L’Ungheria accoglie Netanyahu e annuncia: “Lasciamo la Corte dell’Aia”. Oggi il vertice a Budapest tra il primo ministro ungherese Viktor Orban e il premier israeliano
“L’Ungheria esce dalla Corte penale internazionale. La procedura di risoluzione inizia giovedì, in conformità con il quadro giuridico costituzionale e internazionale”. Lo ha detto all’agenzia di stampa ungherese Mti il capo dello staff del primo ministro Viktor Orban, Gergely Gulyas.
L’annuncio avviene mentre a Budapest è presente il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Il capo del governo di Tel Aviv, atterrato nella serata di ieri.
LE ACCUSE VERSO IL PREMIER ISRAELIANO
Quest’ultimo è stato raggiunto da un mandato d’arresto della Corte dell’Aia per presunti crimini di guerra e contro l’umanità commessi nella Striscia di Gaza, nell’ambito dell’operazione militare avviata da Israele dopo l’attacco subito da Hamas, il 7 ottobre 2023. Su Netanyahu pendono diverse accuse, tra cui quella di affamamento della popolazione civile e delle sofferenze derivanti dall’aver interrotto le forniture di acqua, corrente, carburante e telecomunicazioni a tutta la popolazione palestinese.
Alla notizia del mandato d’arresto, l’Ungheria ha subito espresso solidarietà a Netanyahu e ora, ospitandolo nell’ambito di incontri al vertice, rappresenta il primo Paese europeo ad infrangere la richiesta d’arresto che la Corte dell’Aia ha inoltrato ai 125 Stati che hanno aderito al Trattato di Roma.
“LA CORTE È DIVENTATA UN TRIBUNALE POLITICO, ANCHE GLI USA STANNO FUORI”
La notizia della possibile uscita dell’Ungheria dalla Corte penale dell’Aia era già trapelata ieri tramite la testata Radio Free Europe, secondo cui il ministro della Giustizia Bence Tuzson avrebbe dato la comunicazione ad alcuni diplomatici nel corso di una riunione a porte chiuse. Sempre secondo la stessa testata, il governo avrebbe già ottenuto anche il via libera del Parlamento.
Il portavoce di Orban all’agenzia ungherese Mti ha spiegato che le autorità hanno assunto questa decisione in seguito a “preoccupazioni” emerse dopo il mandato d’arresto emesso a carico del premier Netanyahu: “La Corte penale- ha detto- è stata un’iniziativa onorevole, ma negli ultimi tempi è diventata un organismo politico, e l’incriminazione del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ne è l’esempio più triste”. Gulyas quindi ha definito la Corte “un tribunale politico” e sottolineato che “Stati Uniti, Cina e Turchia non hanno mai fatto parte della Corte penale internazionale e anche il Congresso degli Stati Uniti ha deciso, con il sostegno bipartisan, di imporre sanzioni contro i giudici della Cpi. Inoltre, tra i partner europei, il futuro cancelliere tedesco e l’attuale primo ministro polacco hanno chiarito che, nonostante i loro obblighi giuridici interni derivanti dal mandato d’arresto, ignoreranno la decisione del tribunale e accoglieranno con favore il primo ministro israeliano”.
COSA FA LA CPI E PERCHÈ HA CONDANNATO ANCHE PUTIN
La Corte penale internazionale è stata istituita su mandato delle Nazioni Unite nel 1998 e ha competenza a perseguire individui accusati di crimini di guerra, contro l’umanità, di aggressione e di genocidio, ossia crimini che hanno grave rilievo per la comunità internazionale nel suo insieme. Non disponendo di un organismo di polizia, si affida agli stati membri per l’esecuzione degli arresti.
La Corte dell’Aia negli anni si è occupata, ad esempio, dei crimini commessi a partire dal 2002 contro la popolazione nell’ambito del conflitto nella Repubblica democratica del Congo, condannando tra gli altri il generale Thomas Lubanga Dyilo per il reclutamento e l’arruolamento forzato di bambini soldato. Ha inoltre spiccato un mandato d’arresto contro il presidente Vladimir Putin per crimini di guerra legati all’aggressione russa dell’Ucraina, tra cui la deportazione illegale di bambini dall’Ucraina alla Russia.
Nel procedimento che ha coinvolto Netanyahu, la Camera preliminare I della Cpi a novembre scorso ha emesso all’unanimità mandati d’arresto anche per l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, nonché il comandante delle forze di Hamas, Mohamed Deif, per crimini commessi il 7 ottobre 2023. Quest’ultimo tuttavia ha perso la vita nel conflitto.
FONTE: AGENZIA DI STAMPA DIRE (WWW.DIRE.IT)