Nuove mutazioni acquisite sono state rilevate nel 26% e 22% dei casi, rispettivamente, e mutazioni associate a un rischio molecolare elevato (HMR) sono state osservate rispettivamente nel 4% e 2% dei casi.

A questo riguardo, i ricercatori hanno ipotizzato che le percentuali simili di pazienti con mutazioni nei due bracci suggerirebbe che pelabresib non abbia un effetto mutagenico aggiuntivo quando combinato con ruxolitinib.

Implicazioni dello studio e prospettive future
Gli autori intendono presentare dati dello studio MANIFEST-2 con un follow-up più lungo in occasione dei prossimi appuntamenti congressuali.
«I tassi di avversi emergenti dal trattamento di grado pari o superiore 3 sono risultati simili in entrambi i gruppi, e la trasformazione leucemica continua a essere monitorata da vicino», ha concluso Mascarenhas.

Bibliografia
J.O. Mascarenhas, et al. Updated Results from the Phase 3 Manifest-2 Study of Pelabresib in Combination with Ruxolitinib for Janus Kinase Inhibitor-Naïve Patients with Myelofibrosis. ASH 2024; abstract 3178. leggi