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Padri e madri stressati dal lavoro: l’analisi di Me First e LabCom

Presentato il manuale tecnico-operativo per la valutazione e gestione dello stress lavoro correlato durante la pandemia con i risultati dell’indagine su oltre 300 lavoratori

Secondo l’ultima ricerca di Me First e LabCom, il 66% dei padri lavoratori soffre di burnout, il 75% non si sente realizzato, e il 74% riporta distress genitoriale

In un contesto lavorativo che continua a considerare le madri come le principali responsabili della cura familiare, i padri si trovano spesso esclusi dalla possibilità di vivere pienamente la genitorialità. Se si pensa solo al fatto che solo il 7,2% dei padri riesce a trascorrere più di 50 ore settimanali con figli, contro il 32,1% delle madri, secondo dei recenti dati, appare chiaro quanto la disparità sia un fatto su cui intervenire.

Secondo l’ultima indagine condotta da MeFirst (https://mefirstinazienda.com/) in collaborazione con LabCom, former spin-off dell’Università di Firenze, quasi il 66% dei padri lavoratori oggetto dello studio sperimenta livelli medio-alti di esaurimento emotivo e burnout ma allo stesso tempo non è soddisfatto della sua situazione professionale: oltre il 75% non si sente realizzato. Solo i 10 giorni di congedo parentale, se si è dipendenti, non sono sufficienti per rendere i lavoratori appena diventati papà appagati dalla propria condizione.

Condizione che ha radici antiche, basate su una cultura che continua a delegare il peso della genitorialità alle madri, rendendo difficile per i padri ottenere supporto e riconoscimento per il loro ruolo.

Nuovi dati sulla condizione dei padri lavoratori in Italia

Secondo le statistiche più recenti di ISTAT e dell’Osservatorio sulla Genitorialità in Azienda, solo il 20% dei padri usufruisce pienamente del congedo di paternità obbligatorio, spesso per paura di essere giudicati meno dediti al lavoro o di subire penalizzazioni di carriera. Il 78% dei padri dichiara di volere un ruolo più attivo nell’educazione dei figli, ma lo status quo sia istituzionale che legislativo lo impedisce.

Cristina Di Loreto, founder di Me First e co-autrice della ricerca, sottolinea che “il problema non è solo che i padri non riescono a trovare un equilibrio tra vita lavorativa e familiare, ma che non viene loro riconosciuto il diritto di essere presenti quanto le madri. Il nostro studio evidenzia che il peso della genitorialità continua a essere sulle spalle delle madri, il che non solo limita la libertà e la salute psicosociale delle donne e la loro presenza nel mondo del lavoro, ma impedisce anche ai padri di vivere appieno il loro ruolo. Le aziende devono prendere atto che favorire una maggiore equità nella distribuzione delle responsabilità familiari è fondamentale per il benessere di entrambi i genitori e per l’intera società.”

Supporto aziendale carente: una domanda inevasa. I padri vogliono essere più presenti, ma le aziende non li supportano

L’81,7% dei padri lavoratori coinvolti nello studio ha dichiarato di volere sostegno aziendale per il proprio ruolo genitoriale, ma solo il 31,1% ha effettivamente ricevuto tale supporto. Questo dimostra quanto sia ancora difficile per i padri ottenere strumenti concreti che li aiutino a partecipare attivamente alla vita familiare senza temere ripercussioni lavorative.

Secondo i dati del Ministero del Lavoro, solo il 28% delle aziende italiane ha attuato misure concrete per supportare la genitorialità e il 63% dei padri dichiara di non aver mai ricevuto proposte di supporto o agevolazioni per bilanciare la loro vita familiare. Questo non solo perpetua il sovraccarico delle madri, ma contribuisce anche a un clima lavorativo poco inclusivo per i padri.

Distress genitoriale e insoddisfazione: le conseguenze di un sistema che non riconosce i padri come caregiver

Oltre il 74% dei padri reclutati per la ricerca riporta livelli elevati di distress genitoriale, e solo l’11% si dichiara pienamente soddisfatto del proprio ruolo come padre. Molti di loro vorrebbero essere più coinvolti nella crescita dei figli, ma si scontrano con aspettative sociali e aziendali che continuano a privilegiare la figura materna come unica responsabile della cura.

Il fenomeno dell’assenza di un supporto concreto si riflette anche nelle scelte di carriera: secondo un’indagine dell’ADP Research Institute, il 28% dei genitori lavoratori sarebbe disposto ad accettare una riduzione dello stipendio in cambio di maggiore flessibilità negli orari e nei luoghi di lavoro. Inoltre, il 43% cercherebbe un altro impiego se fosse obbligato a tornare al lavoro full-time in presenza e questa percentuale sale al 55% tra i genitori con figli di età inferiore a un anno. Tuttavia, le madri continuano a portare il peso maggiore, con un impatto ancora più negativo sulla loro carriera.

“Lavoriamo ogni giorno con le aziende proprio per cambiare questi numeri. La genitorialità oggi viene evitata anche perché non supportata dalle istituzioni e dalle aziende. Questo non è accettabile. La genitorialità deve essere prima di tutto capita nel suo valore sociale e poi supportata al fine di lavorare sul gap di genere che riguarda in primo luogo le donne ma poi, come si evince dai dati, si rispecchia nel gender care gap anche se gli uomini oggi vorrebbero un ruolo più equo.Non lo dobbiamo fare per i singoli ma per la nostra intera società.” conclude Di Loreto.

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