Sclerosi sistemica diffusa: Car-T dirette verso l’antigene CD19 promettenti


La terapia con cellule CAR T dirette verso l’antigene CD19 sembra modificare profondamente l’attività della malattia nella sclerosi sistemica

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La terapia con cellule CAR T dirette verso l’antigene CD19 sembra modificare profondamente l’attività della malattia nella sclerosi sistemica (SSc) e previene l’ulteriore progressione della malattia fibrotica, consentendo di ridurre e interrompere tutti i trattamenti immunosoppressivi e antifibrotici. Queste le conclusioni di uno studio pubblicato su the Lancet Rheumatology, che fanno ben sperare nell’impiego delle CAR-T anche in questa patologia reumatologica, oltre al lupus, come già dimostrato in studi precedenti.

Razionale e obiettivi dello studio
Come è noto, la SSc è una malattia autoimmune fibrotica con la più alta mortalità tra le patologie reumatiche immunomediate. Le principali cause di morte e morbilità sono la fibrosi polmonare e miocardica, oltre alla crisi renale sclerodermica. Altri sintomi, come la fibrosi cutanea e le ulcere vascolari, riducono significativamente la qualità della vita e la capacità lavorativa.

I trattamenti attuali con farmaci antifibrotici e immunosoppressori rallentano la progressione della malattia, ma non sono sempre efficaci. La disregolazione del sistema immunitario adattativo è un segno distintivo della sclerosi sistemica, evidenziata dalla presenza di autoanticorpi specifici (anti-Scl-70, anti-RNA polimerasi III).

Le cellule B svolgono un ruolo centrale nell’attivazione dei fibroblasti, contribuendo alla fibrosi attraverso vari meccanismi quali: 1) l’attivazione del segnale del recettore delle cellule B, con aumento di CD19 e riduzione di CD22; 2) lo squilibrio nella popolazione delle cellule B, con espansione delle cellule B naive e riduzione delle cellule B della memoria; 3) la produzione di citochine pro-infiammatorie e pro-fibrotiche (IL-6, TGF-β), l’attivazione diretta dei fibroblasti e la produzione di autoanticorpi patogeni.

Alcuni studi suggeriscono che la deplezione delle cellule B potrebbe avere effetti antifibrotici, come dimostrato dall’impiego del farmaco rituximab (anti-CD20), che ha mostrato miglioramenti cutanei e un rallentamento del declino della funzione polmonare, sebbene senza un chiaro vantaggio rispetto alla ciclofosfamide. Inoltre, il trapianto autologo di cellule staminali migliora la sopravvivenza nei casi gravi, ma comporta tossicità significative.

Una nuova terapia promettente è rappresenta dal trattamento con cellule CAR-T dirette contro  CD19, che ha già mostrato effetti positivi in pazienti con lupus e miosite. Tuttavia, gli effetti dettagliati di questa terapia sulla SSc non erano ancora stati approfonditi fino ad ora.

Di qui il nuovo studio, che presenta la prima analisi completa dell’impatto delle CAR-T CD19 su organi e pelle nei pazienti con sclerosi sistemica.

Disegno dello studio
Sei pazienti affetti da sclerosi sistemica diffusa grave con una risposta insufficiente ad almeno due trattamenti sono stati reclutati consecutivamente presso il Dipartimento di Medicina Interna 3 dell’Ospedale Universitario di Erlangen, in Germania, per essere sottoposti ad un trattamento con cellule CAR T aventi come bersaglio CD19 (1 × 106 cellule CAR T per kg di peso corporeo).

Gli eventi sono stati predefiniti dalla progressione della malattia polmonare interstiziale, dall’insorgenza di insufficienza cardiaca congestizia, dall’insorgenza di insufficienza renale, dall’insorgenza di ipertensione arteriosa o dall’inizio di una nuova terapia immunosoppressiva o antifibrotica. Il tempo libero da eventi o l’intensificazione del trattamento dopo l’ingresso nello studio rappresentava l’outcome primario dello studio.

Tra i principali risultati secondari vi erano, invece, i cambiamenti nel punteggio Rodnan Skin Score modificato (mRSS), la diagnostica per immagini (una componente della valutazione della fibrosi polmonare), le valutazioni di laboratorio, i risultati riferiti dai pazienti e una versione modificata dell’American College of Rheumatology Composite Response Index in Systemic Sclerosis (ACR-CRISS), valutati al basale, a 3 mesi, 6 mesi, 9 mesi e 12 mesi.

Risultati principali
Tra il 20 aprile 2022 e l’8 novembre 2023, sei pazienti con sclerosi sistemica diffusa grave (età mediana 42 anni [IQR 36–53]; quattro uomini e due donne; tutti di etnia Caucasica) sono stati reclutati nello studio e sono stati sottoposti a trattamento con cellule CAR T dirette contro CD19. Il tempo di follow-up mediano è stato di 487 giorni (IQR: 342–585). Non si sono verificati eventi durante il periodo di osservazione.

Dall’analisi dei dati è emerso che la probabilità di miglioramento del punteggio ACR-CRISS era  aumentata fino a una mediana del 100% (IQR: 100–100) a 6 mesi.
Il punteggio mRSS mediano è diminuito del 31% (IQR: 29–38), corrispondente ad una riduzione mediana di 8 punti (IQR: 7–13) entro 100 giorni.

L’estensione della malattia alla TC è diminuita di una mediana del 4% (IQR: 3–4) grazie alla riduzione delle opacità “a vetro smerigliato”, mentre il pattern reticolare è rimasto stabile.
Infine, la FVC è migliorata di una mediana di 195 mL (IQR: 18–275) in corrispondenza con l’ultimo timepoint previsto nello studio.

Implicazioni dello studio
In conclusione, lo studio, a conoscenza degli autori, rappresenta la prima prova che la terapia con cellule CAR T dirette contro CD19 potrebbe intercettare la progressione delle manifestazioni fibrotiche degli organi nei pazienti con SSc, suffragando l’esistenza di un ruolo delle cellule B nella patogenesi della sclerosi sistemica. La sclerosi sistemica si basa sulla vasculopatia e sulla disregolazione delle cellule immunitarie, che innescano l’attivazione dei fibroblasti.

Il trattamento con cellule CAR T anti-CD19 sembra essere un potente strumento per inibire l’attivazione dei fibroblasti guidata dal sistema immunitario, in quanto elimina le cellule B dallo stato iniziale di pro-cellula B fino ai plasmablasti produttori di anticorpi. I nuovi linfociti B emergenti dopo il trattamento con cellule CAR T dirette contro CD19 sono principalmente linfociti B naive.

Questi risultati supportano il concetto che il ripristino dell’omeostasi immunitaria potrebbe influenzare il decorso della malattia nella sclerosi sistemica. Tuttavia, sarà necessario un follow-up a lungo termine per chiarire la sostenibilità del trattamento con cellule CAR T anti- CD19 nei pazienti con SSc, per escludere fattori patogenetici intrinseci che potrebbero contribuire all’attivazione dei fibroblasti indipendentemente dall’autoimmunità.

Bibliografia
Auth J et al. CD19-targeting CAR T-cell therapy in patients with diffuse systemic sclerosis: a case series. Lancet Rheumatol. 2025 Feb;7(2):e83-e93. doi: 10.1016/S2665-9913(24)00282-0. Epub 2024 Nov 11. PMID: 39542003.
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