Il deficit di fattore X: una malattia emorragica congenita sottodiagnosticata che può colpire anche le donne
Sono oltre 10 000 i pazienti colpiti da malattie emorragiche congenite in Italia. Se l’emofilia è la più comune e la più nota, altre, come il deficit del fattore X della coagulazione, sono poco conosciute e raramente diagnosticate. La carenza di fattore X può provocare tra le forme emorragiche più gravi, ad insorgenza sin dalla prima infanzia. Un trattamento specifico per questa condizione è stato recentemente reso disponibile in Italia.
A Milano un convegno ha riunito esperti italiani, farmacisti ospedalieri e associazioni di pazienti per aumentare la conoscenza della patologia, favorire la rete di ricerca tramite un registro nazionale ed individuare strategie per un accesso alle cure ottimale ed omogeneo sul territorio.
“Il fattore X è centrale nella coagulazione del sangue e la carenza di questo fattore potrebbe portare ad alcuni sintomi che è importante che siano rilevati da diversi professionisti, dal medico di medicina generale, al ginecologo (perché la donna ha manifestazioni come meno-metrorragie), al pediatra-neonatologo, all’ortopedico che vede situazioni articolari non chiare”-ha spiegato Flora Peyvandi , direttrice del Centro emofilia e trombosi Angelo Bianchi Bonomi presso la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore di Milano.
La condizione, che interessa in egual misura i maschi e le femmine, può presentarsi con diversi livelli di gravità. Le forme più severe tendono a manifestarsi subito dopo la nascita o nella prima infanzia con gravi sanguinamenti dal cordone ombelicale o l’insorgenza di emorragie cerebrali- “Questi sono pazienti che vanno assolutamente riconosciuti perchè vanno messi in profilassi” -ha detto Peyvandi. Comune è anche l’insorgenza di ematomi muscolari spontanei o emorragie all’interno delle articolazioni (emartri).
Forme meno severe potrebbero dar segno di sé in fasi successive della vita, ad esempio con sanguinamenti mestruali eccessivamente abbondanti che possono dar luogo ad anemizzazione. I pazienti affetti presentano spesso anche epistassi o altre emorragie muco-cutanee. È importante porre attenzione perché anche le persone con forme meno gravi possono andare incontro a pericolose emorragie in caso di parto, traumi, traumi o interventi chirurgici, facilmente prevenibili con le terapie oggi disponibili.
“Le manifestazioni emorragiche femminili spesso sono trascurate” – ha spiegato Antonio Coppola del centro Emofilia e malattie emorragiche congenite dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma- “viene considerato in qualche modo normale che la donna debba sanguinare tanto con il ciclo mestruale o la donna stessa spesso non si rende conto che quello che ritiene normale in realtà non lo è” -ha chiarito Coppola. Della stessa opinione Cristina Cassone, presidente della Federazione delle Associazioni Emofilici (FedEmo). “Abbiamo notato che nelle donne molto spesso viene sottovalutato il problema emorragico” -ha detto Cassone- “e stiamo attivando anche con il Ministero della Salute una campagna di formazione ed informazione su questo tema, che sta diventando di grandi dimensioni”.
Il registro nazionale ed il sito web dedicato ai professionisti
Gli esperti ritengono che solo una minoranza dei pazienti interessati dal deficit fi fattore X venga attualmente riconosciuto e diagnosticato. Inoltre, la carenza di dati a disposizione non consente di conoscere con certezza la reale prevalenza nella popolazione e la migliore gestione diagnostica e terapeutica.
Per contribuire a chiarire queste incertezze, Peyvandi e colleghi hanno costituito un registro nazionale con l’obiettivo di raccogliere il maggior numero di informazioni disponibili sulla patologia e sul suo andamento clinico. Per favorire la collaborazione tra tutti i professionisti coinvolti, lo scambio di conoscenze scientifiche e l’adesione allo studio di registro è stato reso disponibile un sito web dedicato sul quale saranno anche consultabili i materiali e le presentazioni del convegno.
Come individuare un deficit di fattore X
Poiché il difetto interessa un fattore della via comune della coagulazione, i test coagulativi di base PT (tempo di protrombina) e aPTT (tempo di tromboplastina parziale attivata) sono generalmente entrambi alterati. Quando vi sia il sospetto va eseguito il dosaggio del fattore X.
I primi due test (PT e aPTT) possono generalmente eseguiti in tutti i laboratori; in molte strutture è possibile anche eseguire il dosaggio del fattore X ma, “sarebbe sempre bene, di fronte ad un PT e un aPTT allungato, rivolgersi ad un centro specialistico dove si può fare una più corretta diagnosi in caso di alterazione”- ha spiegato Ezio Zanon della Clinica medica ad indirizzo trombotico-emorragico dell’Università di Padova- “una volta che si risulti avere un difetto di fattore X un centro specialistico può continuare l’approfondimento dosando l’antigene del fattore X e facendo un test genetico oppure, se ha una forma acquisita, cercare quali sono le altre cause che possono aver determinato la riduzione del fattore X”-ha concluso Zanon.
Infatti, un deficit del fattore X può avere anche non essere congenito ma venire acquisito in una qualsiasi fase della vita come conseguenza di alcune terapie (farmaci anticoagulanti) o di alcune patologie come l’amiloidosi o il mieloma multiplo.
Ma quanti sono e dove sono i centri esperti in malattie emorragiche a cui potersi rivolgere? “In Italia attualmente ci sono 53 centri che seguono le malattie emorragiche congenite e quindi c’è un quadro abbastanza uniforme su tutto il territorio nazionale” – ha spiegato Rita Carlotta Santoro del dipartimento di Emato-oncologia dell’Università di Catanzaro e presidente dell’Associazione Italiana Centri Emofilia (AICE).
Come si cura il deficit di fattore X
Dal 2023 è disponibile in Italia un farmaco specifico (concentrato di fattore X) che può essere utilizzato sia per la profilassi che per la terapia. Quando non è disponibile un prodotto con lo specifico fattore della coagulazione è possibile utilizzare il complesso protrombinico (che è una miscela di fattori della coagulazione, tra cui anche il fattore X) oppure il plasma. Tuttavia, queste ultime due terapie “non sono completamente idonee e si possono associare a delle complicanze” -ha spiegato Zanon- “mentre l’unica vera terapia, mancando il fattore X è dare proprio la terapia sostitutiva con concentrato di fattore X”
La difficoltà dell’accesso alle terapie nelle diverse regioni italiane
La disponibilità della terapia specifica per il trattamento della patologia (concentrato purificato del fattore X), che può essere erogata solo a livello ospedaliero, è limitata dalla sua attuale assegnazione alla fascia di rimborsabilità C (non rimborsabile). Una situazione in evoluzione che tuttavia richiede soluzioni immediate per un accesso equo alle cure, come evidenziato da una tavola rotonda che ha coinvolto farmacisti ospedalieri, specialisti ematologi e associazione dei pazienti (FedEmo).
In alcuni casi anche un farmaco in classe C può essere erogato a livello ospedaliero, ma la regionalizzazione che caratterizza il nostro Servizio Sanitario Nazionale delega, di fatto, alle singole realtà regionali o addirittura ospedaliere, il compito individuare le modalità, includendolo nei capitoli di spesa. Dal confronto è emerso che i farmacisti ospedalieri auspicano una “promozione” della terapia specifica per il trattamento del deficit di FX alla fascia A o H (ospedaliero), da parte di AIFA, al fine di consentire una regolare rimborsabilità.
“Le malattie molto rare come questa che non hanno molte offerte terapeutiche, dovrebbero avere dei farmaci di prima linea che dovrebbero essere garantiti in quanto si tratta di farmaci orfani” -ha detto Cassone, presidente FedEmo, che ha evidenziato la necessità di creare PDTA ( (Percorso Diagnostici Terapeutici Assistenziali n.d.r), adeguati ad affrontare tutte le problematiche del paziente e sottolineato l’importanza della partecipazione dei farmacisti, oltre che dei clinici, al confronto per ottenere un accesso omogeneo alle cure su tutto il territorio nazionale.
Della stessa opinione Fiorenzo Santoleri, segretario regionale SIFO (Società Italiana dei Farmacisti Ospedalieri) Abruzzo e Molise e farmacista ospedaliero della ASL di Chieti che ha sottolineato come “per le terapie ormai consolidate (come quelle per l’emofilia) la disponibilità di fattori è omogenea su tutto il territorio nazionale, il problema è l’accessibilità alle nuove terapie”-ha spiegato Santoleri- “ questo è un aspetto che si può risolvere solo grazie alla collaborazione tra tutti gli attori che intervengono sul paziente in relazione alla patologia: il clinico , il farmacista ed i pazienti, proprio per cercare di descrivere i percorsi e i fabbisogni.”
Il convegno FixtheX è stato realizzato grazie al contributo non condizionante di Kedrion.