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Artrosi della caviglia: con artrodesi minore ricorso alla chirurgia di revisione


Studio su pazienti affetti da artrosi avanzata della caviglia ha evidenziato che il ricorso all’artrodesi della caviglia potrebbe rappresentare un’opzione di intervento migliore

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Un ampio studio condotto nel Regno Unito su pazienti affetti da artrosi avanzata della caviglia ha evidenziato che il ricorso all’artrodesi della caviglia potrebbe rappresentare un’opzione di intervento migliore rispetto all’intervento di protesi totale.
Lo studio, pubblicato sul server di preprint medRxiv (Ndr: articoli non sottoposti a processo di peer-review prima della loro pubblicazione) suggerisce, infatti, che il ricorso alla chirurgia di revisione sembra essere minore nei pazienti sottoposti ad artrodesi di caviglia rispetto all’intervento chirurgico di confronto (più costoso).

Razionale e obiettivo dello studio
L’artrosi degenerativa della caviglia è spesso trascurata rispetto a quella dell’anca e del ginocchio, ma rimane una condizione diffusa, che colpisce circa una persona su 100 nel mondo. Nei pazienti che vivono abbastanza a lungo o in cui la malattia si manifesta precocemente, le opzioni terapeutiche mediche diventano inefficaci, rendendo necessario il ricorso alla chirurgia. Le due principali alternative chirurgiche di intervento sono rappresentate dalla fusione della caviglia (artrodesi) e dalla protesi totale della caviglia.

La scelta tra le due procedure è complessa. La fusione, che può essere eseguita con tecnica aperta o artroscopica, presenta un rischio significativo di mancato consolidamento osseo (non-union). Inoltre, alcuni studi precedenti hanno riportato tassi elevati di successiva fusione del retropiede (fino al 26% entro 9 anni). Questo ha portato a temere che la fusione possa accelerare la degenerazione delle articolazioni vicine, trasformando un paziente inizialmente con buona mobilità in un individuo con una caviglia completamente rigida.

D’altra parte, la protesi totale della caviglia è ritenuta capace di preservare la mobilità articolare, riducendo il rischio di danni alle articolazioni adiacenti. Tuttavia, diversi studi hanno dimostrato che le revisioni chirurgiche dopo una protesi sono molto frequenti: dal 25% al 30% entro 10 anni. Inoltre, prima di una revisione completa, spesso si effettuano interventi minori come l’artroscopia di pulizia o la sostituzione del cuscinetto articolare per cercare di prolungare la durata dell’impianto.

Fino a oggi, nessuno studio aveva messo a confronto su vasta scala gli outcome della fusione e della protesi della caviglia. Di qui il nuovo studio che, appoggiandosi ai dati Servizio Sanitario Nazionale del Regno Unito, ha identificato tutti i pazienti sottoposti a questi interventi dal 1998 al 2023.

Disegno dello studio e risultati principali
L’età media dei pazienti sottoposti a protesi totale era di 64 anni, mentre per la fusione era di 55 anni. Circa il 60% dei pazienti in entrambi i gruppi erano di sesso maschile. Sulla base dei dati relativi a circa 10.000 pazienti sottoposti a protesi totale della caviglia e 31.000 che erano stati sottoposti ad un intervento di fusione, è stato calcolato che il tasso di revisione chirurgica successiva è risultato significativamente più elevato nei pazienti con protesi. Dopo 5, 10 e 20 anni, il rischio relativo di dover affrontare una revisione era otto volte maggiore per chi aveva ricevuto una protesi.

Andando più nel dettaglio, i tassi di revisione dopo 10 anni erano pari al 10,9% per la protesi totale, arrivando al 13,5% dopo 20 anni; nei pazienti sottoposti ad artrodesi, invece, il tasso di revisione chirurgica era pari al 2,5% a 10 anni, per salire al 3,1% dopo 20 anni.
Ciò si traduce in un rischio relativo di 0,12 a favore della fusione in tutti i periodi considerati, con una significatività statistica molto elevata.

Anche dopo aver corretto i dati per la presenza di fattori confondenti (età, sesso, etnia, status socioeconomico e comorbilità), la protesi totale ha mostrato un rischio di revisione 3,28 volte maggiore rispetto alla fusione (IC 95%: 2,92-3,67).
Non solo: lo studio non ha confermato il timore diffuso di un aumento della necessità di successivi interventi di fusione dell’articolazione sottoastragalica in pazienti già sottoposti ad artrodesi. Il rischio stimato a 25 anni di dover ricorrere ad un intervento di fusione dell’osso del retropiede è stato pari all’8,6% per la fusione della caviglia (IC95%: 7,8-9,6) vs. 6,8% per la protesi totale (IC 95%: 5,4-8,7), una differenza che non ha raggiunto la significatività statistica.

Complicanze e aspettativa di vita
Analizzando le complicanze a breve termine, lo studio ha rilevato che la mortalità a 90 giorni era leggermente inferiore nei pazienti con protesi totale (0,23%) rispetto a quelli con fusione (0,41%), così come il rischio di embolia polmonare (0,23% vs 0,58%).
Tuttavia, la fusione si è dimostrata più sicura in termini di:
• Fratture intraoperatorie (0,10% vs 0,43%)
• Infezioni della ferita che richiedono un nuovo intervento (0,15% vs 0,26%)

Inoltre, la mortalità a lungo termine (dopo 7 anni) è risultata più elevata nei pazienti con protesi totale, con un tasso di sopravvivenza inferiore rispetto a quelli con fusione (a 20 anni, circa 48% per la fusione vs. 40% per la protesi).

Questi risultati sono risultati, in parte, migliori rispetto a quelli di precedenti registri nazionali in Norvegia e Svezia, dove i tassi di revisione erano più elevati. Tuttavia, secondo gli autori, i dati potrebbero sottostimare il reale numero di insuccesso delle protesi. Molti pazienti con impianti problematici potrebbero evitare la chirurgia di revisione, posticipandola il più possibile. Infatti, nei primi 5 anni, circa 2.400 pazienti su 10.355 hanno subito un re-intervento minore per cercare di salvare la protesi.

Limiti e implicazioni dello studio
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno ammesso alcuni limiti del lavoro, tra cui la possibile presenza di bias nella selezione dei pazienti – basata su criteri non completamente misurabili  – nonchè di errori di codifica dei dati ospedalieri. Tuttavia, nel complesso, i risultati suggeriscono che, nel lungo periodo, la fusione della caviglia offre una maggiore durata e stabilità rispetto alla protesi totale, con meno necessità di revisioni chirurgiche.

I ricercatori si sono anche interrogati sull’aspetto economico relativo alla scelta di un intervento di artrodesi rispetto ad uno di protesi totale e, quindi, sulla possibilità di giustificare il costo aggiuntivo delle protesi rispetto alla fusione, alla luce di questi dati a lungo termine.

Di qui il loro auspicio che nel prossimo futuro vengano messi a punto studi ad hoc per fornire ulteriori risposte su quale sia la scelta migliore per i pazienti e il sistema sanitario anche sotto questo aspetto.

Bibliografia
Hennessy C, et al “Long term consequences of total ankle replacement versus ankle fusion; a 25 year national population study of 41,000 patients” medRxiv 2025; DOI: 10.1101/2025.02.17.25322408.
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