Il chemioterapico CPX-351 risulta altamente efficace in termini di risposta anche nei pazienti con leucemia mieloide acuta con mutazioni genetiche correlate alla sindrome mielodisplastica
Il trattamento con il chemioterapico CPX-351 risulta altamente efficace in termini di risposta anche nei pazienti con ‘leucemia mieloide acuta con mutazioni genetiche correlate alla sindrome mielodisplastica’ (MDS), una nuova entità ad alto rischio riconosciuta nella classificazione ICC/ELN del 2022, dando l’opportunità di andare al trapianto allogenico in remissione completa nella maggior parte dei casi. Lo evidenzia una nuova analisi di un ampio studio multicentrico italiano di real life, presentata al 66° congresso dell’American Society of Hematology (ASH) a San Diego.
Inoltre, l’analisi rivela che la presenza di mutazioni specifiche come mutazioni del gene ASXL1 ha un forte impatto prognostico negativo, aprendo nuove possibilità per stratificare ulteriormente questo sottogruppo di pazienti con leucemia mieloide acuta ad alto rischio.
Questo studio, basato su uno dei più grandi database disponibili, evidenzia anche il potenziale dell’analisi di aumento sintetico nel facilitare la ricerca avanzata.
CPX-351
CPX-351 è una formulazione liposomiale di daunorubicina e citosina arabinoside approvata per il trattamento dei pazienti affetti da leucemia mieloide acuta derivata dalla trasformazione di una precedente sindrome mielodisplastica (s-AML) o secondaria a una precedente chemioterapia o radioterapia (t-AML), forme entrambe caratterizzate da una prognosi infausta e per le quali l’unica opzione curativa è rappresentata dal trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche. Dal 2019 CPX-351 è disponibile anche in Italia per queste indicazioni ed è generalmente considerato la terapia di scelta per i pazienti fit affetti da t-AML o s-AML.
Nello studio registrativo di fase 3 301, CPX-351 ha dimostrato di essere superiore come trattamento di induzione al regime chemioterapico convenzionale 3+7 in termini di tasso di risposta completa e di sopravvivenza in pazienti con s-AML o t-AML di 60 anni o più.
Uno studio recente (il trial UK NCRI AML19), tuttavia, ha suggerito che nei pazienti di età inferiore ai 60 anni CPX-351 non migliori i risultati rispetto al regime chemioterapico FLAG-IDA. Nello specifico, in questo studio, i tassi di risposta complessiva sono risultati del 64% con CPX-351 e 76% con FLAG-IDA, mentre non si sono osservate differenze in termini di sopravvivenza globale (OS) (13,3 mesi contro 11,4 mesi).
La leucemia mieloide acuta con mutazioni genetiche correlate alla MDS
In un’analisi di sottogruppo esplorativa, però, è stato osservato un miglioramento significativo della mediana di OS con CPX-351, rispetto a FLAG-IDA, nei pazienti con mutazioni genetiche correlate alla MDS (38,4 mesi contro 16,3 mesi).
La leucemia mieloide acuta con mutazioni genetiche correlate alla MDS e una nuova entità ad alto rischio introdotta nella classificazione ICC/ELN 2022 e caratterizzata dalla presenza di almeno una mutazione nei geni SRSF2, ASXL1, BCOR, EZH2, STAG2, SF3B1, U2AF1, ZRSR2 e RUNX1, in assenza di mutazioni di TP53, e con o senza anomalie citogenetiche.
Attualmente, CPX-351 non è specificamente indicato in questa forma di leucemia mieloide acuta.
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Studio multicentrico italiano
Pertanto, i ricercatori italiani, coordinati da Gaetano Cimino, della Divisione di Ematologia e Immunologia Clinica dell’Ospedale S. Maria della Misericordia di Perugia, hanno condotto una studio retrospettivo multicentrico su 109 pazienti di un’ampia coorte di pazienti con leucemia mieloide acuta trattati con CPX-351 presso 16 centri di ematologia italiani dal momento dell’approvazione del farmaco e la sua entrata in commercio, concentrandosi sulla nuova entità ‘leucemia mieloide acuta con mutazioni genetiche correlate alla MDS’, come definita dalla classificazione ICC 2022.
L’endpoint primario era il tasso di risposta obiettiva (ORR) dopo l’induzione con uno o due cicli di CPX-351 e il tasso di trapianto allogenico, mentre l’endpoint secondario chiave era valutare l’impatto di specifiche mutazioni genetiche correlate alla MDS sull’ORR. Altri endpoint secondari comprendevano l’OS tra i pazienti con leucemia mieloide acuta con mutazioni genetiche correlate alla MDS e quelli con leucemia mieloide acuta con anomalie citogenetiche correlate alla MDS.
Inoltre, per migliorare la potenza statistica per l’ analisi di sottogruppi specifici, gli autori hanno generato dati sintetici dal loro set di dati utilizzando il pacchetto Synthpop, espandendo la coorte del 300% per ottenere 327 pazienti.
Risultati
Dal loro database gli autori hanno selezionato 109 pazienti per i quali erano disponibili i dati relativi alle mutazioni genetiche correlate a MDS, trattati tra il settembre 2019 e il giugno 2024 (età mediana: 65 anni; range: 19-80).
Complessivamente, 75 pazienti (52%) soddisfacevano i criteri per essere classificati come aventi una leucemia mieloide acuta con mutazioni genetiche correlate alla MDS; inoltre 30 su 70 (43%) per i quali erano disponibili i dati relativi al cariotipo mostravano anomalie citogenetiche correlate alla MDS. Un gruppo di 35 pazienti classificati come aventi una leucemia mieloide acuta con anomalie citogenetiche correlate alla MDS (senza mutazioni di TP53 e senza mutazioni genetiche correlate alla MDS, secondo la classificazione ICC 2022) è stato utilizzato come gruppo di confronto.
Tasso di risposte elevato nei pazienti con mutazioni genetiche correlate alla MDS
Nei pazienti con mutazioni genetiche correlate alla MDS gli autori hanno osservato un ORR più elevato rispetto a quelli con anomalie citogenetiche correlate alla MDS: 74%(52 pazienti su 70) contro 56%(18 pazienti su 32) (P = 0,0685).
Sorprendentemente, questi risultati sono stati osservati anche nel nostro set di dati sintetici appena generato (79% contro 54%) (P <0,0001). La OS mediana è stata di 1031 gg e 349 gg tra i due gruppi (p 0,0003).
Nei pazienti con mutazioni genetiche correlate alla MDS, l’analisi dei sottogruppi basata sulle anomalie citogenetiche ha mostrato un ORR inferiore per i pazienti con un cariotipo avverso (56%) rispetto a quelli con cariotipo intermedio (86%) e quelli con cariotipo normale (73%).
Cimino e i colleghi hanno quindi valutato la percentuale di pazienti che hanno potuto andare al trapianto in queste categorie di rischio avverso. Tra i pazienti che hanno ottenuto una risposta obbiettiva (definita come una risposta completa o una risposta completa con recupero ematologico incompleto, CR/CRi), 31 su 48 pazienti valutabili (65%) sono stati sottoposti al trapianto autologo rispetto a 10 su 17 (59%) nel gruppo con anomalie citogenetiche correlate alla MDS (P = 0,51).
Mutazioni di ASXL1 predittive di outcome peggiore
È interessante notare, scrivono gli autori, che focalizzandosi su specifiche mutazioni genetiche correlate alla MDS, la presenza di mutazioni di ASXL1 è risultata predittiva del peggior outcome in termini sia di ORR sia di OS.
Infatti, l’ORR è risultato del 56% nei pazienti con mutazioni correlate alla MDS, fra cui anche mutazioni di ASXL1, contro 84% nei pazienti con mutazioni correlate alla MDS, ma senza mutazioni di ASXL1 (P = 0,0091). Anche l’OS è risultata significativamente peggiore nel primo sottogruppo rispetto al secondo (P = 0,0005).
Bibliografia
G. Cimino, et al. CPX-351 Induces High Rate of Complete Remission in the New ICC/ELN 2022 Adverse-Risk Entity ‘AML with MDS-Related Gene Mutations’: Evidence from a Large Real-World Italian Study. ASH 2024; abstract 2849. leggi