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Concizumab riduce sanguinamenti nei pazienti con emofilia

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Emofilia: con l’anti-TFPI concizumab riduzione marcata dei sanguinamenti anche nei casi con articolazioni target

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Biochemistry blood tests

Nei pazienti con emofilia A o B con inibitori, un trattamento di profilassi con l’anti-TFPI concizumab è in grado di ridurre drasticamente la frequenza dei sanguinamenti rispetto  trattamento al bisogno e il beneficio del farmaco si ottiene indipendentemente dalla presenza o meno al basale di articolazioni bersaglio (target), cioè di articolazioni interessate da sanguinamenti ricorrenti. Lo evidenziano i risultati di un’analisi dello studio registrativo Explorer7, presentata di recente al 18° congresso annuale della European Association for Haemophilia and Allied Disorders (EAHAD), a Milano.

Dopo 32 settimane di trattamento, infatti, nei pazienti trattati con concizumab il tasso di sanguinamento annualizzato (ABR) è risultato 10 volte più basso, e inferiore a 1, nel sottogruppo senza articolazioni target al basale e oltre sei volte più basso, e inferiore a 2, in quello con articolazioni target al basale, rispetto al trattamento a domanda. Inoltre, si è visto che il beneficio di concizumab si mantiene nel tempo, in quanto nei pazienti trattati con l’anticorpo si sono osservati bassi tassi di sanguinamento anche alla valutazione delle 56 settimane.

Concizumab e il suo meccanismo d’azione
Concizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato IgG4 e appartiene a una nuova classe di farmaci in sviluppo per il trattamento dell’emofilia A e B, quella degli inibitori della via del fattore tissutale (TFPI), una proteina che inibisce la fase iniziale della coagulazione fisiologica. Il farmaco è studiato per offrire un trattamento di profilassi sottocutaneo da somministrare una volta al giorno alle persone con emofilia A o B con inibitori (gli anticorpi che si sviluppano contro i fattori della coagulazione forniti con la terapia sostitutiva).

Concizumab non è una terapia sostituiva; agisce, invece, ripristinando in ultima analisi la produzione di trombina, che risulta compromessa in varia misura nei soggetti emofilici, abolendo l’effetto inibitorio del TFPI sull’avvio della coagulazione. Bloccando il TFPI, concizumab induce la produzione di trombina, che aiuta il sangue a coagulare, e previene i sanguinamenti.

«Concizumab ha un’azione peculiare che interviene nelle prime fasi del processo coagulativo, cioè laddove viene generato il fattore tissutale, che viene modulato nella sua attività dall’inibitore del fattore tissutale. Intervenendo sull’inibitore della via del fattore tissutale, concizumab ribilancia il processo coagulativo, garantendo ai pazienti con emofilia – che hanno un deficit coagulativo – la possibilità di tornare a uno stato procoagulante più simile a quello dei soggetti normali», ha spiegato ai microfoni di PharmaStar Giancarlo Castaman, direttore della Sod Malattie Emorragiche e della Coagulazione dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi di Firenze.

I punti di forza di concizumab
È importante notare che il farmaco agisce indipendentemente dal Fattore VIII (FVIII) e dal Fattore IX (FIX), e a monte di questi fattori, potenziando la fase iniziale della coagulazione attraverso l’aumento dell’attività del Fattore Xa (FXa) e consentendo così una produzione di trombina sufficiente a prevenire i sanguinamenti.

Inoltre, grazie al suo meccanismo d’azione, concizumab non induce o favorisce lo sviluppo degli inibitori del FVIII o del FIX, che rappresenta, invece, un grosso rischio della terapia (FVIII nell’emofilia A e FIX nell’emofilia B).
Un ulteriore vantaggio di concizumab è la sua somministrazione per via sottocutanea.

Già approvato da Fda ed Ema
Nel dicembre 2024 concizumab è stato approvato sia dalla Food and drug administration sia dalla European medicines agency per il trattamento di adulti e adolescenti di almeno 12 anni con emofilia A o B con inibitori. Il farmaco ha avuto il via libera anche in Australia, in Svizzera e in Giappone, ma non ancora in Italia. In tutti i Paesi in cui è stato autorizzato, l’anticorpo è indicato per la profilassi di routine per prevenire gli episodi di sanguinamento o ridurne la frequenza.

«Per la prima volta per i pazienti con emofilia B e inibitori è disponibile un farmaco efficace e sicuro e che può essere usato come profilassi, quindi non come terapia degli eventi emorragici, ma come prevenzione», ha affermato Castaman.

Questa approvazione è particolarmente importante per i pazienti con emofilia B e inibitori, per i quali, fino all’arrivo di concizumab, non vi era nessuna terapia profilattica autorizzata, a differenza di quanto accade per i pazienti con emofilia A, che hanno ora a disposizione l’anticorpo bispecifico emicizumab, diretto contro il fattore IXa e il fattore X, per la profilassi di routine degli episodi emorragici.

L’approvazione di concizumab come trattamento per i pazienti con emofilia A o B con inibitori si è basata proprio sui risultati positivi dello studio Explorer7 (NCT04083781), pubblicati nel 2023 sul New England Journal of Medicine.

Lo studio Explorer7
Explorer7 è uno studio multicentrico internazionale di fase 3a, randomizzato, in aperto che ha confrontato la profilassi con concizumab con l’assenza di profilassi, arruolando 133 pazienti, di cui 80 con emofilia A e 53 con emofilia B, tutti con inibitori.

Lo studio prevedeva due gruppi randomizzati e due gruppi non randomizzati. I pazienti sono stati assegnati secondo un rapporto di randomizzazione 1:2 al trattamento a domanda degli episodi emorragici per almeno 24 settimane (gruppo 1) o alla profilassi con concizumab per almeno 32 settimane (gruppo 2) oppure alla profilassi con concizumab in modo non randomizzato nei gruppi 3 e 4. Nel gruppo 1, dopo 24 settimane i pazienti potevano passare al trattamento con l’anti-TFPI. I partecipanti sono stati trattati con una dose da carico di concizumab pari a 1 mg/kg il giorno 1 e poi con 0,2 mg/kg al giorno, con la possibilità di ridurre a 0,15 o aumentare a 0,25 mg/kg al giorno sulla base della concentrazione plasmatica di concizumab dopo 4 settimane di trattamento. Complessivamente 52 pazienti sono stati assegnati ai gruppi 1 e 2 (19 al gruppo 1 e 33 al gruppo 2) e i restanti 81 ai gruppi 3 e 4.

L’endpoint primario del trial era il numero di sanguinamenti traumatici e spontanei trattati nel gruppo 1 versus gruppo 2. Erano, invece, endpoint secondari i Patient-Reported Outcomes, le variazioni dei punteggi relativi al dolore e al funzionamento fisico nel Short-Form Health Survey a 36-Item, versione 2 (SF-36v2) dall’inizio del trattamento a 24 settimane, la sicurezza, la farmacocinetica e la farmacodinamica.

I risultati alla base dell’approvazione regolatoria
Lo studio ha centrato l’endpoint primario, mostrando un tasso annualizzato di sanguinamenti da trauma e spontanei trattati significativamente inferiore nel gruppo che effettuava la profilassi con concizumab. Infatti, al cut-off delle 32 settimane, l’ABR medio stimato è risultato pari a 11,8 episodi nel gruppo 1 contro solo 1,7 episodi nel gruppo 2 (rate ratio 0,14; IC al 95% 0,07-0,29; P < 0,001), una riduzione di circa sette volte per i pazienti trattati con l’anti-TFPI.

«La somministrazione quotidiana sottocute di concizumab ha permesso di ridurre in maniera molto significativa il numero degli eventi emorragici, garantendo una profilassi efficace in questa categoria di pazienti che era fino a questo momento difficilmente gestibile, in particolare per quanto riguarda gli emofilici B con inibitori, che sono pazienti rari, ma estremamente complessi da gestire, perché l’inibitore contro il fattore IX si accompagna a una serie di complicanze che impediscono anche il trattamento oggi tentato per eradicare l’inibitore, l’immunotolleranza», ha affermato ai microfoni di PharmaStar Antonio Coppola, Responsabile della Struttura semplice dipartimentale Centro hub emofilia e malattie emorragiche congenite, AOU di Parma.

«Quindi, avere a disposizione una profilassi efficace, sottocutanea, gestibile facilmente e, soprattutto, con una caratteristica particolare, cioè la breve emivita di concizumab, che lo rende anche facilmente “spiazzabile” in caso di necessità, quando magari occorre gestire situazioni intercorrenti come un’emorragia o la chirurgia, è importante», ha aggiunto l’esperto.

L’analisi presentata al congresso
Al congresso EAHAD, gli autori hanno presentato un’interessante analisi dello studio Explorer7, il cui obiettivo era valutare se concizumab sia in grado di mantenere la sua efficacia come profilassi degli eventi emorragici anche nei pazienti che presentano articolazioni target. Nei pazienti con emofilia, infatti, i sanguinamenti ricorrenti nella stessa articolazione (l’articolazione target, appunto) causano sinovite e, più in generale, un’artropatia, che riduce ulteriormente la qualità della vita. Poter disporre di un farmaco in grado di ridurre i sanguinamenti anche nei pazienti che presentano questa complicanza è estremamente importante.
Nell’analisi, sono state definite articolazioni target quelle con almeno tre sanguinamenti spontanei in una singola articolazione in un periodo di 6 mesi consecutivi e il problema si considerava risolto se nella stessa articolazione si erano verificati non più di due sanguinamenti nell’ultimo anno. I sanguinamenti sono stati valutati ai cut-off delle 32 settimane e delle 56 settimane.
A 32 settimane, nei pazienti con articolazioni target al basale l’ABR medio stimato è risultato pari a 10,6 nel gruppo 1 versus solo 1,7 nel gruppo 2, cioè quello che effettuava la profilassi con concizumab, mentre nei pazienti senza articolazioni target al basale, l’ABR medio stimato è risultato pari a 9,0 nel gruppo 1 versus solo 0,9 nel gruppo 2. Inoltre, considerando complessivamente i pazienti di tutti e quattro i gruppi trattati con l’anti-TFPI, l’ABR mediano è risultato pari a 0,9 nei pazienti con articolazioni target e 0,0 in quelli senza articolazioni target, quindi drasticamente ridotto in entrambi i sottogruppi, anche se con un beneficio maggiore della profilassi, come atteso, nel sottogruppo senza articolazioni target.
Inoltre, l’analisi ha dimostrato che il beneficio della profilassi con concizumab si mantiene anche nel lungo termine. Infatti, a 56 settimane gli autori hanno osservato il mantenimento di bassi valori di ABR e una risoluzione del problema nel 92% delle articolazioni target.

Concizumab allo studio anche per i pazienti senza inibitori
Oltre che nello studio Explorer7, focalizzato sui pazienti emofilici con inibitori, concizumab è attualmente in fase di valutazione anche nei pazienti senza inibitori e nella popolazione pediatrica.
In particolare, è già in corso lo studio registrativo di fase 3 Explorer8, volto a valutare sicurezza ed efficacia di concizumab in pazienti con emofilia A o B, senza inibitori. Inoltre, nello studio Explorer10 si stanno valutando sicurezza ed efficacia di concizumab in bambini con emofilia A o B, con e senza inibitori.

«Abbiamo avuto la fortuna di partecipare allo studio Explorer10, arruolando due bambini con emofilia B con inibitori che avevano emorragie ricorrenti, davvero molto frequenti, con un grosso impatto sulla qualità di vita loro e delle loro famiglie. I pazienti erano costretti a ricoveri continui per il trattamento, perdevano settimane intere di scuola e i genitori perdevano tanti giorni di lavoro per gestirli», ha raccontato Coppola. «Grazie alla profilassi con concizumab, il numero di emorragie si è drasticamente ridotto, in uno dei due bambini addirittura azzerato. Un grosso beneficio clinico e, soprattutto, sul piano della qualità di vita di questi pazienti. Abbiamo rivisto sorridere le loro madri», ha concluso il Professore.

Bibliografia
S. Linari, et al. Annualised Bleeding Rates in Patients with Haemophilia A or B and Inhibitors With and Without Target Joints at Baseline: Results From the Concizumab Phase 3 Study. EAHAD 2025; abstract PO083. leggi

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