Il trapianto autologo di cellule staminali sembrerebbe non fornire un beneficio aggiuntivo di sopravvivenza nei pazienti con linfoma mantellare in prima remissione completa
Il trapianto autologo di cellule staminali sembrerebbe non fornire un beneficio aggiuntivo di sopravvivenza nei pazienti con linfoma mantellare in prima remissione completa e con malattia minima residua (MRD) non rilevabile dopo l’induzione con rituximab. Lo mostrano i risultati preliminari dello studio di fase 3 EA4151 presentati all’ultimo convegno annuale dell’American Society of Hematology (ASH) di San Diego.
Nei pazienti con MRD non rilevabile, il tasso di sopravvivenza globale (OS) a 3 anni è risultato, infatti, dell’82,1% nei pazienti sottoposti a un trapianto di consolidamento e dell’82,7% in quelli non trapiantati.
Tuttavia, è stato osservato che la sopravvivenza libera da progressione (PFS) e la OS sono migliorate nei pazienti che dopo l’induzione erano MRD-positivi e che con il trapianto hanno ottenuto una MRD non rilevabile (misurata con una sensibilità pari a 10-6) rispetto a coloro che ancora MRD-positivi dopo il trapianto stesso.
Lo studio EA4151
Il trial EA4151 dell’ECOG-ACRIN (NCT03267433) è uno studio multicentrico, randomizzato, in aperto che ha incluso 650 pazienti con linfoma mantellare di età compresa tra 18 e 70 anni.
I partecipanti potevano aver effettuato un qualsiasi regime di induzione a base di rituximab. Dopo induzione e valutazione della risposta e della MRD i partecipanti sono stati assegnati in rapporto 1:1:1:1 a quattro diversi bracci di trattamento in base ai risultati. I pazienti in remissione completa dopo l’induzione e con MRD non rilevabile sono stati assegnati in modo casuale al braccio A (257) o al braccio B (259). I pazienti con risposta parziale (e con MRD positiva o negativa) e i pazienti con una risposta completa ms MRD-positivi sono stati assegnati al braccio C (49) e quelli in remissione completa con MRD non determinata al braccio D (85).
I pazienti dei bracci A, C e D sono stati sottoposti al trapianto e poi al mantenimento con rituximab per 3 anni, mentre quelli del braccio B sono stati trattati con solo rituximab di mantenimento per 3 anni.
Caratteristiche dei pazienti ben bilanciate tra i bracci
Le caratteristiche al basale dei partecipanti erano generalmente ben bilanciate tra i bracci. Complessivamente, l’età mediana era di 60 anni, il 79% del campione era rappresentato da uomini, il 63% aveva una malattia a rischio basso o intermedio, il 73% era stato trattato con un’induzione intensiva e il 7,2% con un inibitore di BTK come parte dell’induzione. Il follow-up mediano è stato di 2,7 anni.
Alcuni pazienti dei bracci A (25,3%) e B (0,8%) hanno rifiutato il trattamento assegnato, perciò gli esiti sono stati valutati separatamente sia in tutti i pazienti randomizzati sia tra coloro che sono stati trattati come era previsto dal braccio di assegnazione.
Tassi di OS a 3 anni simili
Il tasso di OS a 3 anni è risultato dell’82,1% nel braccio A e 82,7% nel braccio B (HR 1,11; IC al 95% 0,71-1,74; P = 0,66) in tutti i pazienti randomizzati, mentre è risultato dell’86,2% nel braccio A e 84,8% nel braccio B (HR 1,00; IC al 95% 0,58-1,74; P = 0,99) nei pazienti trattati come da protocollo. Entrambi gli HR non hanno raggiunto la significatività e hanno superato il valore di futilità calcolato (HR = 0,984) e quindi «la possibilità di rilevare una differenza significativa, anche con una lettura più completa dello studio, è altamente improbabile», ha dichiarato Timothy Fenske, del Medical College of Wisconsin di Milwaukee, presentando i risultati al convegno.
I tassi di PFS a 3 anni sono risultati del 76,6% nel braccio A e 77,4% nel braccio B (HR 1,05; IC al 95% 0,71-1,56; P =0,79) in tutti i pazienti randomizzati, e rispettivamente dell’81,5% e 80,4% tra i pazienti trattati come da protocollo (HR 0,95; IC al 95% 0,59-1,54; P = 0,84).
In tutti i pazienti randomizzati, nel braccio C e nel braccio D il tasso di PFS a 3 anni è risultato rispettivamente del 76,9% e 73,4% e il tasso di OS a 3 anni rispettivamente dell’81,9% e 85,1%.
Possibile beneficio del trapianto nei pazienti MRD-positivi
Un’analisi esplorativa condotta tra i pazienti nel braccio C ha suggerito che alcuni pazienti MRD-positivi potrebbero ancora trarre beneficio dal trapianto autologo.
Nei 17 pazienti che hanno raggiunto una MRD non rilevabile dopo il trapianto i tassi di PFS e OS a 3 anni sono risultati del 100%. Tra coloro che sono rimasti MRD-positivi anche dopo il trapianto, invece, il tasso di PFS a 3 anni è risultato del 48,8% e quello di OS a 3 anni del 63,6%.
Le cause di morte sono state linfoma (4,7% nel braccio A, 3,5% nel braccio B, 2% nel braccio C e 2,4% nel braccio D), COVID-19 (rispettivamente 5,1%, 6,6%, 2% e 3,5%), altre cause (rispettivamente 3,5%, 3,1%, 6,1% e 5,8%), e cause sconosciute (rispettivamente 1,6%, 1,5%, 2% e 0%).
Necessità di conferme con un follow-up più lungo
«Nell’era dei regimi di induzione e mantenimento altamente efficaci, i pazienti con linfoma mantellare in prima remissione completa con MRD non rilevabile non hanno tratto beneficio da un trapianto autologo di consolidamento», ha dichiarato Fenske.
«I pazienti rimasti MRD-positivi dopo l’induzione potrebbero aver tratto beneficio dal trapianto autologo, in particolare quelli la cui malattia si è convertita a MRD non rilevabile dopo il trapianto. Un follow-up più lungo sarà importante per confermare questi risultati», ha concluso l’autore.
Bibliografia
T.S. Fenske, et al. Lack of benefit of autologous hematopoietic cell transplantation (auto-HCT) in mantle cell lymphoma (MCL) patients (pts) in first complete remission (CR) with undetectable minimal residual disease (uMRD): Initial report from the ECOG-ACRIN EA4151 phase 3 randomized trial. ASH 2024; abstract LBA-6. leggi