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Delitto di Garlasco: perché dopo 18 anni Andrea Sempio è di nuovo indagato

delitto di garlasco

Si riapre il caso del delitto di Garlasco: il ‘no’ al tampone, le telefonate strane, le impronte delle scarpe e l’alibi che non convince, ecco tutte le novità

La famiglia Poggi si dice “sconvolta da una ferita riaperta” dopo 18 anni. “Sconvolto e allibito”, si definisce anche Andrea Sempio, il nuovo indagato per l’omicidio di Chiara Poggi, mentre si accende la speranza per il condannato Alberto Stasi, l’allora fidanzatino della vittima che si è sempre proclamato innocente. La sua pena ormai è scontata, ma “è una questione di verità”: manda a dire attraverso i suoi legali, ed esprime la sua soddisfazione perché ora “finalmente ci saranno delle indagini su quello che abbiamo sempre sostenuto”.
Queste le prime reazioni dei diretti protagonisti della vicenda, all’indomani della notizia della riapertura del delitto di Garlasco, uno dei primi ‘processi mediatici’ di cronaca nera finiti nel tritacarne dei talk show televisivi e persino del gossip (anche Fabrizio Corona si era ‘scomodato’ per arrivare a Garlasco alla ricerca di scoop). La domanda che tutti si pongono ora è il perché di questo ripensamento degli inquirenti, dopo quasi 20 anni, su quello che è stato un assassino brutale di una ragazza, che all’epoca aveva appena 26 anni, avvenuto in una provincia italiana svuotata dall’imminente ferragosto. Il corpo di Chiara fu infatti ritrovato in una pozza di sangue il 13 agosto del 2007, nella sua stessa abitazione.

“SONO INNOCENTE”: LE DETERMINAZIONE DI STASI

Per arrivare alla condanna definitiva del “biondino dagli occhi di ghiaccio”- che all’epoca dei fatti aveva appena 24 anni- ci sono voluti 8 anni e mezzo e 5 processi nei vari gradi di giudizio con sentenze contrastanti. Nel dicembre 2016, quasi 9 anni a distanza dalla morte di Chiara, Alberto Stasi è stato condannato a 16 anni di carcere dalla Cassazione: ora di anni ne ha 42 e ne ha trascorsi quasi una decina da recluso. Un lungo periodo dove non sono mancati i tentativi di ribaltare il giudizio dei giudici, perché lui non ha mai smesso di dichiararsi innocente. Ma risultati finora non ci sono stati: lo scorso febbraio è stato bocciato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo il suo ricorso contro la condanna a 16 anni di carcere.

NEL 2025 POTREBBE USCIRE DAL CARCERE

Attualmente di giorno esce dal carcere di Bollate, dove fa ritorno la sera, per lavorare come contabile in un’azienda. Si è anche impegnato a dare alla famiglia Poggi una quota mensile del suo stipendio per un minimo di 9 mila euro l’anno. E quest’anno può richiedere l’affidamento in prova, in anticipo di tre anni, concludendo la parte conclusiva della pena fuori dalla prigione, dove diversamente dovrebbe restare fino al 2028, prima di aver assolto completamente alla condanna, con il beneficio della buona condotta. Insomma, ormai manca poco alla sua scarcerazione, ma Stasi non si accontenta, vuole affermare la sua innocenza. E oggi qualcosa sta iniziando a girare a suo favore: ecco perché il delitto di Garlasco è stato riaperto.

ANDREA SEMPIO, CHI È E PERCHÈ SI INDAGA SU DI LUI

L’amico di Marco Poggi, fratello minore di Chiara, all’epoca dell’omicidio era 19enne. La svolta dell’inchiesta lo porta nuovamente iscritto nel registro degli indagati: questa volta per omicidio in concorso con ignoti o con lo stesso Stasi. Nel 2016, a 9 anni di distanza dal delitto, il suo nome era infatti già comparso nell’inchiesta sulla morte della ragazza, ma poi il tutto era stato archiviato.
“Io e Marco ci conosciamo fin dalle medie, eravamo in classe insieme. Andavo almeno due o tre volte a settimana a casa sua a giocare. Chiara era sua sorella, ogni tanto mi è capitato di incontrarla in casa ma non ci frequentavamo assolutamente” queste alcune delle dichiarazioni date al Tg 1 da Sempio all’epoca in cui era stato indagato la prima volta e in cui raccontava anche che alle sue calcagna erano stati per diverso tempo degli investigatori privati, attivati dai legali di Stasi che da allora lo attenzionavano.
A metterlo nei guai allora era stato il Dna trovato sotto le unghie del cadavere di Chiara, una prova però ritenuta poi “inutilizzabile” dai magistrati pavesi che non avevano disposto ulteriori analisi e hanno archiviato la sua posizione. Oggi la stessa procura contesta questo esito perché ritenuto “frettoloso” e perché non è mai stato disposto un confronto tra le tracce biologiche e il suo Dna.
Oggi Sempio ha 37 anni, vive a Voghera, dove lavora come commesso in un negozio di telefonia in un centro commerciale. Su di lui, ancora una volta, il peso delle istanze dei legali di Alberto Stasi.

LE NUOVE INDAGINI

Perché i magistrati hanno ricominciato a investigare sulla morte di Chiara Poggi? A riattivare la macchina delle indagini è stata infatti una istanza dei legali di Stasi, Antonio De Renzis e Giada Bocellari, basata su una consulenza dei genetisti Ugo Ricci e del luminare tedesco Lutz Roewer e incentrata proprio sul match con il Dna di Sempio. Per questo la procura, oggi guidata da Fabio Napoleone, ha delegato i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano e richiesto una nuova consulenza per rivalutare le precedenti indagini. Con il risultato che il parere dell’epoca è stato ribaltato: le tracce di Dna rinvenute sul corpo di Chiara ora sono ritenute utilizzabili a fini giudiziari e compatibili con il Dna di Andrea Sempio. Non solo: sulla base della decisione della procura ci sarebbero altri elementi su cui però c’è il massimo riserbo.

IL “NO” DI SEMPIO AL PRELIEVO

Dopo aver ricevuto l’avviso di garanzia per l’omicidio di 18 anni fa, il nuovo indagato ha opposto il suo rifiuto ai carabinieri per il consenso al tampone biologico, come da sua facoltà. Per tutta risposta del giudice, due giorni dopo, è arrivato l’ordine coattivo e domani, giovedì 14 marzo, Sempio dovrà obbligatoriamente comparire davanti ai carabinieri per il tampone.

GLI “ALTRI ELEMENTI” CHE HANNO RIAPERTO IL CASO

Nelle ultime ore inoltre gli investigatori hanno convocato amici e frequentatori di casa Poggi per essere interrogati e per cercare di trovare i pezzi mancanti del puzzle. Alla base della riapertura del fascicolo, secondo quanto sta emergendo sulla stampa, ci sarebbero altri elementi oltre al Dna: alcune strane telefonate di Sempio a casa Poggi prima del delitto, nei giorni in cui l’amico, fratello della vittima, però era in vacanza in montagna e solo Chiara era presente. E ancora un numero di scarpe (42-42,5) che coincide con le impronte lasciate nel sangue dall’assassino. Poi un alibi contro cui i legali di Alberto Stasi hanno sempre puntato il dito. Il 18 agosto, quando Sempio venne convocato dai carabinieri, alla domanda dove fosse al momento del delitto, rispose: “Alla libreria Feltrinelli di piazza Ducale, a Vigevano“. Ma proprio quel giorno, un lunedì, il negozio era chiuso. Allora, a quindici mesi dal giorno dell’omicidio, ancora stranamente conservato, Sempio portò lo scontrino di un parcheggio in zona palazzo Ducale con la data del 13 agosto 2007, per dimostrare la validità del suo alibi. Così il gip di allora mise la parola fine all’inchiesta su Sempio per “l’inconsistenza degli sforzi profusi dalla difesa Stasi e tendente a rinvenire un diverso, alternativo, colpevole dell’uccisione di Chiara Poggi”.

Evidentemente, dopo 18 anni, questi sforzi e la nuova documentazione sui reperti biologici sono stati più convincenti.

FONTE: AGENZIA DI STAMPA DIRE (WWW.DIRE.IT)

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