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Mieloma multiplo: AIFA dà il via libera a melflufen


Mieloma multiplo: arriva il via libera Aifa a melflufen, farmaco di nuova concezione per i pazienti con malattia avanzata

ravelizumab prep Infezioni resistenti aifa medicinali

C’è una nuova arma terapeutica per i pazienti italiani con mieloma multiplo in fase avanzata. L’Aifa, infatti, ha autorizzato di recente (con Determina n. 17/2025 – 25A00336 pubblicata sulla GU Serie Generale n.20 del 25-01-2025) la rimborsabilità di un nuovo farmaco, melflufen (melfalan flufenamide), che si potrà utilizzare, in associazione con desametasone, per il trattamento in pazienti adulti con mieloma multiplo già sottoposti ad almeno tre linee di terapia precedenti, la cui malattia sia refrattaria ad almeno un inibitore del proteasoma, un agente immunomodulante e un anticorpo monoclonale anti-CD38, e che siano andati incontro a una progressione della malattia dopo l’ultima terapia. Per i pazienti sottoposti in precedenza a un trapianto autologo di cellule staminali, il tempo intercorso fino alla progressione deve essere non inferiore a 3 anni dal trapianto.

Sviluppato da Oncopeptides AB, biotech specializzata nella ricerca e sviluppo di terapie per malattie oncoematologiche, il farmaco sarà commercializzato con il marchio Pepaxti®.

«L’approvazione di melflufen nel panorama terapeutico italiano va a arricchire quella fascia di trattamento di pazienti con mieloma multiplo ricaduto/refrattario dalla quarta linea di terapia in avanti», ha dichiarato Elena Zamagni, Professore Associato di Ematologia dell’Istituto di Ematologia ‘L. e A. Seràgnoli’ dell’IRCCS AOU S. Orsola-Malpighi di Bologna. «In questo contesto, il panorama è affollato e ci sono anche altre possibilità, in primis le immunoterapie, ma avere a disposizione un farmaco con un meccanismo d’azione diverso (come melflufen, ndr), basato su una chemioterapia rinnovata e più moderna, può coprire i bisogni di quei pazienti che hanno caratteristiche particolari di malattia, come per esempio la malattia para- o extramidollare, e soprattutto può riempire quel gap terapeutico attualmente presente per i pazienti che necessitano di traghettare da un’immunoterapia a un’altra, per quelli già trattati con le immunoterapie, oppure per i pazienti fragili che non hanno accesso a questi trattamenti. Lo scenario di terapia, quindi, è molto complesso, i bisogni dei pazienti sono altrettanto diversi, e questa nuova opportunità arricchisce sicuramente il panorama terapeutico».

Melflufen e il suo meccanismo d’azione
Melflufen è costituito da un peptide coniugato con un farmaco ad azione alchilante ed è il capostipite di questa nuova classe, quella dei coniugati peptide-farmaco. In particolare, è un estere etilico di un dipeptide lipofilo formato dal chemioterapico melfalan coniugato con il peptide para-fluoro-L-fenilalanina.

Grazie alla sua struttura lipofila, melflufen attraversa la membrana cellulare ed entra rapidamente nelle cellule per diffusione passiva, senza l’intervento di proteine di trasporto. Una volta nel citoplasma, il farmaco viene quasi immediatamente idrolizzato dalle esterasi e aminopeptidasi sovraespresse nelle cellule tumorali, dando origine a molecole alchilanti più idrofile come melfalan e desetil-melflufen. La rapida idrolisi di melflufen, inoltre, crea un gradiente di concentrazione che determina un ulteriore ingresso di farmaco nella cellula, determinando un picco intracellulare degli agenti alchilanti. L’attività antitumorale di melflufen è, quindi, meno dipendente dal tempo di esposizione e dall’emivita rispetto a melfalan.

I metaboliti alchilanti di melflufen causano un danno mitocondriale e nucleare irreversibile determinando un cross-linking dei filamenti di DNA e inducendo, così, l’apoptosi.

Vari studi, inoltre, hanno dimostrato che melflufen è più potente di melfalan e può superare la resistenza agli alchilanti convenzionali come melfalan e anche ai nuovi agenti. Da qui il razionale per la sua valutazione clinica per migliorare gli outcome per i pazienti con mieloma multiplo

Gli studi HORIZON e OCEAN
L’approvazione di melflufen da parte dell’Aifa (e prima dell’Ema) si è basata sui risultati positivi dello studio HORIZON ed è stata poi supportata dai risultati dello studio confirmatorio OCEAN.

HORIZON è uno studio di fase 2 a braccio singolo, in aperto, nel quale si sono valutate efficacia e scurezza di melflufen più desametasone in 157 pazienti adulti con mieloma multiplo refrattario alla pomalidomide e a un anticorpo monoclonale anti-CD38, già trattati con almeno due linee di terapia comprendenti un immunomodulante e un inibitore del proteasoma.

Lo studio di conferma OCEAN è, invece, un trial di fase 3 randomizzato, in aperto, di confronto testa a testa fra melflufen e pomalidomide, entrambi in combinazione con desametasone e somministrati fino a progressione o alla comparsa di una tossicità inaccettabile. Il trial ha coinvolto 495 pazienti adulti con mieloma multiplo già trattati con da due a quattro linee di terapia comprendenti lenalidomide e un inibitore del proteasoma, e refrattari alla lenalidomide e all’ultima linea di terapia.

Efficacia clinica significativa
Nello studio HORIZON, il trattamento con melflufen più desametasone ha mostrato un’efficacia clinicamente significativa nella popolazione trattata.

Infatti, il tasso di risposta obiettiva (ORR, endpoint primario dello studio) è risultato del 33,8% (IC al 95% 26,4-41,7) con una durata della risposta (DOR) pari a 6,7 mesi (IC al 95% 4,4-8,1). Inoltre, la mediana della sopravvivenza libera da progressione (PFS) è risultata di 4,3 mesi (IC al 95% 3,4-4,9), mentre la mediana della sopravvivenza globale (OS) di 11,8 mesi (IC al 95% 9,5-14,6).

L’efficacia di melflufen, combinato con desametasone, è stata poi confermata nello studio OCEAN, nel quale melflufen ha mostrato di migliorare in modo significativo la PFS rispetto a pomalidomide, con una tendenza a un miglioramento anche dell’OS.

In questo trial, infatti, nella popolazione target (pazienti non sottoposti al trapianto o andati in progressione non prima di 3 anni dal trapianto) la mediana della PFS è risultata di 9,3 mesi nel braccio trattato con melflufen contro 4,6 mesi in quello trattato con pomalidomide (HR 0,58; IC al 95% 0,44-0,76; P = 0,0001), mentre la mediana dell’OS è risultata rispettivamente di 23,6 mesi contro 19,8 mesi (HR 0,83; IC al 95% 0,62-1,12; P = 0,22).

Inoltre, l’ORR è risultato rispettivamente del 42% (con un 5% di risposte complete) contro 26% (con un 1% di risposte complete).

Profilo di sicurezza gestibile e qualità della vita mantenuta
Il profilo di sicurezza di melflufen (più desametasone) è risultato coerente nei vari studi effettuati e gestibile.

In un’analisi dei dati aggregati di quattro studi clinici (O12M1, HORIZON, OCEAN e BRIDGE), su un totale di 287 pazienti della popolazione target trattati con melflufen, gli eventi avversi più frequenti sono risultati quelli ematologici. In particolare, il 68% dei pazienti ha sviluppato trombocitopenia di grado 3/4, il 67% neutropenia di grado 3/4 e il 39% anemia di grado 3/4. Inoltre, il 20% dei pazienti ha sviluppato infezioni di grado 3/4 e il 9% polmonite di grado 3/4.

I pazienti che hanno avuto necessità di procrastinare la somministrazione, ridurre il dosaggio o interrompere definitivamente il trattamento a causa di eventi avversi sono risultati rispettivamente il 63%, 36% e 23%.

In questa analisi, inoltre, è stato dimostrato che durante il trattamento con melflufen e desametasone la qualità di vita correlata alla salute viene mantenuta nel tempo.

Meflufen nella pratica clinica
Dal punto di vista del management clinico, l’inizio del trattamento con melflufen richiede che il paziente presenti una buona riserva midollare, con neutrofili >1000/μl e piastrine >50.000/μl.

Melflufen viene somministrato mediante un’infusione endovenosa di 30 minuti alla dose di 40 mg nei pazienti con un peso corporeo ≥60 kg e 30 mg in quelli con peso <60 kg. Il farmaco si somministra una volta al mese, il giorno 1 di cicli da 28 giorni, in combinazione con desametasone (40 mg/settimana oppure 20 mg nei pazienti al di sopra dei 75 anni). Per garantire la stabilità chimica e microbiologica del prodotto, la somministrazione deve avvenire entro un’ora dalla ricostituzione. In caso di necessità, è possibile ritardare la somministrazione per un massimo di 6 ore ponendo la soluzione diluita in frigorifero a temperature dai 2° agli 8° entro 30 minuti dalla ricostituzione iniziale.

La somministrazione può avvenire tramite catetere venoso sia centrale che periferico e lo studio di fase 2 PORT ha confermato sicurezza e bioequivalenza delle due modalità, senza un aumento del rischio di eventi avversi locali con il catetere venoso periferico.

Da segnalare, inoltre, che non è richiesto un aggiustamento della dose per i pazienti anziani né per quelli con insufficienza epatica lieve o moderata. Nei pazienti con insufficienza renale moderata (clearance della creatinina 30-45 ml/min), invece, la dose va ridotta a 30 mg, mentre non vi sono dati sufficienti per raccomandazioni sotto i 30 ml/min. Uno studio di fase 2, infatti, ha dimostrato un aumento dell’esposizione sistemica al melfalan nei pazienti con ridotta funzione renale, senza però evidenziare un incremento significativo degli eventi avversi rispetto agli studi precedenti.