Per i pazienti affetti da diabete tipo 2, con tirzepatide nuova possibilità di cura: il farmaco agisce su glicemia e peso corporeo
La malattia diabetica è comune, cronica, sistemica, complessa, eterogenea nelle sue manifestazioni, estremamente dispendiosa per i sistemi sanitari e le famiglie, consumante per chi cura e chi è curato. Più del 90% dei casi di diabete diagnosticati sono rappresentati dalla forma di tipo 2, in aumento in tutto il mondo, Italia inclusa. La sua gestione è difficile. Permangono tanti bisogni ancora non soddisfatti dei pazienti: le criticità organizzative e strutturali del percorso di cura e le barriere multifattoriali ritardano la diagnosi e l’accesso tempestivo a opzioni terapeutiche innovative. Solo 1 persona su 2 con diabete di tipo 2 raggiunge il target prefissato di 6,5-7% dell’emoglobina glicata (HbA1c), parametro di riferimento che indica se il diabete nel tempo è ben compensato.
Una risposta concreta alle esigenze dei pazienti e degli specialisti arriva dall’innovazione terapeutica: Aifa ha approvato la rimborsabilità di tirzepatide di Lilly, il primo e, fino ad oggi, unico farmaco di una nuova classe terapeutica agonista recettoriale di GIP e GLP-1; il farmaco, inserito in Nota 100, può essere prescritto dagli specialisti e dai medici di medicina generale. Un passo avanti nella terapia del diabete di tipo 2, con un miglioramento del profilo di cura, personalizzazione della terapia e minor ricorso a terapie più complesse e Pronto soccorso.
Il diabete “dilaga” ovunque, in particolare il tipo 2 che in Italia negli ultimi trent’anni è più che raddoppiato e oggi si assesta mediamente attorno al 7% della popolazione generale, con picchi sopra l’8% in Calabria e Campania. I dati rilevati dalle principali Società scientifiche e monitorati da ISS e programma ARNO, registrano 4 milioni almeno di italiani con diabete diagnosticato, oltre il 90% con diabete di tipo 2, mentre almeno un altro milione vive con la patologia, ma non ne è conoscenza per mancata diagnosi. Le prospettive non sono migliori: la prevalenza nel 2040 subirà un aumento al 9-10%, i numeri saliranno a più di 7 milioni fra 15 anni.
«I dati degli Annali di AMD rilevano che solo il 56% delle persone con diabete di tipo 2 raggiunge un valore di emoglobina glicata sotto il 7%, che è il primo grande obiettivo target nel controllo glicemico – dichiara Riccardo Candido, Presidente AMD – Associazione Medici Diabetologi – I motivi sono molteplici: diagnosi tardiva e inizio del trattamento non tempestivo; inerzia terapeutica da parte dei professionisti che non intervengono in maniera precoce e incisiva nelle modifiche delle terapie qualora il diabete non sia sufficientemente controllato; difficoltà da parte dei pazienti a mantenere adeguati stili di vita in termini alimentazione e attività fisica; utilizzo di terapie fino a qualche tempo fa non del tutto efficaci e gravate dal rischio di ipoglicemia; ridotta aderenza dei pazienti alle terapie; difficoltà a livello regionale di mettere a disposizione rapidamente le innovazioni terapeutiche che oggi sono più efficaci, come tirzepatide; da ultimo, la disequità di accesso alle nuove opportunità terapeutiche e tecnologiche».
La gestione del diabete di tipo 2 è difficile e costosa: l’assistenza sanitaria diabetologica deve subire un’evoluzione. È noto che la malattia diabetica riduce l’aspettativa di vita, a causa delle complicanze soprattutto croniche che si sviluppano negli anni quando manca un adeguato e continuo controllo glicemico.
«Le principali conseguenze del diabete di tipo 2 sono quelle croniche, dovute al prolungato mantenimento negli anni di elevati valori della glicemia e della tossicità legata agli zuccheri nel sangue – spiega Gianluca Aimaretti, Presidente SIE – Società Italiana di Endocrinologia, Professore Ordinario di Endocrinologia Università del Piemonte Orientale e Direttore Dipartimento di Medicina Traslazionale – Le principali riguardano il rene, l’occhio, il sistema nervoso centrale e periferico, micro- e macro-circolo, con danni importanti che nel tempo aumentano il rischio di infarto, ictus, e problemi anche a livello epatico, della sfera genitale e del cavo orale. È necessario diagnosticare il più precocemente possibile la malattia diabetica per intervenire con adeguati trattamenti, solo così è possibile rallentare o in qualche caso prevenire le complicanze che talvolta insorgono quando ancora il paziente non sa di essere diabetico e non ha disturbi. Inoltre, gli studi dimostrano che le complicanze possono portare negli anni a gravi disabilità e ridurre l’aspettativa di vita in media di 6-7 anni».
Nonostante un approccio terapeutico integrato con dieta, attività fisica e farmaci, quasi 1 paziente su 2 non raggiunge tutti e tre gli obiettivi attualmente raccomandati dalle più recenti linee guida internazionali, ovvero controllo della glicemia, della pressione arteriosa e del colesterolo. Inoltre, l’85% dei diabetici di tipo 2 è sovrappeso od obeso, e non riesce a ridurre il peso corporeo, nonostante gli sforzi. A questi bisogni clinici non soddisfatti fino ad oggi, risponde l’innovazione di Lilly con tirzepatide: un robusto corpus di 5 studi registrativi globali del programma SURPASS ha dimostrato significativi risultati nel controllo glicemico dei pazienti, con una riduzione dell’emoglobina glicata e del peso corporeo grazie alla doppia inibizione di GIP e GLP-1; inoltre, tirzepatide ha dimostrato la sua efficacia, rispetto ai farmaci in uso, sul controllo della pressione arteriosa e del colesterolo agendo anche sulla prevenzione del danno cardiovascolare e renale. Il farmaco non è gravato dal rischio ipoglicemia e il profilo di sicurezza e tollerabilità sono risultati favorevoli.
Tirzepatide, indicato per i pazienti adulti con diabete di tipo 2 non ben controllato dalla dieta e dai farmaci già in uso, sia in monoterapia con metformina che in aggiunta a altri farmaci, è contenuto in una penna preriempita facile da usare, somministrato una volta a settimana, migliorando così l’aderenza terapeutica. Il miglioramento del controllo glicemico e metabolico si associa quindi ad una marcata riduzione delle complicanze e ad un risparmio dei costi.
«Investire in salute facilitando l’accesso all’innovazione è cruciale per le persone con diabete di tipo 2 – dichiara Raffaella Buzzetti, Presidente SID – Società Italiana di Diabetologia – L’accesso a terapie innovative può migliorare significativamente gli esiti clinici e la qualità della vita; inoltre, può ridurre il carico clinico e sociale: il diabete di tipo 2 è una malattia cronica con un impatto significativo sulla qualità della vita e sulla società. L’accesso a terapie innovative permette un miglior controllo della glicemia, riducendo il rischio di complicanze come malattie cardiovascolari, insufficienza renale e neuropatie e ciò si traduce in minori ospedalizzazioni e in un miglioramento della qualità di vita. L’innovazione può condurre a migliorare l’aderenza terapeutica: le nuove terapie offrono benefici in termini di tollerabilità ed efficacia, hanno minori effetti collaterali e modalità di somministrazioni più semplici con migliori risultati clinici che motivano a seguire il trattamento con maggiore costanza».
Non esiste alcuna altra patologia cronica in cui il ruolo del paziente sia così importante e a volte decisivo sul conseguimento di un controllo della patologia, come nel caso delle persone con diabete e del raggiungimento del controllo glicemico e metabolico. Ma i pazienti devono essere motivati e hanno bisogno di risposte alle loro esigenze: sotto questo aspetto il ruolo delle Associazioni, attraverso la crescita culturale, la rappresentatività e la partecipazione attiva ad ogni livello, diventa sempre più fondamentale grazie alla formazione e alla qualificazione dei suoi rappresentanti.
«Nel diabete di tipo 2, contrariamente a quanto avviene nel tipo 1, esiste ancora poca consapevolezza della malattia tra gli stessi pazienti, le diagnosi sono tardive e quando si scopre di essere diabetici si tende a minimizzare il problema – sottolinea Stefano Nervo, Presidente Diabete Italia Rete Associativa ODV – Sarebbe opportuno aumentare la consapevolezza affinché il paziente prenda in carico sé stesso, pretenda di ricevere la miglior cura possibile e sia responsabile in prima persona della sua condizione e di ciò che comporta nella gestione quotidiana convivere con il diabete. Avere a disposizione nuove opportunità terapeutiche significa essere curati in maniera più efficace, significa prevenire le complicanze e ridurre il carico terapeutico per il paziente e il caregiver. Anche i device e la modalità di somministrazione delle terapie sono importanti e possono fare la differenza nel buon successo di una terapia, come nel caso di somministrazione settimanale che ha un impatto molto più positivo rispetto a quella giornaliera».
Il diabete di tipo 2 è presente quasi in ogni famiglia italiana e quando è trattato in modo inadeguato può diventare una malattia grave. La sua gestione ha un obiettivo principale: ridurre il rischio di complicanze acute e croniche ad essa correlate. Un trattamento efficace richiede una gestione che vada oltre la semplice gestione farmacologica, con un approccio multidisciplinare e multiprofessionale inserito all’interno di un modello di cura basato su interazioni e sinergia tra team specialistico e medici di famiglia.
«L’orientamento attuale nella cura e assistenza del paziente con diabete – precisa Andrea Frasoldati, Presidente AME – Associazione Medici Endocrinologi e Direttore Struttura Complessa di Endocrinologia dell’Arcispedale Santa Maria Nuova IRCCS, ASL di Reggio Emilia – è la gestione integrata, in cui è strategico il lavoro in team multidisciplinare, costituito da endocrinologi e diabetologi, ma anche da molte altre figure professionali quali il medico di medicina generale, figura professionale fondamentale perché conosce meglio il paziente e la realtà famigliare e sociale in cui vive e lavora. Il diabetologo e l’endocrinologo sono le due figure di riferimento cui fanno da corollario indispensabile il dietista, il nefrologo, il cardiologo, l’oculista, il neurologo, il chirurgo vascolare, l’ortopedico, lo psicologo fino all’infermiere dedicato. La presenza di questi specialisti è decisiva nell’assicurare al paziente e alla malattia un management adeguato con le migliori terapie, una diagnosi precoce e un trattamento ottimale in grado di prevenire o rallentare la progressione delle complicanze. Ma una gestione integrata prevede un sistema organizzato per rispondere ai bisogni dei pazienti e la mancanza di uno scambio tra le diverse figure specialistiche può rendere difficile al paziente l’accesso e l’aderenza alle cure».
Numerose e multifattoriali sono le barriere che possono ostacolare l’ottimale gestione integrata del diabete e l’applicazione delle raccomandazioni delle società scientifiche nella pratica clinica: ostacoli organizzativi, strutturali, burocratici, finanziari, ritardo nell’accesso, inerzia terapeutica, scarsa conoscenza delle risorse; ma anche barriere individuali e ambientali. È necessario che le politiche adottino misure atte a garantire un accesso continuo e a prezzi accessibili ai farmaci, ai dispositivi e alle tecnologie, riorganizzare il sistema sanitario per consentire una migliore integrazione dei vari livelli di assistenza, garantendo sempre la centralità del paziente.
Il ruolo del medico di medicina generale, in questo complesso scenario, diventa cruciale.
«Nell’interesse del paziente, l’approccio alla malattia diabetica deve essere il più olistico possibile, e solo il medico di medicina generale può realizzare a pieno questo approccio – spiega Walter Marrocco, Responsabile Scientifico FIMMG – Federazione Italiana Medici di Medicina Generale – Inoltre, il diabete, come patologia cronica, richiede una sorveglianza che perduri nel tempo, e questo solo il medico di medicina generale può garantirlo. Il diabete rappresenta una crescente emergenza sanitaria in Italia, con una prevalenza in aumento e un impatto significativo sulla salute pubblica: è quindi fondamentale promuovere strategie efficaci di prevenzione, diagnosi precoce e gestione della malattia per ridurre le complicanze e migliorare la qualità della vita delle persone affette. In tale contesto e con questi obiettivi la medicina generale diventa essenziale per poterla affrontare e gestire compiutamente».
È diffusa nell’opinione pubblica italiana una scarsa consapevolezza e conoscenza dei numerosi fattori (tra cui urbanizzazione, stress psico-fisico, larga diffusione e disponibilità di cibi ad elevato tenore calorico, fino alla probabile presenza negli alimenti di sostanze con azioni negative sui meccanismi di controllo della glicemia), che rappresentano un rischio, talvolta alto, per lo sviluppo della malattia diabetica: ad esempio, il 60% degli italiani ignora la stretta relazione tra il diabete di tipo 2 e l’obesità.
«Non bisogna più sottovalutare la malattia diabetica come è stato fatto fino ad oggi, i numeri ci dicono che la strategia comunicativa adottata in questi anni, che era ed è ancora orientata a non drammatizzare la patologia, è stata ed è decisamente insufficiente, se non addirittura inadeguata – sottolinea Manuela Bertaggia, Vice Presidente FAND – Associazione Italiana Diabetici ODV – Una comunicazione poco incisiva rispetto ad una malattia che richiede cure e assistenza per tutta la vita, non riesce a coinvolgere i pazienti e a creare consapevolezza. Il fatto che lo stesso diabetologo tenda a non parlare di fattori di rischio non ha aiutato a responsabilizzare le persone con diabete di tipo 2 che, invece, vanno educate su quelli che possono essere i pericoli derivati da certe cattive abitudini e comportamenti errati. Necessaria la prevenzione primaria, attivando campagne di sensibilizzazione che raggiungano la popolazione generale, i pazienti diagnosticati e le persone che magari convivono con la malattia ma non ne sono a conoscenza, e bisogna andare nelle scuole. Attraverso i bambini e gli adolescenti si agganciano genitori e nonni».
Lilly è impegnata nell’area metabolica da oltre 100 anni, a partire dalla prima insulina commerciale al mondo. Oggi amplia la sua innovazione con una molecola, tirzepatide, che potrebbe rivoluzionare la gestione del diabete di tipo 2. L’Azienda lavora a stretto contatto con decisori pubblici e comunità scientifica per rendere disponibile l’innovazione terapeutica alle persone con diabete.
«Lilly è da sempre protagonista nella lotta al diabete, una delle principali sfide di salute pubblica, grazie a un impegno costante nella ricerca e nello sviluppo di terapie innovative – commenta Federico Villa, Associate Vice President Corporate Affairs & Patient Access Lilly Italy Hub – Oggi, questo impegno si rinnova con tirzepatide, una terapia innovativa per il diabete di tipo 2, frutto di decenni di ricerca metabolica. Tirzepatide non solo migliora il controllo glicemico e riduce i fattori di rischio cardiovascolare ma supporta anche la perdita di peso, un fattore chiave nella gestione della malattia, rispondendo a un bisogno clinico ancora insoddisfatto. Come azienda ci siamo impegnati molto per far sì che tirzepatide potesse essere disponibile per tutti i pazienti che ne avessero bisogno in ogni regione, andando anche a rispondere al problema delle carenze che ha caratterizzato questa classe di farmaci negli ultimi anni».