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Fibromialgia: una revisione delle terapie farmacologiche


I risultati di una revisione della letteratura evidenziano il numero limitato di terapie farmacologiche efficaci per la gestione dei sintomi della fibromialgia

Fibromialgia giovanile, nuove ipotesi sull'origine del dolore

I risultati di una revisione della letteratura pubblicata su Rheumatology hanno evidenziato il numero limitato di terapie farmacologiche efficaci per la gestione dei sintomi della fibromialgia, evidenziando la necessità di approcci terapeutici personalizzati.

La fibromialgia (FMS) è caratterizzata da dolore diffuso per oltre tre mesi, con ipersensibilità in almeno 11 punti specifici, e rientra nel Dolore Cronico Diffuso (ICD-11). Colpisce il 2,7% della popolazione mondiale, con prevalenza maggiore tra le donne (3:1).
La gestione prevede un approccio graduale, con educazione e terapie non farmacologiche, sebbene le prove di efficacia siano limitate. Per le forme più gravi si raccomanda un trattamento combinato con antidepressivi (duloxetina, amitriptilina) e antiepilettici (pregabalin, gabapentin), ma solo una minoranza ottiene un miglioramento significativo.

Gli studi più recenti valutano l’efficacia considerando la riduzione del dolore di almeno il 50% in 8-12 settimane, correlata a un miglioramento della qualità della vita.
Dato il numero ridotto di opzioni terapeutiche efficaci, i ricercatori hanno valutato l’efficacia e la sicurezza di diversi interventi farmacologici negli adulti con fibromialgia.

Hanno condotto una revisione sistematica e una meta-analisi basata su precedenti revisioni del database Cochrane. Gli studi inclusi erano trial clinici randomizzati che riportavano esiti dei partecipanti, come un sollievo significativo dal dolore (≥30% o ≥50%) e i punteggi del Patient Global Impression of Change (PGIC). Gli esiti secondari riguardavano eventi avversi e miglioramenti nei sintomi di affaticamento, sonno e funzionalità.

La revisione ha incluso terapie che spaziavano dagli antidepressivi e antiepilettici fino ai cannabinoidi e ai trattamenti combinati. La qualità degli studi, il rispetto dei criteri per il dolore e il rischio di distorsioni nella pubblicazione sono stati valutati secondo le linee guida A Measurement Tool to Assess Systematic Reviews-2.
Duloxetina, pregabalin e milnacipran si sono dimostrati capaci di fornire un sollievo significativo dal dolore per almeno 12 settimane in circa 1 paziente su 10 con dolore moderato o severo associato alla fibromialgia.

L’analisi ha incluso 21 revisioni che coprivano 87 studi, per un totale di 17.631 partecipanti, perlopiù donne con un’età media compresa tra 39 e 53 anni. Tutti gli studi applicavano criteri diagnostici coerenti, tra cui le linee guida dell’American College of Rheumatology.
Duloxetina, milnacipran e pregabalin sono emersi come gli unici farmaci con prove costanti di un’efficacia moderata. Circa il 10% dei partecipanti ha riportato una riduzione di almeno il 50% dell’intensità del dolore in un periodo compreso tra 4 e 12 settimane rispetto al placebo. Tuttavia, la loro efficacia oltre i 6 mesi rimane non dimostrata.

Gli eventi avversi più comuni includevano sonnolenza e vertigini (pregabalin) e nausea (inibitori della ricaptazione della serotonina-noradrenalina), sebbene raramente fossero gravi.
Per altre terapie, le evidenze risultavano scarse o poco affidabili. Sette revisioni non hanno individuato trial per farmaci come carbamazepina e lamotrigina, mentre altri studi hanno riportato dati limitati o distorti per trattamenti come gabapentin, antipsicotici e cannabinoidi.
Mirtazapina ha mostrato prove moderate di inefficacia, mentre gli studi sugli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina sono stati segnalati per possibile distorsione nella pubblicazione.
Tra i limiti dello studio figurano la variabilità nei disegni sperimentali, l’esclusione di pazienti con comorbidità e un’attenzione insufficiente ad aspetti come affaticamento, qualità del sonno e qualità della vita.

Negli Stati Uniti, l’Fda ha approvato duloxetina (2008), milnacipran (2009) e pregabalin (2007) per la FMS, mentre l’Unione Europea non ne ha autorizzato l’uso, ritenendo che i benefici non superassero i rischi. Le revisioni Cochrane a cui fa riferimento questo lavoro erano di buona qualità, a differenza di molte revisioni sistematiche non Cochrane. Tuttavia, i trial farmacologici non includevano pazienti con malattie reumatiche infiammatorie, comuni tra chi soffre di FMS, riducendo la rappresentatività della popolazione studiata.

Il dolore era l’outcome primario analizzato, ma la FMS comprende anche affaticamento, depressione e disturbi del sonno, che compromettono la qualità della vita e la capacità lavorativa. Tuttavia, non sono state osservate riduzioni significative di questi sintomi.
Un’analisi su pregabalin ha mostrato un legame tra miglioramento del dolore e della qualità di vita, ma simili dati mancano per duloxetina e milnacipran. Nessuna prova affidabile supporta l’uso di altri farmaci come amitriptilina (a basse dosi), gabapentin, tramadolo, cannabinoidi o antipsicotici.

L’insieme delle revisioni Cochrane farmacologiche e non farmacologiche ha analizzato 268 trial con oltre 29.000 pazienti. Tuttavia, 27 revisioni non hanno fornito informazioni utili per la gestione clinica.
In sintesi, gli autori evidenziano che duloxetina, milnacipran e pregabalin possono essere provati per 4-6 settimane, interrompendo il trattamento in assenza di beneficio per ridurre l’esposizione a effetti avversi.

Andrew Moore et al.,  Effectiveness of pharmacological therapies for fibromyalgia syndrome in adults: an overview of Cochrane Reviews Rheumatology (Oxford). 2024 Dec 20:keae707.
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