Nuovo studio sulla terapia antivirale per l’HCV


Terapia antivirale per l’HCV: assenza di replicazione virale associata a esiti migliori nei pazienti con carcinoma epatocellulare

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La risposta virologica sostenuta (SVR) e quindi l’assenza di replicazione virale è associata a un esito migliore nei pazienti con epatite C sottoposti a trattamento per il carcinoma epatocellulare, suggerendo che questi pazienti possano beneficiare della terapia antivirale per l’HCV indipendentemente dalla cura dell’HCC. È quanto evidenzia uno studio tutto italiano pubblicato su Liver International.

L’infezione da virus dell’epatite C (HCV) rappresenta il fattore eziologico più comune per il carcinoma epatocellulare (HCC) nel mondo occidentale, nonostante una recente diminuzione dei casi di HCC correlati all’HCV osservata sia in Europa che negli Stati Uniti, e una ulteriore diminuzione prevista nei prossimi 10 anni.
Una delle principali ragioni di questo cambiamento epidemiologico è l’introduzione degli antivirali ad azione diretta (DAA) per il trattamento dell’HCV, che ha permesso di curare un numero senza precedenti di pazienti dall’infezione.

A livello di popolazione, la prevenzione secondaria tramite l’eradicazione dell’infezione da HCV porterebbe a un grande beneficio nel contesto degli esiti globali delle malattie epatiche, prevenendo la diffusione ulteriore dell’infezione anche targetizzando popolazioni selezionate e riducendo infine il carico complessivo delle malattie epatiche.
Nei pazienti con malattia epatica cronica, il trattamento di successo con DAA ha dimostrato di poter ridurre il tasso di sviluppo di HCC e, nonostante alcuni risultati inizialmente controversi, anche di ridurre il tasso di recidiva dopo il trattamento radicale di questo tumore. In questi pazienti, il trattamento di successo con DAA è stato anche in grado di migliorare la loro prognosi riducendo il tasso di decompensazione della malattia epatica.

Nel complesso, questi dati forniscono prove convincenti che la cura dell’infezione da HCV sia altamente benefica per i pazienti con HCC, e le linee guida attuali raccomandano l’eradicazione dell’infezione da HCV per migliorare la prognosi dei pazienti con HCC curato.

Tuttavia, le evidenze che supportano il trattamento antivirale dei pazienti con HCV e HCC trattato sono fornite solo da uno studio retrospettivo condotto negli Stati Uniti, che ha mostrato che in una serie di 797 pazienti con una risposta tumorale completa ottenuta con vari trattamenti, il trattamento di successo con DAA era associato a un significativo miglioramento della sopravvivenza globale.
Tuttavia, a nostra conoscenza, non esistono studi confermatori che dimostrino, in ampie popolazioni che includono tutti gli stadi di HCC trattati con terapie curative o non curative, comprese quelle sistemiche, che l’assenza di replicazione virale sia associata a una prognosi migliorata. Pertanto, questo studio ha l’obiettivo di valutare, in una grande popolazione di pazienti con HCC correlato all’HCV, se l’assenza di infezione attiva sia associata a un miglior esito nei pazienti sottoposti a vari trattamenti oncologici.

Lo studio ha esaminato l’esito di 3123 pazienti anti-HCV positivi con HCC, suddivisi in base alla presenza di infezione attiva da HCV o alla risposta virologica sostenuta (SVR) precedente. Sono stati effettuati anche confronti dopo abbinamento per punteggio di propensione (PSM), tenendo conto delle caratteristiche demografiche, cliniche e oncologiche.
La sopravvivenza globale mediana dopo il trattamento per HCC è risultata più lunga nei pazienti che avevano raggiunto l’SVR rispetto a quelli con infezione attiva da HCV, sia prima (n=2118: 61,0 mesi [ intervallo di confidenza al 95% (CI): 56,5-65,5] vs. n=1005: 51,0 mesi [95% CI: 43,4-58,6]; p=0,003) che dopo l’abbinamento per PSM (n=1285: 60,0 mesi [95% CI: 55,3-64,7] vs. n=926: 54,0 mesi [95% CI: 46,7-61,3]; p=0,030).
L’infezione attiva da HCV è stata associata a un rischio maggiore di mortalità ( hazard ratio: 1,22-1,27, p=0,001), indipendentemente dalle variabili relative al fegato, al tumore e alla modalità di trattamento dell’HCC.

Il decesso per insufficienza epatica è risultato più comune nei pazienti con infezione attiva da HCV (24,5% vs. 17,1%; p=0,001), mentre le cause di morte non correlate al fegato erano più comuni nei pazienti che avevano raggiunto l’SVR (25,0% vs. 17,0%; p=0,001).
Gli autori concludono: “In questo studio, abbiamo mostrato che nei pazienti con HCC correlato all’HCV, l’assenza di replicazione virale è associata a una sopravvivenza migliorata, indipendentemente dalle variabili relative al fegato, al tumore e dalla modalità di trattamento dell’HCC, nonché a un minor rischio di mortalità epatica”.

I pazienti che avevano raggiunto l’SVR avevano una funzione epatica più preservata, più accesso a resezioni epatiche e una prognosi più favorevole, mentre quelli con infezione attiva mostravano una maggiore mortalità per insufficienza epatica. Questi risultati suggeriscono che il trattamento antivirale per HCV possa essere benefico per i pazienti con HCC, indipendentemente dal trattamento del tumore.

Edoardo G Giannini et al., Absence of Viral Replication Is Associated With Improved Outcome in Anti-HCV-Positive Patients With Hepatocellular Carcinoma Liver Int. 2025 Feb;45(2):e16185.
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