Ponatinib conferma la sua efficacia e sicurezza a lungo termine nella real life come trattamento per la leucemia mieloide cronica anche nei pazienti risultati intolleranti a TKI assunti in precedenza
L’inibitore delle tirosin chinasi (TKI) di terza generazione ponatinib conferma la sua efficacia e sicurezza a lungo termine nella real life come trattamento per la leucemia mieloide cronica anche nei pazienti risultati intolleranti a TKI assunti in precedenza. La conferma arriva dai risultati di una nuova analisi dello studio osservazionale OITI, uno studio multicentrico tutto italiano, i cui risultati sono stati presentati di recente al congresso annuale dell’American Society of Hematology (EHA), a San Diego.
Nella popolazione analizzata, riferiscono gli autori, coordinati da Massimo Breccia, Professore Associato di Ematologia presso il Dipartimento di Medicina Traslazionale e di Precisione della Sapienza Università di Roma, la durata mediana del trattamento con ponatinib è stata di oltre 3 anni, il che ha consentito il raggiungimento e il mantenimento a lungo termine di una risposta molecolare ottimale (risposta molecolare maggiore, MR3, e risposta molecolare profonda, DMR) in oltre il 90% dei pazienti valutabili.
Inoltre, il tasso di risposte molecolari ottimali ha continuato ad aumentare nel tempo e gli outcome di sopravvivenza sono risultati molto buoni, con tassi di sopravvivenza libera da progressione (PFS) e di sopravvivenza globale (OS) a 3 anni quasi del 95%.
Fino al 40% dei pazienti deve cambiare TKI perché resistente o intollerante
Nella loro introduzione, Breccia e i colleghi spiegano che, sebbene la maggior parte dei pazienti con leucemia mieloide cronica abbia buoni outcome con i TKI di seconda generazione, una quota compresa fra il 30 e il 40% è costretta a cambiare il trattamento entro 5 anni a causa dell’insorgere di una resistenza o, più comunemente, di un’intolleranza al trattamento stesso.
I pazienti che manifestano intolleranza ai TKI di seconda generazione sviluppano eventi avversi correlati al trattamento che spesso portano una riduzione dell’aderenza o richiedono una riduzione del dosaggio o l’interruzione del trattamento, il che spesso si traduce in una perdita della risposta e implica un aumento del rischio di progressione della malattia.
Pochi dati sui pazienti resistenti ai TKI di seconda generazione
Ponatinib, un TKI di terza generazione disegnato per inibire sia la forma nativa sia quella mutata della proteina BCR::ABL1, ha un’efficacia consolidata nei pazienti resistenti ai TKI nelle linee successive, con oltre 10 di esperienza nella pratica clinica. In Italia, infatti, è disponibile e rimborsato dal 2015 per il trattamento di pazienti adulti con leucemia mieloide cronica in fase cronica, accelerata o blastica, resistenti o intolleranti a dasatinib o nilotinib e per i quali il successivo trattamento con imatinib non è clinicamente appropriato, oppure in pazienti nei quali è stata identificata la mutazione T315I.
Tuttavia, spiegano gli autori, nonostante la lunga esperienza clinica, ci sono ancora pochi dati nella real life sul trattamento con ponatinib in pazienti intolleranti ai TKI di seconda generazione.
Nell’analisi presentata a San Diego, Breccia e gli altri ricercatori hanno presentato i risultati di un’analisi di sottogruppo post hoc dello studio OITI nella quale hanno dunque valutato la sicurezza e l’efficacia a lungo termine di ponatinib nei pazienti intolleranti ai TKI.
Lo studio OITI
OITI è uno studio osservazionale condotto su pazienti di almeno 18 anni con una diagnosi confermata di leucemia mieloide cronica che hanno iniziato il trattamento con ponatinib nella pratica clinica presso 26 centri italiani.
La popolazione studiata comprendeva tre diverse coorti: una prospettica, una retrospettiva e una retrospettiva/prospettica.
– La coorte prospettica era formata pazienti che avevano iniziato il trattamento con ponatinib dopo l’attivazione del centro come partecipante allo studio, durante il periodo di arruolamento di 24 mesi.
– La coorte retrospettiva conteneva pazienti che avevano iniziato il trattamento con ponatinib, ma sono deceduti o si sono persi durante il follow-up prima dell’attivazione del centro.
– Infine, la coorte retrospettiva/prospettica era costituita da pazienti che avevano iniziato il trattamento con ponatinib prima dell’attivazione del centro ed erano ancora in trattamento o in follow-up alla fine dello studio.
I dati demografici, di efficacia e di sicurezza sono stati raccolti dalle cartelle cliniche dei pazienti al momento dell’ingresso nello studio e durante le visite di routine, ogni 6 mesi.
L’endpoint primario era rappresentato dal tasso di risposta citogenetica completa (CCyR) dopo 6 mesi dall’inizio del trattamento con ponatinib. In assenza di valutazione citogenetica, è stata utilizzata la valutazione molecolare. Sono stati considerati come aventi ottenuto una risposta citogenetica completa i pazienti con una risposta molecolare (MR) pari a 2 (MR2) o più profonda.
Gli endpoint secondari principali erano il tasso di risposta molecolare maggiore (MMR, o MR3) e quello di risposta molecolare profonda (DMR; MR4 e MR4,5) valutati ogni 3 mesi, la stima degli outcome di sopravvivenza (PFS e OS) e la sicurezza.
Analisi su 36 pazienti intolleranti ai precedenti TKI
Su 110 pazienti con leucemia mieloide cronica in fase cronica arruolati, 36 erano risultati intolleranti ai precedenti TKI utilizzati (di cui 19 della coorte prospettica, 15 della coorte retrospettiva/prospettica e due della coorte retrospettiva) e sono stati inclusi nell’analisi presentata ora al congresso americano.
L’ultimo TKI assunto prima di passare al trattamento con ponatinib era dasatinib in 26 pazienti, bosutinib in cinque pazienti, nilotinib in quattro pazienti e imatinib in un paziente.
La durata mediana dell’ultimo trattamento prima del passaggio a ponatinib è risultata di 2,8 anni (range: 1-4,8) e gli eventi avversi che più comunemente avevano richiesto l’interruzione del precedente TKI sono risultati versamento pleurico (15 casi con dasatinib e uno con bosutinib), tossicità epatica (due casi con nilotinib e uno con bosutinib), tossicità ematologica (un caso con dasatinib, uno con nilotinib e uno con bosutinib) e tossicità gastrointestinale (due casi con bosutinib).
Maggior parte dei pazienti ad alto rischio e con fattori di rischio cardiovascolare
L’età mediana all’inizio del trattamento con ponatinib è risultata di 61 anni (range: 29-84).
Alla diagnosi, su 26 pazienti valutabili, sei (23%) avevano un rischio basso secondo la classificazione di Sokal, 15 (58%) un rischio intermedio e cinque (19%) un rischio elevato.
Inoltre, la maggior parte dei pazienti presentava almeno un fattore di rischio cardiovascolare, nella maggior dei casi ipertensione (72%), seguita da ipercolesterolemia (23%) e diabete di tipo 2 (6%).
Il trattamento con ponatinib
Per quanto riguarda il trattamento con ponatinib, sette pazienti sono stati con 45 mg come dose iniziale, 14 con 30 mg e 15 con 15 mg.
Quattordici pazienti (39%) sono stati trattati con ponatinib in seconda linea, 16 (44%) in terza linea e sei (17%) in quarta linea o una linea successiva.
La durata mediana del trattamento con ponatinib è stata di 3,1 anni (range: 2,6-4,7). Dei sette pazienti trattati inizialmente con 45 mg, cinque hanno richiesto una riduzione del dosaggio a 30 mg e uno la riduzione a 15 mg; dei 14 che hanno iniziato con 30 mg, uno ha potuto incrementare il dosaggio a 45 mg, sette hanno dovuto ridurlo a 15 mg e in uno è stata effettuata una variazione di dosaggio non specificata; infine, dei 15 pazienti trattati in prima battuta con il dosaggio più baso, tre hanno potuto aumentarlo a 30 mg e uno ha continuato con 15 mg, alternando però con 30 mg.
Risposte che si approfondiscono nel tempo e alti tasi di sopravvivenza
Dei 35 pazienti valutabili all’inizio del trattamento con ponatinib, 10 (29%) non avevano alcuna MR, quattro (11%) avevano una MR2, 12 (34%) una MR3 e 9 (25%) una DMR (MR4/MR4.5/MR5).
La percentuale di pazienti valutabili con risposte molecolari ottimali (MR3 e DMR), sottolineano Breccia e i colleghi, è aumentata nel tempo, passando dal 60% al baseline, al 74% a 6 mesi, all’80% a 12 mesi, al 90% a 24 mesi e al 94% a 36 mesi.
Per quanto riguarda gli outcome di sopravvivenza, con un follow-up mediano di 3,5 anni (range: 0,1-7,6) né la mediana di PFS né quella di OS erano state ancora raggiunte.
I tassi di PFS e di OS a 12 e a 24 mesi sono risultati entrambi del 97% e quelli a 36 mesi entrambi del 94%.
Profilo di sicurezza a lungo termine gestibile
Nell’analisi del gruppo italiano, il trattamento con ponatinib ha mostrato un profilo di sicurezza a lungo termine gestibile.
Complessivamente, 31 pazienti hanno manifestato almeno un evento avverso correlato a ponatinib, i più comuni dei quali sono stati ipertensione (11%), aumento della lipasi (6%), aumento dell’alanina aminotransferasi (6%) e aumento dell’aspartato aminotransferasi (6%).
Sei pazienti hanno sviluppato eventi avversi cardiovascolari, fra cui un evento di occlusione arteriosa.
Solo un caso di intolleranza crociata
Quindici pazienti hanno interrotto in via definitiva il trattamento con ponatinib, nella maggior parte dei casi (sette) a causa di eventi avversi. Altre cause di interruzione sono state la progressione della malattia o il decesso (tre casi), un altro motivo (due casi), il passaggio a un altro trattamento, una buona risposta molecolare o una decisione del medico (un caso ciascuno).
Infine, gli autori sottolineano un risultato di notevole rilevanza clinica: solo un paziente che è passato da bosutinib a ponatinib ha mostrato un’intolleranza crociata (tossicità epatica), che è stata gestita riducendo la dose di ponatinib, senza dover interrompere definitivamente il trattamento.
Bibliografia
M. Breccia, et al. Long-Term Safety and Effectiveness of Ponatinib Treatment in Patients with TKI Intolerance: Subgroup Analysis of the Observational Study of Ponatinib Treatment in Patients with CML in Italy (OITI). ASH 2024; abstract 2427. leggi